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La Grecia, Grillo e le tavole fasulle di Mosè Monti

Creato il 13 febbraio 2013 da Albertocapece

agenda-monti-mose-mario-montiDove finisce la consapevole bugia e comincia l’autoinganno? I confini sono confusi e tutt’altro che sottili: c’è tutta un’ ampia  terra di nessuno dove ancora vagano Freud e i suoi nipoti, quindi fare delle mappe non è per nulla facile. Oggi per esempio Vattimo si chiede se per caso le dimissioni del Papa non siano dovuti a una sorta di conversione alla ragione, ammessa e concessa da Ratzinger solo se in accordo con la fede. Ma non è di teologia e di conservatori vaticani che voglio parlare, bensì di un più modesto caso di contrasto tra fede e ragione o di macroscopica menzogna.

Si tratta in questo caso di un vescovo del liberismo a cui è stata affidata la diocesi italiana: Monti Mario, per gli amici premier. Ora il prelato del dio Danè  che regna nell’alto delle borse e incide nella pietra le tavole dello spread, si è lasciato andare a una polemica con Grillo e al comico genovese risponde con una di quelle battute che sembrano e sono scherzi da prete: “il suo populismo è dannoso, ci vuole come la Grecia”.

Ora non risulta che Grillo faccia parte di quella Troika che ha imposto ad Atene le medesime ricette volute per l’Italia e attuate con diligenza da sua sobrietà che le ha ritenute, per ragioni che non si è mai compiaciuto di spiegare, anche perché sono un’insieme di solennissime cazzate da salotto economico, come quelle giuste e necessarie non solo per sistemare il bilancio, ma per rilanciare la crescita. No Grillo magari era in barca con Casaleggio, ma chi faceva le stesse cose che venivano fatte in Grecia, era proprio Monti che anzi in diverse dichiarazioni aveva sostenuto che grazie ai tagli selvaggi il paese ellenico si sarebbe ripreso, come del resto l’Italia.

Ora quest’uomo ci prende per i fondelli come quando temporeggia per Finmeccanica o è vittima di un autoinganno? Vi dirò che scavare nei meandri psicologici di un travet della religione finanziaria non è poi così interessante e alla fine non me ne frega nulla: ciò che mi preme comprendere è come un intero Paese, i suoi media e le sue forze politiche sembrino non accorgersi delle orrende contraddizioni nella quali incorre  il premier  designato colà dove si puote. Roba da contorcersi come in preda a dolori intestinali  di cui però all’autore non si chiedono mai spiegazioni: lo si lascia dire impunemente e impunito, così come a Berlusconi si lasciano dire le sue oscenità. E manca solo che quella piccola pattuglia di lodenisti non dicano che sono “onorati e divertiti”: tanto il prezzo delle battute non lo pagano loro e anzi ci possono lucrare sopra.

 


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