Eccoci qua. Le pupe son crollate.
Il pomeriggio al mare, pizza gelato, poi di corsa in città, stasera c'è la Luminara.
Malgrado lo sforzo immane siamo riuscirti a vedere solo i fuochi di mezzanotte, di sguincio, ché sul Lungarno c'era tanto di gente da svenire prima ancora di provare a penetrare la cortina umana a suon di ruote di passeggino sugli stinchi.
- Certo che portare bambini così piccoli in mezzo a una tale confusione ci vuole un bel coraggio...
Faccio finta di non sentire e tiro dritto.
Mimi crolla sulla via del ritorno, piangendo stanca per il mancato palloncino.
La piccola è crollata già dal mare.
La guardo dormire, le palpebre sottili che sembrano quasi trasparenti, i lineamenti perfetti.
Se sapesse, la signora che ha parlato, quello che mi porto dentro, oggi.
Potrebbe essere tutto come ieri ma non lo è.
In casa entriamo e si soffoca.
Apro le finestre: entrano rumore di traffico, sirene d'ambulanze e profumo di gelsomini.
Zanzare a go go.
Crollato anche il padre.
Tanto vale buttare giù un po' d'inquietudine.
In quel momento sembra che tutto di botto si fermi.
Invece no: sei tu che sei ferma, immobilizzata, paralizzata dal terrore.
Stringi lei al petto e dondoli frenetica, ma non ti esce una parola dalla gola, forse tremi, hai gli occhi sbarrati, senti il cuore che ti batte forte.
Lei piange, di un pianto che ti trapassa l'anima più e più volte, e vorresti piuttosto morire te che sentirlo.
E' un momento lunghissimo che tu continui a stare immobile, come chi stia tentando invano di fare un passo indietro. Come se il tempo si potesse riavvolgere e non si può.
Come se facciamo finta che non è successo niente. Una distrazione. Una stupida distrazione.
Ho sbagliato: la rifacciamo questa scena? Io non mi muovo finché non si torna indietro.
Ma invece nessuno ascolta.
Ho sbagliato ho sbagliato: vi prego un'altra chance!
Invece no.
Come vorresti non esser stata tanto superficiale e stupidamente distratta.
Ma è successo, e tu sei lì, nel momento del dopo, dell'immediato dopo, che non riesci a capire quanto sia durato, trapassata dal suo pianto, la gola serrata, bianca come un cencio.
E'stata colpa mia, cazzo, e ora?
E tuo malgrado continui a risentire quel tonfo, che già da solo basterebbe a farti perdere qualche anno di vita. A rivederla a terra, come un pupazzo rotto.
Sei in un istante cosciente di un sacco di cose, e maledici la tua trascorsa incoscienza, la tua idiota incoscienza.
E riconsideri in un lampo tutto il tempo, pochissimo, che avete avuto insieme finora, e come ti potresti essere giocata per sempre, una volta per tutte, tutto quello restante, da qui in poi, per un attimo di incoscienza, perché ti sei voltata a sciacquare l'asciugamano nel lavandino.
Ma era solo cacca, perdio! era solo un po' di cacca, non potevo aspettare?
Oh, vita mia, dimmi che va tutto bene, ti supplico, non piangere più, dimmi che funzioni ancora tutta come prima, dimmi che sono ancora in tempo per imparare dai miei errori.
La guardo e ha i lacrimoni agli occhi. Ha smesso di piangere perché è brava, e non piange mai a lungo, ma Cristo ne avrebbe il diritto! La guardo tonda tonda, che sembrerebbe di gommapiuma, ma sai che non lo è, che sotto tutta quella ciccia ci sono pure delle ossa ancora non del tutto formate. Che quella cresta di capelli non basta ad attutire il colpo, ché se li tocchi sono fini fini come piume di un pulcino, e lei è fragile e indifesa proprio come un pulcino.
Lei si è ripresa, pare.
Io no.
Non è che mando avanti la solita menata dei sensi di colpa materni per sentirmi dire che sono una bravissima mamma anche se un po' rincoglionita.
E' che quando di colpo, in una stupida mattina, in uno stupido minuto insignificante, ti rendi conto che potresti aver perso tutto, ed essere per sempre infelice, la paura non te la levi di dosso tanto facilmente.
E si dice che la prospettiva di perdere chi ami debba renderti più consapevole della tua fortuna e della tua felicità.
Io invece me lo sento sul collo come una minaccia perenne: attenta che la tua attuale felicità è fragile e precaria, e in un soffio la perdi.
Come un palloncino che vola via.
Perché la felicità comporta una grande responsabilità. Non sia data a chi è distratto, o incosciente, o superficiale.
Questa paura oggi mi si è attaccata addosso, e ancora tremo dentro, malgrado l'aria di mare e il sole, e lei che poi ancora mi sorrideva, ma non ha più voluto esser lasciata sola.
Chissà cosa si prova a precipitare nel vuoto a due mesi e mezzo.
Diciamo che ho avuto culo.
Ma tremo per i tanti altrimenti ben meno indolori.