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La guerra alla russia nella sua dimensione ideologica

Creato il 31 marzo 2014 da Eurasia @eurasiarivista
Russia :::: Aleksandar Dugin :::: 31 marzo, 2014 :::: Email This Post   Print This Post LA GUERRA ALLA RUSSIA NELLA SUA DIMENSIONE IDEOLOGICA

La Guerra contro la Russia è attualmente uno dei temi più discussi in Occidente. Ad oggi rappresenta ancora una suggestione ad una mera possibilità, ma può diventare reale sulla base delle decisioni che potranno essere adottate da tutti attori coinvolti nel conflitto ucraino: Mosca, Washington, Kiev, Bruxelles.
Non voglio discutere tutti gli aspetti e la storia di questo conflitto, qui. Propongo invece di comprenderne le radici ideologiche. La mia concezione è basata sul Quarto assunto della Teoria Politica che ho pubblicato nel 2012. Perciò non esaminerò la guerra dell’Occidente contro la Russia in termini di rischi, pericoli, temi chiave, costi o conseguenze, piuttosto sotto un profilo ideologico, dalla prospettiva dell’ideologia globalista.

Essenza del liberalismo

Nell’Occidente moderno esiste un’ideologia dominante che è quella liberale. Appare in diverse forme e versioni ma alla base la sua essenza è la medesima:

L’individuo è la misura di tutte le cose (individualismo antropologico)

Il mondo è orientato verso un futuro, rappresentando il passato il peggio (fede nel Progresso)

Lo sviluppo tecnico e le sue concrete applicazioni sono prese a riferimento assoluto per giudicare il livello di progresso di una società (tecnocrazia)

Il modello euro americano rappresenta lo standard a cui le altre società devono conformarsi (eurocentrismo)

L’economia di libero mercato è il solo modello di riferimento (essendo gli altri modelli da riformare o da eliminare)

La democrazia è il potere delle minoranze che devono difendersi dalle maggioranze, intrinsecamente portate a degenerare verso modelli totalitari

La classe media è il solo attore collettivo immaginabile (indipendentemente dal fatto che un individuo ne sia parte o no e in modo consapevole)

Globalismo (gli esseri umani sono ovunque gli stessi ed hanno un unico destino, ovvero il modello globalista che dovrebbe informare un contenuto universale di cittadinanza)

Questi sono i valori centrali del Liberalismo e rappresentano una delle tre tendenze originatesi dall’illuminismo, a fianco di comunismo e fascismo che hanno dato una propria interpretazione della Modernità. Nel XX secolo il Liberalismo ha sconfitto le altre due tendenze, e dal 1991 è divenuto l’ideologia imperante nel mondo.

L’unica libertà di scelta è fra Liberalismo di destra, Sinistra e Radicale con le sue rispettive varianti estremistiche. Di conseguenza, il Liberalismo è divenuto il modello operativo all’interno della società occidentale e di quelle altre che gravitano nella sua orbita. E’ divenuto il comun denominatore di ogni discorso “politically correct” ed il criterio distintivo per stabilire chi debba essere ammesso nel mainstream intellettuale dominante e chi, invece, debba essere marginalizzato o respinto. Lo stesso buonsenso è divenuto espressione del liberalismo.

Da un punto di vista geopolitico, il liberalismo è stato iscritto in un modello americanocentrico, in cui gli Anglosassoni hanno creato un nucleo su base etnica basato sulla partnership euroatlantica che rappresenta l’asse strategico del sistema di sicurezza globale. Quest’ultima è stata fatta coincidere con quella dell’Occidente e, in ultima istanza, con quella degli USA. Il Liberalismo quindi da un ambito ideologico tracima in quello politico, miliare e strategico. La NATO ha queste radici, difende le società liberali, e combatte per estendere il liberalismo in nuove aree.

Liberalismo come nichilismo

C’è una falla nell’ideologia liberale che apre una crisi dal suo interno: essa è alla radice nichilista. I valori difesi dal liberalismo si riconducono al primato della libertà. Essa però, nella concezione liberale, ha una connotazione negativa ovvero “libertà da – “e non “libertà di – “ed è qui la radice del problema.

Il liberalismo combatte contro tutte le forme di identità collettive e tutti i tipi di valori, progetti, strategie, scopi, metodi di tipo collettivo o comunque non individualista. Questa è la tesi su cui uno dei più importanti teorici del liberalismo Karl Popper – e a seguire, von Hayek – ha basato nel suo libro “La società aperta e i suoi nemici “sostenendo che i liberali dovrebbero combattere qualsiasi ideologia o filosofia politica – da Platone e Aristotele fino a Marx ed Hegel- che asserisca come una società debba avere uno scopo comune, un valore comune ed un comune significato (non è casuale che George Soros guardi a questo testo come alla propria Bibbia.

Qualsiasi scopo, valore e significato nella società liberale – o aperta – dovrebbe essere strettamente basato sull’individuo. I nemici della società aperta – cioè di quella occidentale dopo il 1991 – sono concreti. Primi nemici sono il Comunismo ed il Fascismo entrambi mersi dall’Illuminismo, e che contengono concetti antitetici quali quelli di Classe (Comunismo) razza(Nazismo) e Stato nazionale(Fascismo). L’origine del conflitto col Comunismo ed il Nazismo è ovvia. I Liberali rivendicano i diritti della società liberale davanti al Fascismo ed al Comunismo ed alla loro visione totalitaria. La battaglia del Liberalismo, come parte di un più ampio processo di liquidazione delle società non liberali, ha perfettamente senso: acquista rilievo nei confronti di ideologie che negano il più alto valore all’individuo.

Tuttavia la configurazione della libertà negativa non è chiaramente percepita qui. Il nemico della società aperta è concreto ed è ciò che da una parte dà ad essa una solidità intrinseca e dall’altra giustifica il processo di liberazione da approntare in altre società che non si trovino nella medesima condizione

Il periodo unipolare e la minaccia di implosione

Nel 1991, a seguito della caduta dell’URSS, alcuni occidentali e su tutti Fukuyama proclamarono la fine della Storia. In un certo senso era anche logico, non esisteva più alcun nemico per la società aperta e lo scontro con le altre matrici prodotte dall’illuminismo (Comunismo Nazismo e Fascismo) era stato vinto. Si era realizzato così il tempo dell’Unipolarismo (Krauthammer) ed il periodo fra 1991 e 2014, nel mezzo del quale Bin Laden aveva scatenato l’attacco alle Torri Gemelle, aveva visto il trionfo del Liberalismo i cui assiomi erano stati accettati anche da Cina (in termini economici) e Russia (in termini di ideologia e sistema politico): si distinguevano quindi i veri liberali da quelli che non lo erano ancora, da chi si sforzava di esserlo, da chi non lo era abbastanza, ecc. Quindi tutto il mondo era liberale con la sola eccezione di Iran Corea del Nord.

Questo è stato il momento più importante nella storia del Liberalismo. Ha sconfitto i suoi nemici ma allo stesso tempo li ha perduti. Liberalismo è essenzialmente liberazione da e lotta contro tutto ciò che non è liberale (al presente o in prospettiva); esso però ha acquisito il suo contenuto dai suoi nemici. Quando la scelta si è posta fra libertà e mancanza di essa (come rappresentata nelle società totalitarie) molti hanno scelto la libertà non comprendendo libertà per cosa o per fare cosa… Quando c’è una società illiberale, il liberalismo è positivo, comincia a mostrare il suo volto negativo dopo la vittoria.
Dopo la vittoria del 1991, il Liberalismo ha iniziato il suo processo implosivo. Dopo avere confitto Fascismo e Comunismo, è rimasto solo senza alcun nemico da combattere. Quando i suoi conflitti interni sono esplosi coi suoi ultimi residui non liberali (sessismo, scorrettezza politica, diseguaglianza fra sessi, il residuo di intervento nella sfera individuale da parte di istituzioni quali Stato e Chiesa), il Liberalismo non ha più avuto alcun nemico esterno da cui liberarsi: il suo trionfo ne rappresenta quindi paradossalmente la sua morte.

Questo è alla base delle sue crisi finanziarie del 2000 e del 2008: i successi e non i fallimenti della nuova economia di turbocapitalismo – per usare un’espressione di Luttwak – sono causa del suo collasso.

La libertà di fare ciò che si vuole rapportata ad una scala individuale provoca un’implosione della personalità: è la libertà di fare qualunque cosa ed il Liberalismo diventa l’Impero in cui il Nulla trionfa. Il Postmoderno prepara il terreno per riciclare in chiave storica un non senso autoreferenziale.

L’Occidente alla ricerca di un nemico

Ci si può chiedere cosa diavolo abbia a che fare tutto questo con la Russia. Rispondo.
Il liberalismo ha continuato ad occupare la scena su scala globale e ora ha cominciato ad implodere. Dal 1991, questo è un fatto inoppugnabile. E’ arrivata al punto terminale e si sta autoliquidando: immigrazioni di massa, scontri di culture se non di civiltà, crisi finanziarie, terrorismo, crescita del nazionalismo etnico, sono tutti indicatori di un Caos ormai incipiente che mette in pericolo qualsiasi ordine, compreso quello liberale. Più il liberalismo riesce a realizzarsi e più getta le fondamenta della sua stessa fine: ci confrontiamo con l’essenza nichilista del liberalismo, con la sua libertà fine a sé stessa e anodina – quindi nulla – che sta alla sua base.

L’antropologo tedesco Gehlen ha definito l’uomo-in questo contesto – come deprivato della sua umanità (Mangelwesen). L’uomo in sé stesso è nulla, derivando la sua identità dalla sua relazione con la società, la storia e la politica. Se l’uomo ritorna alla sua essenza, non può alla lunga riconoscere alcunché. L’abisso si nasconde dietro i detriti di sentimenti, di vaghi pensieri e desideri. La virtualità delle emozioni sono un velo sottile, dietro il quale v’è solo oscurità. L’esplicitazione della sua base nichilistica è l’ultimo obiettivo conseguito dal liberalismo ed è al contempo la fine dei padroni dell’istanza globalista che poggia sul liberalismo e, conseguentemente, dell’ordine liberale stesso.

Per salvarsi, l’élite liberale ha bisogno di fare un passo indietro. Il Liberalismo riacquisterà il suo pieno significato solo quando si confronterà con una società non liberale. Questo passo indietro è il solo mezzo che rimane per salvare ciò che rimane dell’ordine prodotto dal liberalismo, e per salvare il liberalismo da sé stesso. Perciò la Russia di Putin appare al suo orizzonte. La Russia non è anti liberale, né totalitaria, né nazionalista, né comunista, neppure troppo liberale, né radicalmente anti comunista. Sta diventando liberale seguendo la via gramsciana di aggiustamento rispetto all’egemonia globale, secondo lo schema di trasformismo secondo il linguaggio gramsciano

Comunque nell’agenda di liberalismo globale rappresentato dagli USA e dalla NATO, ci sarebbe bisogno di un altro attore, per un’altra Russia che giustificherebbe il campo liberale aiutando l’Occidente a mobilitarsi come di fronte ad una minaccia di un conflitto: ciò salverebbe il Liberalismo dalla sua essenza nichilista e quindi dalla sua inevitabile fine. Questa è la vera ragione per cui l’Occidente ha bisogno della raffigurazione di un Putin cattivo, di una Russia cattiva e di una guerra: è l’unico modo che ha l’Occidente di preservare il proprio ordine. Nella sua rappresentazione ideologica, la Russia giustificherebbe l’esistenza del liberalismo perché darebbe incarnazione ad un nemico in grado di dare un senso alla lotta della società aperta, con ciò aiutando a prolungarne il consolidamento in una dimensione globale.

L’Islam radicale rappresentato da al Qaeda è stato un ottimo candidato ma mancava di una statura sufficiente per divenire un nemico reale, è stato usato ma solo su una scala locale. E’ servito per giustificare l’attacco in Afghanistan, l’occupazione dell’Iraq, la cacciata di Gheddafi, per cominciare una guerra in Siria ma è ideologicamente troppo debole per rappresentare una sfida all’ordine liberale.
La Russia invece, anche su un piano storico, si presta a tale ruolo di nemico per l’ordine anglosassone anche perché la memoria della Guerra Fredda è ancora molto viva e l’odio verso la Russia è facilmente provocabile. Questo mi induce a ritenere che la guerra con la Russia sia possibile, proprio perché tale operazione si presta meglio al salvataggio dell’ordine liberale
Salvare l’ordine liberale

Considerando i differenti livelli di questa idea di una possibile guerra con la Russia, suggerisco questi pochi punti.

1. Una guerra con la Russia aiuterà a ritardare l’incipiente disordine su scala globale. La maggioranza dei paesi che sono coinvolti nell’economia liberale e che condividono gli assiomi e le istituzioni della democrazia liberale, e che sono direttamente o indirettamente sotto il controllo di USA e NATO, formeranno un fronte unico contro la Russia antiliberale di Putin: questo servirà a riaffermare un’identità liberale altrimenti destinata a dissolversi a contatto con la sua essenza nichilista.

2. Una guerra con la Russia rafforzerebbe la NATO e sopra tutti i suoi membri europei che sarebbero ancora più in soggezione di fronte all’iper potere militare statunitense. Di fronte all’incombente forza russa del Male, gli Europei rinsalderebbero la loro lealtà verso gli USA visti ancora come salvatori e protettori: il ruolo statunitense nella NATO verrebbe riaffermato.

3. L’UE sta fallendo. Una fantomatica minaccia dalla Russia potrebbe evitare una frantumazione, mobilitando le società e rendendole entusiasticamente disponibili a difendere le loro libertà e i loro valori dalle mire imperiali russe.

4. Il governo illegittimo di Kiev ha bisogno di una guerra per giustificare i fatti di Maidan e nascondere i misfatti relativi, a livello giuridico e costituzionale, permettendo la sospensione della democrazia che costituirebbe un ostacolo all’esercizio della sovranità nei territori filorussi del Sud Est del Paese, così al contrario per restaurare la propria forza con ogni mezzo.

L’unico paese che in questo momento non vuole la guerra è la Russia che però non può permettersi il lusso di lasciare l’Ucraina – un paese che ha metà degli abitanti della Russia- nelle mani di estremisti radicali anti russi, pronti ad esercitare ritorsioni verso le popolazioni russofone: se accadesse una cosa simile, per Putin sarebbe la fine sul piano interno ed internazionale, così dovrà rassegnarsi ad accettare la guerra senza altro obiettivo che vincerla.

Non mi piace speculare sugli aspetti strategici, materia adatta ad analisti più qualificati di me. Mi interessano invece la dimensione ideologica di questa guerra.

Ingabbiare Putin

Il significato di questa guerra contro la Russia è l’ultimo sforzo del liberalismo globalista per salvarsi dall’implosione. Perciò, i liberali hanno bisogno di definire ideologicamente la Russia di Putin – e ovviamente di identificarla col nemico della società aperta. Tuttavia nel dizionario moderno delle ideologie vi sono solo Liberalismo, Comunismo e Fascismo. E’ chiaro che il liberalismo è rappresentato da tutte le nazioni coinvolte nel conflitto, eccezion fatta per la Russia (gli USA, gli stati membri della NATO, e il governo golpista uscito da Maidan in Kiev), rimangono solo Fascismo e Comunismo perciò Putin viene rappresentato come un ex sovietico revanscista, un ritorno del KGB: questo è il ritratto che viene venduto al pubblico occidentale più sottoculturato. Tuttavia alcuni aspetti della reazione patriottica russa (es. la difesa dei monumenti di Lenin, i ritratti e le memorie del coinvolgimento sovietico nella II Guerra Mondiale) potrebbero rafforzare questa ide in un’audience di questo genere. Nazismo e Fascismo sono stati rimossi da Putin e nella realtà dell’odierna Russia, ma il nazionalismo e l’imperialismo russo saranno evocati nell’ambito dell’immagine del Grande Male: per questo Putin è stato fatto passare per un nazionalista radicale, un fascista ed un imperialista, e questo farà molta presa sugli Occidentali. In questa logica, Putin potrà essere spacciato allo stesso tempo per fascista e comunista, per nazionalista bolscevico (anche se questo è già più difficile da far digerire al pubblico occidentale). E’ chiaro che Putin non sia né un fascista, né un comunista ma solo un politico pragmatico nel regno delle relazioni internazionali, e questa è la ragione per cui Putin ammira Kissinger da cui è ricambiato.

Egli non ha alcuna ideologia ma sarà costretto ad assumere quella che gli è stata assegnata e non per sua scelta, ma queste sono le regole del gioco. Nel corso di questa guerra Putin sarà inquadrato in questo modo e questo è l’aspetto più interessante di questa situazione.

La principale idea che i liberali tenteranno di avanzare sarà definire ideologicamente Putin in base alle ombre del passato, come un vampiro: “A volte ritornano “, questa è la logica seguita per evitare l’implosione del liberalismo.
Il messaggio innanzitutto da lanciare sarà che il liberalismo è ancora vivo e vegeto, perché c’è qualcosa da cui dobbiamo essere liberati, ovvero dalla Russia. Lo scopo è dapprima liberare l’Ucraina e poi in senso lato, l’Europa e il resto dell’umanità dipinta come ostaggio della Russia; ed infine la Russia stessa che dovrà essere salvata dalla sua identità non liberale: così abbiamo un nemico che dà ancora una volta al Liberalismo una ragion d’essere.

Così la Russia verrà rappresentata come un residuo dell’era pre moderna ancora sopravvissuto nel presente: senza tale sfida, non c’è più vita nel liberalismo, nell’ordine globale e tutto ciò che vi è associato o scompare o implode. Con questa sfida, la Russia è chiamata paradossalmente a salvare l’ordine liberale ma perché ciò accada è necessario sai rappresentata come qualcosa di arcaicamente pre moderno e all’uopo tutte le categorie di Fascismo, Comunismo e Nazional Bolscevismo andranno benissimo. Il compito è quella di inquadrare la Russia in una cornice questa è la regola del gioco.

La Russia post liberale: la prima guerra secondo il la Quarta Teoria Politica

In conclusione ciò che propongo è il seguente schema.
Noi dobbiamo contrastare ogni tentativo di inquadrare la Russia in un cliché di potenza pre moderna. Dobbiamo rifiutare l’idea che i liberali salvino sé stessi dalla fine implicita nel loro sistema. Piuttosto che aiutarli a ritardare questo esito, dobbiamo accelerarlo e perciò dobbiamo presentare la Russia come una forza rivoluzionaria che lotta per un’alternativa da offrire ai popoli del pianeta. La Guerra russa non sarà solo per i suoi interessi nazionali, ma per un mondo multipolare, per una reale dignità, per una libertà reale e positiva, non nichilistica ma creativa. La Russia deve porsi come forza in grado di difendere la Tradizione ed i suoi valori organici e rappresenterà la liberazione dalla società cosiddetta aperta e dei suoi reali beneficiari – l’élite globale finanziaria.

Questa guerra non sarà contro l’Ucraina o una parte della sua popolazione, neppure contro l’Europa. Sarà contro il mondo liberale ed il suo (dis)ordine: noi non abbiamo intenzione di salvare il liberalismo per renderlo libero di portare a termine i suoi progetti, noi abbiamo intenzione di ucciderlo una volta per tutte.

La Modernità è sempre stata essenzialmente sbagliata, e noi siamo al punto terminale di questa modernità: per coloro che si sono arresi ad essa, o di essa hanno fatto il proprio destino, o se ne sono lasciati attraversare inconsapevolmente, ebbene questa nostra decisione segnerà la loro fine, ma per coloro che sono dalla parte della Verità Eterna, della Tradizione della Fede e della spirituale ed immortale essenza umana la nostra decisione rappresenterà un nuovo inizio, l’Assoluto Principio.

La più importante battaglia è per la Quarta Teoria Politica, è la nostra arma e noi abbiamo bisogno di impedire ai liberali di realizzare il loro desiderio di incasellare Putin e la Russia nella maniera loro più congeniale, e così facendo riaffermeremo la Russia come prima potenza post liberale che combatte contro il nichilismo liberale nell’interesse di un futuro aperto, multipolare e veramente libero nella sua essenza.

(Geopolitika.ru, 13 marzo 2014. Traduzione di Corrado Fontaneto)

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