La grande scommessa è un film per spettatori masochisti. O desiderosi di sapere e capire, dipende dai punti di vista. Certo è che si esce di sala col mal di testa, frastornati, coscienti di (non) aver capito quello che speravamo di capire. Ed è qui che il film diretto da Adam McKay riesce nel suo intento: metterci davanti all’evidenza, alla verità, sputarcela in faccia, consegnarcela, ma allo stesso tempo non renderla del tutto accessibile. La grande scommessa riesce nel lasciarci in mezzo a quel limbo in cui per anni ci hanno abbandonato le banche, facendoci credere che andava tutto bene quando invece stavamo imbarcando acqua.
La grande scommessa riesce pienamente nei suoi intenti anche grazie ad una regia che vuole infastidirci, farci soffrire, metterci alla prova con movimenti di macchina instabili, vorticosi, oscillanti, e zoom-contro-zoom improvvisi che sfocano soggetti e dettagli. Adam McKay non ci sconta nulla, ci frusta e ci sembra di non sentire dolore. Ma la verità, si sa, fa male. E La grande scommessa, proprio perché vero più del vero, ci fa ancora più male.
Due ore fitte fitte di stretto “dialetto” finanziario, nomi in codice e gergo tecnico che il comune spettatore non afferra. E sono espressioni che saturano quasi ogni singola battuta. Il mondo, quello che vediamo ogni santa mattina, rimane fuori. La grande scommessa ci porta di là dal tavolo, quello delle trattative e delle frodi, dei codicilli e delle fregature, ma senza rinunciare a quel linguaggio che per anni tra triple A e CDO ci ha messo al muro e col culo per terra.
La grande scommessa raggiunge il suo spietato jackpot ponendoci di fronte ad uno specchio, che riflette noi, la nostra miseria, la nostra rovina dovuta alla crisi economica mondiale, ma anche la feroce astuzia di chi ante tempore aveva capito tutto e cavalcato l’onda per guadagnarci l’indicibile e l’impensabile.
Si può scommettere sulla fine del mondo, sulla crisi e il collasso del sistema, sulla morte dell’altro? Insomma, si può davvero sputare nel piatto in cui si mangia pensando di migliorare il pasto? La grande scommessa ci spalanca gli occhi di fronte ad un mors tua vita mea dei più amari e desolanti, e questo perché, di diritto o di rovescio, riguarda e ha riguardato tutti noi, uno per uno.
Con una complessità che ricorda Inside Job (2010) di Charles Ferguson, documentario premio Oscar che non a caso trattava lo stesso argomento, La grande scommessa è un film non per tutti ma che tutti dovrebbero vedere. Se non per capire, quantomeno provarci, e atterrirsi, indignarsi, prima di andare a letto. Sotto al cui materasso, come facevano i nostri nonni, almeno i soldi possono dormire sonni tranquilli.
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