La Grecia in fiamme privata dei farmaci salvavita. Grazie Europa

Creato il 08 novembre 2012 da Albertocapece

Licia Satirico per il Simplicissimus

Ripenso spesso all’incipit di “Cecità” di Saramago: «se puoi vedere guarda, se puoi guardare osserva». Nell’epidemia di oscurità lattiginosa di un’intera città, nel buio della ragione che ci rende ciechi vedenti, si celano le sorti di un continente ricattato da speculazioni e pareggi di bilancio. È un’Europa in cui si cura con implacabile efficienza una delle cause della crisi finanziaria dei nostri Stati: la vita.
Mentre la penisola ellenica è di nuovo assediata da altre misure di austerità richieste dalla Troika in cambio degli aiuti, scopriamo che la sua insolvenza comincia ad avere conseguenze tragiche: durante tutto il 2010 e nei primi mesi del 2011 la Grecia ha pagato solo un terzo dei due miliardi di euro di medicinali acquistati per i propri ospedali. Nel 2012 ha saldato con titoli di Stato parte del debito residuo: nulla però colma la voragine e la cura più recente consiste nell’eliminazione delle cure. D’ora in avanti, infatti, l’azienda farmaceutica tedesca Merck Serono non fornirà più farmaci antitumorali agli ospedali greci. L’erbitux, oggetto del taglieggiamento sanitario, viene prescritto soprattutto per i tumori del colon-retto. Pare che chi ne ha bisogno resti libero di comprarlo privatamente nelle farmacie, fatto salvo un piccolo particolare: la terapia può costare fino a quattromila euro al mese, risultando non proprio alla portata di dipendenti pubblici, pensionati e cittadini socialmente macellati.

Il Sole 24 Ore, che ha riportato la notizia, ha evidenziato che la Merck Serono non è la nemmeno prima azienda ad adottare misure tanto drastiche. Un anno fa la stessa decisione era stata presa dalla svizzera Roche, che aveva sospeso le forniture a 23 ospedali pubblici portoghesi adducendo l’accumulo di debiti per oltre 135 milioni di euro e un ritardo nei pagamenti protratto per più di 420 giorni. Nel 2010 era stata la volta della danese Novo Nordisk: c’è del marcio in Danimarca, dunque, ma anche altrove non si scherza.
La Grecia, che muore letteralmente di debiti e di cancro, è diventata fantoccio – come ha scritto il Simplicissimus – di una colonizzazione fattuale e giuridica. In queste ore vengono varate nuove misure di austerity e il Paese è sull’orlo della guerra civile. Noi però continuiamo a non vedere nei greci lo spettro del nostro futuro, nonostante i segnali inquietanti del governo dei tecnici: perché in Italia l’unico modo freudiano per acquisire affidabilità politica è non definirsi politici, lasciando la politica in mano agli unti, agli imprenditori e ai banchieri.

Non riconosciamo nella spending review sanitaria i sintomi dello stesso morbo, vissuto finora solo con intensità diversa. Non siamo in grado di cogliere il medesimo dramma tra le proteste dei malati di Sla, degli ipovedenti, degli epilettici. Non siamo stati capaci di ribellarci alla riduzione ulteriore dei posti letto (fino a 30 mila in meno entro il prossimo 31 dicembre rispetto all’ingenerosa dotazione attuale), alle nuove regole sulle buone pratiche ospedaliere, alla creazione di ospedali di base, di primo e di secondo livello come ciò che diventerà la nostra salute in base al censo.
Si parla troppo spesso in questi mesi di senso di responsabilità, delle leggendarie riforme condivise, del Monti bis in cui l’Europa confida per la nostra salvezza dalla dissennatezza. Ma una salvezza senza diritti, senza equità, senza salute e senza giustizia non è una salvezza praticabile. Presi dai vortici dei debiti, siamo diventati inetti e inerti di fronte al nostro avvenire. Eppure possiamo ancora prevederlo e prevenirlo. E curarlo, perché l’unico farmaco contro le metastasi bancarie del cancro dei nostri diritti siamo noi.


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