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La Grande Tournee Sudamericana del Circo Paradiso

Creato il 10 aprile 2011 da Faustotazzi
La Grande Tournee Sudamericana del Circo Paradiso
Eravamo in due ma con tante di quelle idee in testa da bastare per venti o per duecento. Forse fu per quello che decise di raggiungerci a Santiago il Circo Paradiso, sulla strada della sua prima Grande Tournèe Sudamericana.
Avevano tenuto una Grande Assemblea Generale dove ciascuno aveva presentato la sua proposta, le avevano messe democraticamente ai voti per alzata di mano (o di zampa: nel Circo Paradiso anche gli animali avevano diritto di voto) e avevano deciso di lanciarsi in una grande tournèe agli antipodi; un po' come facevano i cantanti di quando eravamo bambini, che sparivano e su Sorrisi e Canzoni si leggeva che stavano in concerti tutti esauriti da qualche parte tra le Americhe e l'Australia. Erano le grandi tournee sudamericane di Albano, Peppino di Capri, di Nicola di Bari o Peppino Gagliardi, quelle che solo molti anni dopo - ascoltando Vagabondo dagli altoparlanti comunali di Chiloè o Che Sarà cantata da Jesus nella valle di Vinales - ci saremmo resi conto che era tutto vero.
E fu così che arrivarono a Santiago, e c'erano proprio tutti: il Direttore, Mangiafuoco, Sonniboi, l'Uomo della Giostra, il Fenomeno da Baraccone. L'Ammaestratore di Elefanti, il Pagliaccio Dalla Bocca Larga, il negro Bulabula, l'Orangutan, Toni e l'Augusto, Ciapessone, l'Orco Cattivo, la Donna Barbuta. I camerieri italiani, l'Uomo col Cammello, la Donna Cannone, i Gemelli Houdini, Skizzo, il Gran Tenore. Il Mago con la sua assistente, l'Uomo Proiettile, Buffalo Bill, la trapezista, Culobasso, il maestro Canello con tutta la sua orchestra. La contorsionista del Conte Mascetti, il mimo, i giocolieri, gli acrobati, l'Uomo Calamita e infine il Bravo Presentatore. E con loro quella volta c'eravamo anche noi.
Santiago era una metropoli bruttina e stagionata che riposava dentro una conca di merda con le Ande che incombevano e il Rio Mapocho che la tagliava per il lungo. D’inverno era fredda, nebbiosa e nuvolosa. D'estate era presa nella morsa dall'afa. Aspettammo gli altri all'Hotel City - meglio sarebbe dire Gotham City: un covo di gangstgers degli anni trenta che nei caloriferi portava ancora l’acqua originale. Quando li accendevi dalle valvole usciva per dieci minuti aria pesante, rafferma e puzzolente poi sbuffavano come treni a vapore e infine partivano. Per qualsiasi altro motivo l'avremmo sconsigliato ma era l’unica pensione di Santiago con riscaldamento e il mimo e la trapezista andavano sempre in giro con quei costumini leggeri...
La lluvia - la pioggia - ci accompagnò ininterrottamente per tutto il viaggio. Piovve talmente tanto che al cammello si ritirò il pelo quando si infradiciò tutto per andare al Museo delle Civiltà Precolombine dall'altro lato della strada. Culobasso si interessò approfonditamente a una statuetta raffigurante un santone che faceva la cacca dopo essersi riempito di cocaina.
Buffalo Bill non conosceva lo spagnolo - il castigliano per la precisione, ma lui abituato alle grandi praterie dell'America non si curava di questi dettagli - e cercava cialtronescamente di arrangiarsi con un po’ di frasi lette su Tex Willer, l'Abelardo Norchis di Teo Teocoli, sostanziosi ricorsi a un finto dialetto veneto e tanta faccia a chiulo. Ora però aveva deciso seriamente di impararlo, perchè conoscere una lingua significa penetrare una civiltà e poterla amare. E fu in Cile che William Frederick Cody imparò l'amore.
Decise di cominciare dalle parole facili quindi iniziò da Chile, che significa Cile. Come gli avrebbe spiegato più avanti il buon don Ramon Molina di Caulìn, chile non c’entra niente con il peperoncino piccante, era bensì il nome di un fiore che cresceva sulla cordigliera delle Ande. Quando gli Spagnoli arrivarono in Sudamerica, gli Inca chiamavano così tutta la zona a sud dell’Aconcagua e questo per estensione diventò il nome dello stato. Pablo Neruda gli dedicò versi tanto meravigliosi che quando Alessandra li recitò, l'orangutan e la Donna Barbuta si sciolsero in lacrime e Mangiafuoco disse che lo avrebbe voluto lui uno che scrivesse così del suo paese.
Oh Chile, largo pétalo de mar y vino y nieve, ay cuándoay cuándo y cuándo ay cuándome encontraré contigo, enrollarás tu cinta de espuma blanca y negra en mi cintura, desencadenaré mi poesía sobre tu territorio.
(Santiago del Cile, Agosto 2004)

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