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la guerra è roba da pazzi

Creato il 17 marzo 2010 da Eratostene
Può essere questo il messaggio di The Hurt Locker di Kathryn Bigelow (Usa 2008), neovincitrice dell'oscar: sulla scia di Redacted di De Palma e con echi della seconda parte di Full Metal Jacket, hai ragione a dire che non sembra un film girato da una donna. L'assenza di un'evoluzione narrativa - il tempo è scandito solo dal countdown dei giorni restanti alla fine della missione - ricalca quella della realtà di guerra: non esiste alcun senso né possibile unità e coerenza, ma ogni giorno ha la sua pena. Il protagonista è un artificere, che si trova a suo agio solo su un campo di battaglia nella quotidiana e consapevole personale sfida adrenalinica con la morte: la sua pazzia (e studiata incoscenza) di fondo è evidente (e il suo caposquadra gli dice di aver capito che "è stato ripescato dalla spazzatura"), ma è l'unico modo per uscire vivi e tornare a casa sani e salvi. Tuttavia, la vita da americano medio è per lui più tremenda del fronte (l'immenso scaffale dei cereali annichilisce anche lo spettatore), e mentre gioca con il figlio neonato gli spiega la sua filosofia di vita: una progressiva e drastica riduzione delle cose che contano, che nel suo caso si riducono ad una sola. La guerra è per lui l'unica e vera ragione di vita, non la famiglia o il figlio, come invece gli confessa in lacrime il suo caposquadra l'ultimo giorno a Bagdad dopo aver rischiato la morte. Il finale con lui che avanza nel proprio scafandro antibomba verso il pericolo del primo dei 365 giorni della nuova missione è il giusto e tremendo finale.
(Da ricordare poi anche la scena nel deserto, quasi da western, che comunica davvero la sete, la precarietà e la sofferenza dei soldati americani.)

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