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La grande fuga Così evasero brigatisti e boss

Creato il 19 marzo 2011 da Yourpluscommunication


«Sono passati tanti anni e non ho più voglia di parlarne»: così Alfeo Zanetti, attraverso il fratello, declina l’invito a parlare di cosa accadde davvero a Milano, quel 3 novembre 1977 che cambiò per sempre la vita della famiglia Saporito. La rapina alle poste di via Castel Morrone fu un episodio di criminalità comune o una operazione di «autofinanziamento» per un’organizzazione terrorista? La risposta sta nelle carte che, su richiesta dei Saporito, la Procura milanese ha raccolto: quell’assalto fu opera di due militanti dei Nap, i Nuclei armati proletari, banda fiorita nel terreno di confine tra terrorismo e malavita comune.

La grande fuga Così evasero brigatisti e boss
Tentata evasione dal carcere di San Vittore il 28 aprile 1980 (fonte foto L’Unità e Ansa)

Di quel contagio, scaturito nel chiuso delle carceri speciali, l’episodio più clamoroso fu indubbiamente l’evasione di massa da San Vittore, il 28 aprile 1980. La fuga era stata organizzata meticolosamente, e vide tra i partecipanti i nomi più importanti sia del terrorismo rosso che della criminalità organizzata: dal portone principale, dopo avere immobilizzato le guardie, se ne andarono Renato Vallanzasca, il boss della Comasina e il suo «vice» Antonio Colia; il capo di Prima Linea Corrado Alunni, il leader dei Nap Emanuele Attimonelli, e altri dodici detenuti. La maggior parte non andò lontano: Alunni venne ferito e catturato a pochi passi da San Vittore, Vallanzasca idem. Solo cinque dei fuggiaschi riuscirono a fare perdere le loro tracce: uno era Alfeo Zanetti, il rapinatore-nappista che tre anni prima aveva causato la morte di Giuseppe Saporito.


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