Sabina Guzzanti è stata condannata in primo grado a versare 40.000 euro a Mara Carfagna, per averla diffamata nel 2008, quando disse – durante il No-Cav Day – che l’allora ministra delle Pari Opportunità aveva fatto carriera politica concedendo le proprie grazie. Lo disse in maniera più brutale di così a dire il vero. La Carfagna a quell’insulto sgranò ancoro di più i suoi occhi spiritati e scelse la via della querela. Allora si disse, pur di giustificare l’ingiustificabile e l’insulto infamante, che si trattava di satira. Il giudice evidentemente si deve essere divertito quanto la Carfagna.
La famosa solidarietà femminile non trovò nessuno sbocco, il “se non ora quando” era ancora al di la da venire (altrimenti, ipotizzo, avrebbero preso le difese di Sabina), i pochi che a sinistra non si accodò furono Ritanna Armeni e Piero Sansonetti, quest’ultimo etichettò l’uscita livorosa di Sabina Guzzanti per quello che era: una gretta accusa sessista.
Badate bene: non si tratta di difendere l’operato politico, invero impalpabile, di Mara Carfagna, né tanto meno di fiancheggiare una politica tardo-berlusconiana che ha puntato quasi tutto su una politica di immagine e di rappresentanza, lasciando i contenuti in un cassetto. Si tratta bensì di poter affermare che se una donna bella e magari appariscente ottiene un posto di prestigio, è perché è stata più brava di altri, senza fare a tutti i costi l’equazione Bella e Potente = L’ha Data a Qualcuno. Il perché è semplice, perché puzza di maschilismo greve e che a mio modo di vedere nasconde anche punte di misoginia, che non fanno certo onore una società civile che punta a riconoscere alla donna un ruolo paritario anche nei fatti oltre che nelle intenzioni. Non basta predicare bene con le quote rose e razzolare male approvando l’insulto sessista. Ciò che sconcerta sul serio è che siano le donne stesse, o meglio alcune di esse, a alimentare questo retropensiero, vuoi per invidia, per superficialità o per mera opportunità politica.
Se aguzzate la vista noterete che sono gli stessi che hanno messo al primo punto della loro agenda le dimissioni della igenista dentale Nicole Minetti. La quale, come tanti altri, non ha probabilmente le capacità per ricoprire un simile incarico, ma è risibile far pensare che un gesto simile possa emendare il vitalizio e i vizi di una intera categoria.
Martin Sileno (redattore)