Prima ancora di cominciare a descrivere irispettivi sistemi finanziari della Repubblica spagnola e dell'esercito di Francisco Franco, nel corso della guerra civile, José Ángel Sánchez Asiain, autore de "La financiación de la guerra civil española" fa la seguente riflessione: "La repubblica pagò il costo della guerra civile con i risparmi che gli spagnoli avevano accumulato in passato, mentre il governo di Burgos la finanziò con i risparmi futuri. Perciò gli spagnoli si videro obbligati a consumare, negli anni successivi alla guerra civile, per soddisfare tale debito di guerra".
A partire da tale assunto, nel libro viene svolta una dettagliata analisi degli aiuti finanziari ricevuti da ciascuno dei contendenti, quindi del sistema finanziario dei due territori, dei comportamenti delle banche e delle casse di risparmio, dei finanziamenti esterni, e dei differenti sistemi di raccolta fondi messi in opera da ciascun bando nelle rispettive società.
Una delle principali conclusioni che si possono trarre dalla lettura dell'opera, è quella per cui, da un lato, nessuno commerciò praticamente con la Repubblica, salvo l'Unione Sovietica e, in modo assai più discreto, la Francia. Dall'altro lato, il colpo di stato che provocò la guerra civile, e che ebbe la sua unica giustificazione nella consegna per cui si doveva "salvare la Spagna", venne finanziato integralmente dal capitale straniero che impose altissimi interessi. Come dire, un modo assai curioso di ... salvare la Spagna.
L'aiuto finanziario, monetario e bellico, ricevuto prima in qualità di cospiratori, poi di golpisti e infine come "esercito di Franco" nella guerra civile, va analizzato secondo tre fasi: la prima risale al 14 aprile del 1931, data della proclamazione della seconda repubblica; la seconda atterrebbe alla preparazione del colpo di stato del 18 luglio del 1936, e fino all'ottobre dello stesso anno, quando Franco rinuncia a prendere Madrid; e, infine, l'ultima fase, quella dei tre anni di guerra civile.
La cospirazione per porre fine alla repubblica era cominciata da subito, quel 14 aprile, quando un piccolo gruppo di "personaggi significativi" si era riunito in casa del conte di Guadalhorce (Rafael Benjumea, membro del direttorio civile di Primo de Rivera e poi presidente delle ferrovie spagnole durante la dittatura franchista) per rovesciare "con ogni mezzo" la nuova repubblica. Carlisti e monarchici cominciarono a definire il blocco ed i soci esterni necessari alla sollevazione del 18 luglio di cinque anni dopo. Va sottolineato che, nel 1932, i monarchici ottennero 20 milioni di pesetas, per la causa, dagli spagnoli residenti in Francia. Il piano venne formalizzato solo nel marzo del 1936, a casa dell'agente di cambio e di borsa, e deputato della CEDA, José Delgado. In quella riunione venne assicurato ai generali che il Vaticano avrebbe immediatamente riconosciuto il regime golpista, e, appena possibile lo stesso avrebbero fatto Germania, Italia e Portogallo.
Pertanto, i primi aiuti al colpo di stato del 18 luglio 1936 sarebbe ro venuti da tre fonti principali: dalla Navarra, da Juan March e dal Portogallo; senza contare l'inestimabile aiuto da parte dell'Italia, della Germania e da diverse banche. Senza queste tre fonti di finanziamento la rivolta sarebbe crollata in poche settimane.
Il banchiere e contrabbandiere Juan March, la cui famiglia disponeva di una grandissima fortuna, era l'uomo più ricco e più influente di tutta la Spagna del 1936 e non aveva nessuna remora a finanziare qualsiasi tipo di azione in grado di minare la repubblica spagnola. E' quasi impossibile, oggi, quantificare, la somma di denaro che March mise a disposizione dei generali che si erano sollevati. La cifra che azzardano storici e giornalisti varia dal miliardo di pesetas a quindici milioni di sterline, senza contare il suo finanziamento dell'intervento italiano a Maiorca. Si sa per certo che nei primi giorni del golpe, mise a disposizione del generale Molas la somma di seicento milioni di pesetas mediante un portafogli di titoli azionari. Il tutto, ovviamente, non senza stabilire vantaggiosi interessi per lui e per i suoi soci. Il banchiere si occupò anche di risolvere anche un problema di cruciale importanza per un conflitto militare: quello legato alla fornitura del carburante che doveva essere utilizzato dal cosiddetto "governo di Burgos". March offrì le garanzie necessarie alla Texaco che mandò i primi rifornimenti, da una parte, mentre smise, dall'altra, di continuare a fornire carburante alla repubblica, nonostante gli accordi che aveva firmato con questa.
Il sostegno, dato dal Portogallo alla sollevazione fu decisamente importante e generoso. Anche se a causa delle limitate risorse di cui disponeva, il suo aiuto, in quantità e regolarità, fu molto inferiore a quello fornito dagli italiani e dai tedeschi. Ciò nonostante si rivelò opportuno ed efficace, soprattutto nel corso delle prime critiche settimane. Il governo portoghese mise a disposizione dei golpisti ogni tipo di risorsa finanziaria (crediti da parte delle banche portoghesi) insieme ad un'ampia protezione politica e diplomatica. Senza contare la fornitura di armi al bando ribelle. Di fatto, il Portogallo diventò il destinatario formale per tutte le forniture belliche destinate a Franco dagli altri paesi. Tanto che fini per occupare il terzo posto mondiale, e il primo posto europeo, come cliente dell'industria bellica tedesca. Va aggiunto che il territorio portoghese diventò la retroguardia dell'appoggio logistico, servendo da tramite di comunicazione quando le zone controllate dai franchisti, in seguito al fallito colpo di stato, si ritrovarono separate in due distinti territori.
La Navarra, nel 1936, godeva di uno statuto speciale che gli consentiva l'autonomia legale ed il controllo economico e fiscale del proprio territorio. A partire da tale situazione, ls regione della Navarra fornì un importante, generoso e costante aiuto istituzionale ai golpisti. Come esempio, basta dire che solo tre giorni dopo il colpo di stato aveva lanciato un appello a tutti i navarresi, applaudendo "il patriottismo che si va a sommare alla causa del movimento salvifico in difesa della religione, della pace materiale e delle nostre libertà civili", annunciando misure immediate per porre "il buon funzionamento della società navarra al servizio della guerra". Il 24 luglio, il generale Mola ordinò che la Navarra fornisse un credito di due milioni di pesetas, per far fronte ai costi sostenuti per "il movimento volto a salvare la Spagna"; credito che poi, sarebbe stato cancellato senza che venisse ripagato. In soldoni, le imposte di guerra create dalla Diputaciòn di Navarra procurarono 13.942.813 pesetas che vennero messe a disposizione della "causa nazionale". Tale somma, fra le altre cose, servì ad acquistare areoplani per la difesa di Pamplona, per cancellare il credito di Mola, per mettere un automobile blindata a disposizione di Franco, per acquistare motociclette per il generale Varela, per dare una pensione di 1.840 pesetas alle figlie di Mola, per costi educativi e per pagare una fattura di 4.700 pesetas presentata dal Collegio degli Architetti basco-navarri per il loro progetto di chalet per la vedova del generale Mola, che nel frattempo era morto.
Un'altra importante fonte di finanziamento per la rivolta provenne dalle donazioni fatte da un gruppo molto selezionato di carlisti, ben messi dal punto di vista economico, fra i quali si possono citare: Joaquín Baleztena, Miguel María Zozaya e Fernando Contreras.Ma quello che fu veramente un'eccezionale fonte di finanziamento, va identificato nel sistema regolare di quote che i carlisti stabilirono di versare a partire dal 1934, secondo il quale ogni affiliato doveva pagare al "Tesoro della Tradizione" una somma per lo meno uguale a quella pagata, per imposizione, allo Stato.
Il politico catalano, cofondatore e leader della Liga Regionalista, Francesc Cambó, descritto da Romanones come "il miglior politico del XX secolo", contribuì a raccogliere all'estero 410 milioni di pesetas per finanziare i golpisti; contribuì inoltre ad ottenere crediti che arrivarono fino a 35 milioni di dollari. Nonostante le minacciose e roboanti frasi, pronunciate attraverso Radio Sevilla da Queipo de Llano (che diceva, per esempio, che la sigla URSS significava Unione Rabbinica dei Saggi di Sion), le grandi famiglie ebraiche di Melilla "destinarono ingenti somme di denaro alla causa franchista". Franco, che stava contrattando crediti con la banca ebraica di Tetuàn e Tàngeri, si vide costretto a sconfessare le emissioni di Mola ed il 15 agosto del 1936 scrisse una lettera al Consiglio Comunale Israelita di Tetuàn chiedendo loro di non voler prestare attenzione alle emissioni radio antisemite.
Al di là del notevole aiuto militare dato dall'Italia a Franco, se ci si concentra sull'aiuto finanziario, emerge che, una volta finita la guerra, i rappresentanti italiani e spagnoli valutarono che il totale del credito messo a disposizione dall'Italia ammontava a 6.926 milioni di lire, poi generosamente conteggiato in soli 5.000 milioni da restituire sotto forma di forniture belliche fino al 31 dicembre del 1939. Il resto venne condonato con accordo firmato l'8 maggio del 1940.
La richiesta ufficiale di aiuto alla Germania venne fatta il 21 luglio del 1936, per mezzo di Johannes Bernhard che venne ricevuto da Franco, sapendo che era in condizione di contattare direttamente Hitler. La richiesta poi, venne appoggiata da Goering e da Blomberg tanto "per simpatia verso i sentimenti anticomunisti di Franco, quanto per utilizzare il conflitto spagnolo come laboratorio per poter migliorare le tecniche degli eserciti tedeschi." Goering suggerì ad Hitler che in cambio avrebbe anche potuto ottenere dalla Spagna i minerali di cui tanto necessitava. Su questa base, il 20 marzo 1937, i ribelli firmarono con Hitler un Protocollo di Amicizia. Una parte significativa del debito che la Spagna contrasse con la Germania venne pagata per mezzo di esportazioni spagnole verso la Germania stessa, soprattutto di minerali. Una volta terminata la guerra, il debito venne stabilito dai soli tedeschi in 372 milioni di marchi, incluso il costo della Legione Condor valutato in 99 milioni di marchi. Ad ogni modo non si arrivò mai ad un comune accordo per calcolare l'importo, anche se si arrivò ad una soluzione politica nel 1941 che permetteva ai tedeschi di poter fare acquisti in Spagna senza pagare l'importo. E minerali, olio e arance, tra le altre cose, venivano inviate in Germania senza che potessero generare valuta estera per l'economia spagnola.
Sociedade Geral de Comércio, Industria e Transportes Limitada: questa holding portoghese dispose un credito fino a 175.000 sterline a favore dei golpisti, l'8 agosto del 1936, con un interesse del 5,5% annuo.
Compañía General de Tabacos de Filipinas: dispose un credito di un milione di dollari, poi aumentato di altri duecentomila dollari. Concesso, senza interessi, il 22 ottobre 1936.
Kleinwort, Sons & Co: la banca inglese concesse un prestito di 800.000 sterline con un interesse del 4% annuo, il 15 settembre del 1937; e dopo solo un mese, un altro credito di un milione e mezzo di sterline con un interesse del 3% annuo.
Société de Banque Suisse: Un milione di sterline, il 20 ottobre 1938.
Caixa Geral de Depósitos: la banca portoghese concesse un credito di 50 milioni di escudos portoghesi, il 28 febbraio del 1939, al 4% annuo.
Consorzio Banche Italiane: Indipendentemente dall'aiuto prestato dallo stato italiano, un consorzio di banche presiuduto dal Banco d'Italia, con la collaborazione delle banche Hispano Americano y Español de Crédito, mise a disposizione 125 milioni di lire, il 20 novembre 1937, arrivando ad un totale di 300 milioni di lire nel 1939.
Il debito estero, come strumento di finanziamento della guerra, fu un importante fonte di risorse per il bando dei militari golpisti, ma contribuì assai poco alle finanze della repubblica.
La prima operazione di tal genere di cui si è a conoscenza, avvenne nel luglio 1938, quando si cercò di immettere sul mercato delle obbligazioni al 3,5%. Un'operazione che non andò a buon fine per il rifiuto da parte delle banche internazionali di dare sostegno all'operazione. Per la repubblica, quindi, fu quasi impossibile andare all'estero in cerca di prestiti o di sovvenzioni. Anzi, alcune grandi banche estere si dedicarono a boicottare e ad ostacolare tutte le sue operazioni finanziarie. Nel libro, vengono riportati vari esempi di boicottaggio da parte delle banche, nei confronti della repubblica. Quello messo in atto dalla britannica Midlang Bank Barclays, per esempio, che arrivò a giustificarsi con "la politica della monarchia" inglese per boicottare la repubblica. Ma anche la Martin's Bank e la British Overseas Bank, entrambe statunitensi. Ragion per cui, la repubblica non poté servirsi di Wall Street, e neanche della City di Londra, visto che fin dall'inizio della guerra entrambi i mercati le furono apertamente ostili, sebbene avesse rispettato rigorosamente tutti i suoi obblighi finanziari internazionali.
A questo punto, la principale fonte di finanziamento che rimaneva era la riserva d'oro del Banco de España, con sede a Madrid. Secondo i calcoli dello storico Ángel Viñas, il 18 luglio 1936 il Banco de España possedeva 708 tonnellate d'oro fino, delle quali 638 erano a Madrid, altre 53 si trovavano nella succursale di Mont de Marsan del Banco de Francia ed il resto nelle mani di altre sedi sparse. Il valore in dollari era di 718 milioni, cosa che se si escludeva l'Unione Sovietica, collocava la Spagna al quarto posto nella classifica dei paesi occidentali, dopo gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito. Dal 18 luglio 1936 fino al gennaio del 1937, il Banco de España aveva sottoscritto col Tesoro nove contratti di finanziamento, per un totale di 290 milioni di pesetas, che si erano tradotti in 12 operazioni di vendita d'oro, in moneta o in lingotti, per un totale di 580 milioni di pesetas; l'equivalente di 168,4 tonnellate d'oro fino. Tutte le operazioni con destinazione Banco de Francia. La contropartita in valuta, ricevuta dalla Spagna, ammontava a 3.922 milioni di franchi. Il 6 ottobre del 1936, un accordo del Consiglio dei Ministri autorizzò il presidente del Governo, Largo Caballero, ed il ministro dell'industria, Negrin, a trasferire l'oro fuori dal territorio patrio. Il 25 ottobre, 7.800 casse contenenti 510 tonnellate d'oro furono imbarcate con destinazione Odessa, e da lì trasferite in treno fino a Mosca, dove venne formalizzata la consegna: l'oro spagnolo venne depositato nel Deposito di Metalli Preziosi di Stato del Commissariato del Popolo presso l'Industria. La giustificazione per il trasferimento era l'incapacità, da parte della repubblica, ad ottenere armi sul mercato internazionale ed il rifiuto di aiuto da parte delle potenze occidentali. Già fin dal 19 luglio stesso, l'allora presidente Giral aveva inviato un telegramma al presidente francese Blum, sollecitando urgentemente armi. Ma l'aiuto della Francia fu assai parziale e clandestino. La Gran Bretagna, direttamente o indirettamente, aiutò la caduta della repubblica. Il Messico, al contrario, l'appoggiò; non aderì al patto di non intervento e nonostante le sue limitate risorse il generale Lázaro Cárdenas del Río inviò ai repubblicani 20 mila fucili mauser, 20 milioni di cartucce e forniture varie. Ma alla fine dovette essere l'Unione Sovietica la principale fornitrice d'armi. Con l'oro, oramai già a Mosca, vennero pagati gli armamenti ed il materiale bellico che venne fornito, con un'operazione puramente commerciale, alla Spagna. Fra l'altro, con lo stesso oro vennero pagate anche i rifornimenti precedenti di altri paesi, l'aiuto da parte della Russia per creare un'industria bellica in Spagna, i salari del personale sovietico in Spagna, i sussidi e le pensioni alle famiglie dei caduti e l'addestramento in Unione Sovietica degli specialisti destinati all'esercito popolare in Spagna.