La vittoria dei conservatori di Samaras in Grecia non ottiene altro se non un tiepido ottimismo durato una mattinata. I problemi legati al destino dell’eurozona permangono, le borse scendono e lo spread sale. Ma in Italia ci si consola con le parolacce di Balotelli, nella cornice della distrazione di massa…Nea Dimokratia vince le elezioni greche, scene di giubilo vengono trasmesse dalle televisioni greche che riportano le manifestazioni di entusiasmo dei sostenitori di Antonis Samaras, che oggi dovrebbe ricevere l’incarico di formare un governo di unità nazionale con i socialisti del Pasok: in pratica, le due forze politiche che hanno ridotto la Grecia sul lastrico, ritornano al potere passando dalla porta principale. E’ come se alle prossime elezioni, dopo tutte le menate sulla casta e i suoi vizi, gli italiani tornassero a promuovere Berlusconi, La Russa, Fini o i loro “nuovi volti”, tipo Alfano e qualche “olgettina”.
Era comprensibile che, sull’onda dei cori da stadio e delle bandiere che ispirano ottimismo, le borse aprissero in rialzo per poi assestarsi, descrivendo ancora una volta l’insieme dei fenomeni speculativi e delle paure che circondano i paesi deboli dell’eurozona.
Milano precipita a -2.65%, lo spread sale a 465, il dollaro ad 1,27€: era impensabile che un paese di 10 milioni di abitanti potesse assestare le condizioni di altri 500 milioni di europei, e così infatti non è stato. I primi sconfitti da questa strategia del terrore finanziario sono proprio i greci che, spaventati dall’ignoto rappresentato da Syriza e dal possibile salto nel buio di un ritorno alla Dracma, hanno preferito lasciare tutto com’era quando i partiti distribuivano fior di posti pubblici alle proprie clientele: non è stata proprio una mossa da strateghi.
La Merkel, dall’alto del suo jet in volo per il G20 in Messico, bombarda la Voulì di piazza Syntagma facendo sapere che le richieste di Atene non verranno prese in considerazione dalla Troika: il piano di rientro non verrà ridiscusso così come auspicato dalle forze politiche elleniche, nessun ripensamento sulla possibilità di dilazionare il rientro in 4 anni, invece dei due attualmente previsti. Parlare di unità politica, quando a decidere sono una banca centrale, un fondo monetario ed un’unione che è l’ombra di sé stessa, è quantomeno ambizioso. La smettano di prendere per i fondelli cinquecento milioni di persone, e dichiarino che l’unico legame tra i paesi dell’UE è una moneta che serve esclusivamente alle economie forti, infischiandosene delle peculiarità locali e delle differenze economiche tra i vari paesi.
Ma come sempre in questi casi, in Italia va tutto bene: sorprende l’incoscienza di un popolo pronto a discutere delle parolacce e delle gomitate di Balotelli, le cui doti tecniche sembrano inversamente proporzionali a quelle intellettuali. E anche Cassano ci ha messo lo zampino nel passaggio del turno agli europei: proprio i due calciatori più discussi dell’ultima settimana diventano adesso santi da osannare e salvatori della patria.
E pensare che gli spagnoli se la son pure giocata con i croati: e dopo i 50 miliardi di euro di aiuti che il nostro paese ha speso per salvare le banche iberiche, era il minimo che potessero fare, dicono i maligni.
Paradossale però che nessuno si chieda come possa, un paese ormai giunto alla canna del gas come l’Italia, salvare le banche spagnole dallo sfacelo, né da dove saltino fuori quei cinquanta miliardi di euro. Se Madrid può beneficiare di questo copioso sostegno, avrebbero potuto beneficiarne pure gli italiani? Un nostro Amico con la barba, diceva che non era bene gettare il pane ai cagnolini prima di aver sfamato i propri figli.
E intanto, c’è Mahmoud Sarsak che arriva al novantaduesimo giorno di sciopero della fame nel disinteresse generale , prigioniero di un regime che lo detiene senza contestargli alcun capo di imputazione.
Ma di questo forse non bisogna parlarne, meglio ricamare sull’omosessualità di qualche giocatore della nazionale (e chissene!) e delle parolacce di Mario Balotelli all’indirizzo dei tifosi che lo fischiavano fragorosamente dagli spalti irlandesi. Per il colore, certo: ma quello della maglia, non quello della pelle. O almeno, così speriamo.