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Già per 50/50 avevo riflettuto su come il tema del cancro fosse sempre più presente tra piccolo e grande schermo. Ora che la malattia sembra essere il male del secolo dopo la depressione (anche questa spesso e volentieri visitata dai cineasti), trova nel cinema un modo di essere sdrammatizzata, di essere capita e affrontata con nuovi mezzi. La tendenza è infatti quella di parlare di cancro in modo leggero -per quanto possibile- utilizzando i toni della commedia così da poter esorcizzare un fantasma tanto spaventoso.
Ma come riuscire a fare lo stesso per un tumore -al cervello poi!- che colpisce un bambino di solo un anno? Si può davvero evitare di scadere in facili pietismi affrontando di petto la situazione?
Se a farlo è il cinema francese sì!
Capace come poche altre cinematografie nazionali di trattare temi limite in modo sublime (Quasi amici è il caso emblematico, e pure Un sapore di ruggine e ossa non è da meno), oltralpe riescono nel miracolo di fare un film non tanto leggero, ma capace di ispezionare una realtà tanto cupa e asettica in modo splendente!
Il merito va tutto a Valérie Donzelli e Jérémie Elkaïm che non solo sono regista -lei- e sceneggiatori del film, ma ne sono protagonisti nella finzione e nella vita reale. Al loro figlio, così come a Romeo e Juliette nel film, viene diagnosticato un tumore raro alla base del cervello ad un anno di vita, dando poche speranze di guarigione. Per stare accanto al piccolo e per riuscire a far fronte alle spese mediche, i genitori stessi si trasferiscono a vivere all'interno dell'ospedale, con le paure e le tensioni del caso.
Più che sulla malattia del piccolo Adam, La guerra è dichiarata si sofferma sul rapporto che intercorre tra Romeo e Juliette. Dall'amore folgorante al primo sguardo, con la consapevolezza ironica del destino che li attende visti i nomi che portano, alla difficile ricerca di un equilibrio nella precarietà di un mondo che si sgretola e li accerchia. L'ansia e la forza di lei fanno da contrappunto alla pragmaticità e alla lucidità di lui, che come un faro li riesce a guidare senza perdersi nel lungo cammino che li aspetta: scherzando, ridendo, non lasciandosi andare a piagnistei ma cercando sempre in loro l'energia necessaria.
Alla fine l'amore, quello passionale, potrà anche esaurirsi, soffocato dalla solitudine a due, ma l'Amore, quello con la A maiuscola rimane. E questo è quello che importa!
La Donzelli racconta tutto questo con grazia femminile, mescolando i momenti divertenti a quelli -tanti- più commoventi, usando voci fuori campo riassuntive, musiche adatte e facendo un buon uso della macchina da presa. Quello che ne esce è così un gran film anche da punto di vista tecnico, che nel finale, così "francese" fa sorridere tra le lacrime.
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