Intervista a Gejdar Dzhemal *
Fin dall’approvazione delle sanzioni contro l’Iran entrate in vigore il 1° luglio, gli esperti dicono che l’Iran è stato costretto all’angolo. Al contrario, il Presidente del Comitato Islamico della Russia, il noto filosofo e politologo Gejdar Dzhemal, è convinto che la situazione giochi a favore dell’Iran. Secondo lui, Obama sta solo fingendo di essere in procinto di cominciare le operazioni contro la Repubblica Islamica, ma sa benissimo che l’inizio della guerra contro l’Iran significherebbe, in prospettiva, una guerra contro la Cina e la Russia.
- Signor Dzhemal, Lei concorda con l’opinione di coloro che vedono l’Iran costretto in un angolo e ritengono che sia solo questione di tempo per un’aggressione più o meno giustificata da parte della NATO o per uno strangolamento economico?
- L’Iran non commetterà nessun errore e nessuna stupidaggine. L’Iran si limiterà a rispondere alle azioni ostili compiute nei suoi confronti. Senza alcun dubbio, esso considererà come forze criminali quelle che gli sono ostili e le metterà dalla parte dei “cattivi”. Per essere precisi, un attacco contro l’Iran non sarebbe “provocato”, perché è certo al cento per centoche esso non possiede armi nucleari, anche se l’opinione pubblica dei paesi occidentali lo verrebbe a sapere a posteriori, come è avvenuto nel caso di Saddam. A differenza di Saddam, però, l’Iran ha un buon numero di alleati e di sostenitori. La risposta dell’Iran consisterà nelle gravi perdite che questo Paese causerà a Israele ed agli Stati Uniti e nel sostegno che il resto del mondo darà a questa risposta.
- La guerra contro l’Iran è già inevitabile?
- In ultima analisi, sì, è inevitabile. Nei prossimi giorni, settimane e mesi, dovremo capire che Obama si mantiene all’ordine del giorno e il suo ordine del giorno prevede che egli non si agiti troppo prima delle elezioni. Non dimentichiamo che la maggior parte degli esperti che commentano questa situazione sono legati a Israele, che freme perché si passi alla fase calda del conflitto, proteggendosi bene dietro gli Stati Uniti. Ma Obama ha un altro ordine del giorno, che non coincide con quello israeliano.
- Adesso molti osservatori concordano sul fatto che Obama stia “delegando il compito” a Israele. Dov’è la logica?
- Sta fingendo, perché non ha ancora trovato una soluzione con la consorteria filoisraeliana e non può fare apertamente molte cose. Ricorda che ha detto a Medvedev che dopo la rielezione avrebbe un più ampio margine di manovra? Sì, si riferiva allo Scudo Antimissilistico e non all’Iran, ma perché non estendere quelle parole a tutta la sua politica? Obama non può mostrare pubblicamente che non desidera occuparsi dell’Iran, perché i suoi interessi consistono nell’eliminare le sfide rappresentate da Russia e Cina. Perciò il suo obiettivo, adesso, è separare Russia e Cina, quindi creare delle forze che possano accerchiare la Cina e creare instabilità nella parte occidentale della Cina, di fronte allo Xinjiang. L’Uzbekistan, per effetto di un abile complotto, è stato fatto uscire dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. E’ un passo verso la destituzione di Islam Karimov: la forte opposizione interna ed esterna era tenuta a freno da Mosca, ma adesso non è più possibile. La destabilizzazione dell’Asia centrale, che risulterà da questa situazione, rappresenterà un’efficace pressione sulla Russia e sulla Cina ed anche sull’Iran.La Russia e la Cina, però, interessano a Obama molto più che non l’azione contro l’Iran e contro la Siria, la quale si trova all’ordine del giorno della politica estera statunitense grazie al lavoro compiuto dai neocon. I piani operativi, le reti degli agenti, il lavoro delle organizzazioni spionistiche e tutto quello che è stato fatto nel decennio di Bush non possono dissolversi nello spazio della politica. Senza alcun dubbio, Obama sta cambiando attivamente l’agenda statunitense, cosicché, dal punto di vista della Casa Bianca di Obama, adesso l’Arabia Saudita si trova in pericolo più che non lo stesso Iran.
- E allora perché tutta questa storia intorno all’Iran, se, come Lei sostiene, Obama non si interesserà più di quel tanto a Teheran dopo la sua rielezione?
- La guerra è inevitabile, perché Obama non è il presidente degli Stati Uniti, ma un funzionario del governo mondiale, della burocrazia supercapitalista internazionale. Come ha detto Paul Ron parlando al Congresso, oggi il problema principale degli Stati Uniti consiste nel fatto che il Congresso e le istituzioni nazionali del potere non contano nulla e non decidono: tutto sarebbe deciso da NATO, ONU, UE e Obama sarebbe solo il direttore esecutivo locale! Qual è lo scopo di questa burocrazia internazionale? Liquidare le sovranità nazionali più pericolose, quelle che disturbano le strutture burocratiche internazionali togliendo “trasparenza” ai territori nazionali. Si tratta delle sovranità siriana, iraniana, indiana e brasiliana; ma il pericolo principale è costituito dalla Cina e dalla Russia.
La Siria e l’Iran sono obiettivi secondari; però, se adesso ci si occupa seriamente di essi, la Russia e la Cina ricevono un segnale ben chiaro: non esiste la possibilità di giungere a un accordo col governo mondiale e quindi non c’è modo di evitare la guerra. La situazione è analoga a quella in cui Hitler attaccò la Polonia, dopo che tutti gli avevano condonato la Cecoslovacchia; però dopo la Polonia capirono che non potevano continuare così eche dovevano scatenare la guerra. Lo stesso avviene adesso: se gli USA, la UE e Israele scatenano la guerra contro l’Iran, costringeranno la Russia e la Cina a costituire un asse che si opponga all’Occidente.
Il paradosso della situazione attuale consiste nel fatto che i grandi obiettivi per la politica statunitense rivestono priorità rispetto a quelli secondari, però Obama finge di occuparsi dell’Iran, ma in realtà pensa alla Russia e alla Cina – in primo luogo, è chiaro, alla Cina.
Lo scopo principale è di aprire una breccia fra Russia e Cina, e ciò sta già avvenendo. Consideri il fatto che la Gazprom ha firmato un accordo col Vietnam. In tal modo, installandosi nel “cortile di casa” della Cina e provocando la preoccupazione di Pechino e la sua irritazione nei confronti di Mosca, la Gazprom ha fatto una mossa che obiettivamente avvantaggia la strategia nordamericana.
- Se l’invasione dell’Iran avrà luogo, che obiettivo perseguirà l’Occidente? L’annientamento del programma nucleare? La distruzione totale del Paese come nel caso dell’Iraq?
- Gli obiettivi dell’Occidente sono lontani dalle passionali dichiarazioni dei nostri esperti circa la disintegrazione dell’Iran, il ritorno all’età della pietra eccetera. Il suo obiettivo è la distruzione dell’ordinamento politico iraniano. Non è neanche il programma nucleare a preoccuparlo. Sono sicuro che lo spionaggio statunitense sa benissimo che l’Iran non dispone della bomba atomica. L’obiettivo principale, la disgregazione dell’ordinamento politico iraniano, si ispira a presupposti strettamente ideologici, perché la Repubblica Islamica non può essere inquadrata nel vigente sistema della burocrazia internazionale.
- Vogliono porre termine all’esportazione della rivoluzione islamica in altre regioni?
- Ha presente molti casi di esportazione di questa rivoluzione in altre regioni?
- No, certo, perché l’Islam sciita è molto meno esteso di quello sunnita. Non si può negare, tuttavia, che i dirigenti iraniani fanno appelli di questo genere.
- Guardi, gli Stati Uniti, che sono lo Stato più poliziesco del mondo, insistono nel voler esportare i “diritti umani” dappertutto. Nell’ancien régime sovietico avrebbero guardato con una certa perplessità la situazione nordamericana: perquisizioni domiciliari in assenza del domiciliato, detenzione carceraria senza difesa legale, eliminazione dei cittadini statunitensi sospetti di terrorismo ecc. Il fatto essenziale è che l’ordinamento politico iraniano è controllato dalla teocrazia, la cui agenda ideologica è fondamentalmente diversa da quelle dei circoli oligarchici occidentali. Questi circoli e l’Iran non possono coesistere a lungo sul medesimo pianeta.
- Il capo dell’aviazione del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, Amir Alì Haggi-zadè, ha dichiarato che l’Iran eliminerà facilmente le 35 basi militari statunitensi che si trovano a portata dei missili balistici iraniani, presumibilmente tutte quelle esistenti nella regione. Inoltre l’Iran ha presentato al Tribunale Internazionale di Arbitrato di Ginevra un reclamo per il mancato adempimento, da parte della Russia, degli obblighi contrattuali relativi alla consegna degli S-300. Qual è il Suo commento in proposito?
- Lo ripeto: l’Iran non è alle corde, ha il sostegno della Cina. E’ da tempo che esso possiede questi S-300. Sulla stampa è apparsa la notizia secondo cui l’industria bellica iraniana sta fabbricando una versione alternativa degli S-300 con licenza cinese. Inoltre, l’Iran possiede elementi difensivi come i potenti missili supersonici antisbarco, in grado di colpire bersagli situati a 500 chilometri dalla costa. Risulta che non solo possono deporre mine, ma anche bloccare con missili lo stretto di Ormuz. La richiesta dei quattro miliardi equivale a far notare che i missili potrebbero servire già adesso e che comunque non saranno più del necessario. Ma in realtà l’Iran possiede queste tecnologie e questi missili, che, non dimentichiamolo, sono in possesso anche della Bielorussia, la quale è oggetto di analoghe sanzioni e collabora attivamente con la Cina. Non dimentichi che la Cina ha le sue tecnologie, specializzate nell’eliminazione delle portaerei: con una potente carica non nucleare, esse sono in grado di mettere una portaerei fuori combattimento. Non è escluso che siano arrivate anche in Iran. Infine, l’Iran può impegnarsi nella guerra radioelettronica: se ricorda, poco tempo fa gl’Iraniani riuscirono ad abbattere un drone statunitense di avanzata tecnologia.
- Crede che non si tratti di semplici minacce?
- I missili “Shijad-3″ possono colpire tutte le basi statunitensi della regione. Le apparecchiature del Servizio Radar consentono di coprire lo spazio aereo, per cui sarà impossibile che lanciare i Tomahawk senza che i lanci vengano registrati. D’altra parte Israele non potrà contare su basi aeroportuali ravvicinate, ma dovrà attraversare diverse frontiere ostili, perdendo così l’effetto sorpresa. Ogni colpo sferrato da Israele sarà parato dall’Iran. Le condizioni dell’aggressione sono estremamente svantaggiose; se le potrebbero permettere soltanto gli Stati Uniti, ma non saranno gli Stati Uniti ad attaccare.
- Secondo Lei, è gonfiata ad arte anche la storia secondo cui la comunità occidentale sarebbe preoccupata dall’eventualità che l’Iran possa creare un proprio armamento nucleare, in grado di cambiare seriamente l’equilibrio delle forze nella regione?
- La burocrazia internazionale non può permettere che esistano le sovranità nazionali che si appoggino ad una base elettorale e non siano “trasparenti” rispetto alla volontà politica delle strutture sovrastatali. Consideri qualunque trattato, qualunque accordo (sull’inquinamento atmosferico, sui “diritti umani” ecc.) e si renderà conto che è stabilita la superiorità di tale accordo rispetto alla legislazione nazionale. Quando i procuratori russi prestano giuramento, promettono di salvaguardare anche gli accordi internazionali. Esiste una contrapposizione tra due legittimità: quella della burocrazia internazionale, che domina il mondo grazie a questi accordi, e quella della burocrazia nazionale, che si basa sul procedimento legislativo nazionale. Lo si è potuto vedere molto bene, quando sono stati affrontati Gheddafi, capo della burocrazia nazionale, e Mubarak. Su Gheddafi e Mubarak c’erano posizioni diverse anche negli Stati Uniti, dove il Partito Repubblicano è imperialista e quindi difende la sovranità nazionale statunitense, mentre Obama, esponente dell’ala sinistra e cosmopolita dei democratici, appartiene alla stessa banda dei vari Rasmussen, Kofi Annan, Katherine Ashton. Ci sono due gruppi contrapposti: Mitt Romney e Ron Paul da una parte, Obama dall’altro.
- Il Parlamento iraniano ha preso in esame il progetto di legge “Sulle azioni ostili di alcune forze antiraniane”, che, a quanto pare, propone di bloccare i terminali per i petrolieri appartenenti ai Paesi che partecipano al boicottaggio. Fino a che punto, secondo Lei, è questa la risposta adeguata alle minacce dell’Occidente?
- Allo stato attuale delle cose, quando nel caso dell’Iran non viene perseguito nessun altro obiettivo se non la distruzionedel suo ordinamento politico, ci si deve aspettare qualunque risposta. Ogni risposta sarà adeguata, soprattutto se si tratta delle sanzioni destinate a provocare la distruzione dello Stato. L’Iran ha il diritto di rispondere con qualunque mezzo, compreso il blocco dello stretto di Ormuz.
* Gejdar Dzemal’ è un filosofo e politologo russo, presidente del Comitato Islamico di Russia. In Italia ha pubblicato Tawhid. Prospettive dell’Islam nell’ex URSS, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1993: http://www.insegnadelveltro.it/libreria/?page_id=330
10 luglio 2012 Iran.ru
Pubblicato in Nakanune.ru
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