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La grottesca censura sulle canzoni

Creato il 12 febbraio 2012 da Speradisole

LA GROTTESCA CENSURA SULLE CANZONI

LA GROTTESCA CENSURA SULLE CANZONI«Lunga e diritta correva la strada, l’auto veloce correva. La dolce estate era già cominciata vicino a lui sorrideva sorrideva…Non lo sapevi che c’era la morte, quando si è giovani è strano poter pensare che la nostra sorte venga e ti prenda per mano»

Sono i versi di “Canzone per un’amica” scritta da Francesco Guccini nel 1964. Un piccolo gioiello che racconta la morte di una coppia che sta andando in vacanza. Una storia vera: Silvana, componente del gruppo Grande Italia, aveva perso la vita sull’Autostrada del Sole.

Uno dei funzionari della Rai, addetto all’ascolto e all’esame dei contenuti delle canzoni da trasmettere, si inalbera e grida: «Niente radio perché in autostrada non si muore», ma Radio Vaticana la trasmette. Succederà altre volte, per esempio, con “Dio è morto” un classico dei Nomadi.

E’ solo un frammento della lunga, tormentata, grottesca censura che da sempre sta col fiato sul collo di canzoni e parole di uso comune.

Accadeva durante il fascismo, dove il Minculpop (Ministero della cultura popolare) faceva il bello e il brutto tempo sconfinando nel ridicolo. Le parole straniere erano bandite, lo sport era diventato “diporto”, il cocktail “coda di gallo”, il cognac  “arzente”, il pullover  “farsetto”, mentre il flirt divenne “un amoretto”.

Persino il nome di qualche artista italiano subì la censura.  Renato Rascel  cambiò in Renato Rascele  e Wanda Osiris in Wanda Osiri. Nella vita lei era Anna Menzio e lui Renato Ranucci.

Ma la vera tempesta si abbatté sulla musica americana. Louis Armstrong  divenne Luigi Braccioforte, Benny Goodman  fu tradotto in Beniamino Buonuomo,  Duke Ellington si trasformò in Del Duca, Hoaghy Carmichael  in “Carmelito”.

E anche i classici del jazz, cambiarono titolo; Tiger rag divenne Il Ruggito della tigre, Stardust , la celebre Polvere di Stelle, subì una mutazione e si trasformò in Cosmo.

Parole e idiozie: il sostantivo “membro” fu bandito dalla Radio anche quando significava membro del Parlamento.

Guai a “mica”, espressione cancellata dalla Radio, perché dialettale. Cervelli contorti ipotizzarono che, pronunciata male, potesse essere intesa come l’organo sessuale femminile..

Mai dire “gravidanza” ma “lieto evento”, mentre il suicidio fu trasformato in “insano gesto” e il cancro divenne “male incurabile”;  si potevano chiamare con i loro nomi il canarino, il piccione e l’aquila, ma non pronunciare la parola “uccello”. Le massaie, regine della casa, potevano spazzarla, ma non scoparla.

Ieri, oggi e – speriamo non domani – la censura ha modificato i nostri discorsi. Per raccontare i misfatti della censura è efficace saltare da un decennio all’altro e dimostrare quanto la stoltezza faccia da comune denominatore nel tempo.

Il cantautore più colpito dagli strali dei censori è stato Domenico Modugno. Mimmo scrisse Resta cu’mme e fu bacchettato per il verso «Nun m’emporta ‘e chi t’h’avuto», un attentato al comune senso del pudore.

Vecchio frac , incisa nel 1955, subì una mutazione nel verso «ad un sogno mai sognato, ad un attimo d’amore che mai più ritornerà» in «ad un sogno mai avverato, ad un abito da sposa, primo ed ultimo suo amor».  Motivo, quell’attimo d’amore poteva essere interpretato come un rapido congiungimento carnale.

Poi, fu la volta di Lazzarella. Presentata al Festival di Napoli si concludeva col verso «Lazzarella ti si ggià mamm». Inaudito! Una ragazza madre. Via tutto e sostituzione con «Lazzarella perd’o tiempo apress’a tte».

Negli anni sessanta, Mimmo scrisse Libero, con un verso che recita: «Libero, come una rondine che non torna al suo nido», che subito diventa la parafrasi di un uomo che non vuole tornare in famiglia. Modugno propone di cantare a Sanremo in divisa da carcerato, ma il permesso gli viene negato.

1972, stavolta presenta Un calcio alla città che diceva: «Da anni sono qui incatenato a questa scrivania, ogni giorno sempre lì, ma perché, ma per chi?». S’intese un inno all’assenteismo e la critica lo attaccò ferocemente.

La liliale Gigliola Cinquetti nel 1974 si presentò all’Eurofestival con un’innocua canzone intitolata Si. Ebbene, per quel “Si” la Rai sospese la trasmissione perché si stava svolgendo il referendum sul divorzio e bisognava rispondere si o no. E quel “Si” eurovisivo poteva essere devastante. Fu solo in’idiozia.

«Per fare un uomo ci vogliono vent’anni, per fare un bimbo un attimo d’amor» cantavano i Nomadi. Orrore, e così Augusto Daolio, il leader del gruppo dovette prolungare l’attimo in «un’ora d’amore»

Embargo per Via del campo di Fabrizio De André ma anche per La città vecchia che si diceva fosse ispirata ad una poesia di Umberto Saba. Per il cantautore genovese la censura fu compagna di viaggio anche per la bellissima Canzone di Marinella .

Giorgio Gaber ebbe dei guai quando riprese una canzone della mala milanese, Porta Romana e inventò un verso che diceva: «Porta Romana bella, Porta Romana, ci stan le ragazzine che te la danno, prima la buonasera e poi la mano». Un po’ di malizia c’era, ma velava la pena sottolinearlo, in modo che anche le anime candide apprezzassero?

Persino Claudio Baglioni  ebbe problemi con l’inquisizione, Piccolo grande amore, proclamata canzone del secolo scorso,, cantava : «La paura e la voglia di esser nudi» e la censura lo cambiò in «la paura e la voglia di esser soli». E, ancora: la frase «Mani sempre più ansiose di cose proibite» divenne comicamente «mani sempre più ansiose, le scarpe bagnate»

Nicola Di Bari vinse a Sanremo nel 1972, cantando «Giacesti bambina, ti alzasti già donna» sottintendendo la perdita della verginità. La canzone era I giorni dell’arcobaleno e i guai non furono pochi.

Gianni Morandi fu vittima di un incidente diplomatico quando presentò C’era un ragazzo che come me . un verso che diceva: «Va nel Vietnam  e spara ai Vietcong». Si presumeva una critica alla politica estera degli Stati Uniti. Fu presentata persino un’interrogazione parlamentare e quando arrivò il momento di cantare i  Tv, arrivarono goffi  suggerimenti da funzionari  Rai che chiesero di sostituire Vietnam e Vietcong con «Corfù» e «Cefalù». Niente da fare e allora Migliacci, che aveva scritto il testo, suggerì a Morandi: «Va nel tatatà e spara ai tatatà» cosa che suscitò le ire della Rai e l’ilarità del pubblico.

Non solo le canzonette hanno subìto le angherie delle forbici censorie:  durante il fascismo Faccetta nera ottenne un grande successo tanto che Josephine Baker  si congratulò con Mussolini.  Ma la canzone non piacque ai gerarchi che la lessero come un inizio d’integrazione razziale e allora nacque Faccetta bianca , di cui probabilmente non si ricordano neppure più gli autori.

Poi, si sfociò nella tragica farsa: Marameo perché sei morto fu bocciata perché ispirata alla tragica scomparsa di Costanzo Ciano; Crapa pelata naturalmente derivava dalla calvizie del Duce  e anche il Tamburo della banda d’Affori  quello che comanda 550 pifferi  – e probabilmente era vero – a Mussolini e ai suoi gerarchi.  Era il momento in cui bisognava solo credere ubbidire e combattere.

Però gli stolti c’erano anche prima e si riprodurranno sino ai nostri giorni. La celeberrima Marechiaro attira l’attenzione dei  censori  che ascoltando:«Quanno sponta ‘a luna a Marechiare pure li pisce che fanno all’ammore se revoleno all’onne dd’o mare pe’ la priezza cagneno culore…»

Ma per favore! Intervengono le forbici : “sponta” vuol dire “sbottona” , “pisce” sembra una funzione fisiologica, “se revoleno” ? Folli al regime non si rivolta nessuno e non parliamo di “cagneno culore” : il colore non si cambia, c’è solo il nero.

Ecco la nuova versione: «Quanno s’abbottona la luna a Marechiare pure le gazzelle fanno l’amore, se ne stanno quiete l’onne dd’o mare  pe’ la priezza non cagneno culore».

Un’altra curiosità dei nostri giorni, però. Nel 2002 la Rai non trasmette l’Inno di Mameli per le partite di calcio della Nazionale ai mondiali in Giappone. L’esecuzione, affidata a Elisa, è gospel e il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri la definisce “una vergogna”.

Se invece di perdere tempo con le canzoni che, bene o male, allietano il nostro tempo libero, i censori, che ben nascosti esistono ancora, si occupassero delle trasmissioni televisive per attenuarne le troppe volgarità, le risse dei talk show insopportabili, i turpiloqui alla Sgarbi, le liti alla De Filippi, non sarebbe meglio?

(Dalla rivista Vivere)



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