La guerra dietro l’angolo

Creato il 22 marzo 2011 da Marce982

foto.flickr

Sono giorni strani, quasi surreali. Ogni tanto sento passare sopra Palermo aerei e elicotteri militari, dritti, veloci, lo sento rombare con i loro reattori ipermegasonici sulla mia testa, quasi volessero scendere di quota, sfiorare i tetti dei palazzi e poi rialzarsi inarrestabili verso le loro mete, sparire all’orizzonte, lasciando dietro di loro soltanto una evanescente striscia biancastra.

Non so cosa ne pensino i miei concittadini, ma io vivo questa situazione con malcelato timore, con l’apprensione che, da un momento all’altro, una guerra che sembra così distante arrivi a bussare alla porta di casa mia, nel suo abito peggiore. Perché in fondo, a ben pensare, la Libia è qui dietro l’angolo, direi a un tiro di missile e le ferite dell’ultima guerra sono ancora visibili per le strade della mia città.

Allora leggo con interesse l’evolversi delle fasi del conflitto, un evento che inizialmente ho ritenuto doveroso, in difesa di un popolo che ha finalmente alzato la testa e lotta per liberarsi dai soprusi da un dittatore con pochi, pochissimi scrupoli. Poi, col passare delle ore, osservando le descrizioni delle azioni militari, il mio pensiero è mutato. Perché pare che più che una strategia di difesa del popolo libico, quella in atto nel Mediterraneo in queste ore, sia una rappresaglia contro Gheddafi e il suo regime, il suo potere. Cosa che mi sembra molto distante dalla risoluzione O.N.U. che aveva determinato la cosiddetta No Fly Zone.

Allora, a che gioco stiamo giocando?

Mentre il Giappone lotta per difendersi dalla minaccia nucleare e si lecca le ferite di una catastrofe di dimensioni immani, qui – dall’altra parte del globo – piovono bombe e sfrecciano caccia.

Io sono convinto che la Libia debba essere liberata e penso che gli insorti debbano essere protetti e appoggiati, perché certe situazioni non sono tollerabili, in nessuna parte del mondo. Tuttavia, non vorrei che questa sacrosanta richiesta di aiuto venga utilizzata come pretesto per mettere in atto una politica di controllo delle risorse di cui quelle terre, invece che altre, sono ricche (prima tra tutte il petrolio).

Staremo a guardare l’evolversi della situazione, guardandoci sempre le spalle, perché la guerra, se non fosse chiaro, è dietro l’angolo.


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