11 maggio 2012 di Denis Michelotti Lascia un commento
Edwige Gwend in azione durante gli Europei di Vienna
Solare, sorridente, umile e disponibile. Si presenta così Edwige Gwend, ventiduenne judoka italiana di origini camerunesi e argento agli ultimi europei di categoria, che quando si è avvicinata per la prima volta allo sport non avrebbe mai immaginato di poter arrivare a gareggiare alle prossime Olimpiadi. Durante l’incontro con gli studenti del Master Sport, in cui si è parlato, grazie anche alla partecipazione di Massimiliano Benucci della FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali), delle nuove tecnologie che la Federazione ha adottato e intende adottare per migliorare il proprio lavoro e per diffondere la pratica delle discipline che rappresenta, l’atleta ha raccontato come è venuta a contatto con quella pratica sportiva che le ha permesso di staccare un biglietto per Londra 2012.
Cresciuta in una famiglia di calciofili, all’età di sei anni Edwige ha deciso di frequentare la palestra nelle vicinanze di casa sua per “fare qualcosa di diverso”. Così, quasi per caso, è nata la passione per il judo, che con il passare degli anni è diventata anche un lavoro. Oggi si allena quotidianamente facendo potenziamento muscolare la mattina e tecnica di pomeriggio in vista delle gare olimpiche che si terranno a cavallo tra luglio e agosto nella capitale inglese. Il suo è un lavoro nell’ombra dato che gli atleti degli sport cosiddetti minori non hanno i riflettori puntati regolarmente addosso come accade in altre discipline. Alla ribalta delle cronache solitamente ci va solo chi vince una medaglia olimpica e soltanto nel breve lasso di tempo in cui l’attenzione mediatica verso i giochi è elevata. Edwige, in ogni caso, con il suo fare spensierato ci dice che “di certo non andrò a Londra solo per vedere la cerimonia di apertura, ma il podio non è un’ossessione, anche perché nel judo femminile c’è molto equilibrio e quindi meglio rimanere con i piedi per terra”. Poi, strizzando l’occhio, aggiunge: “e comunque ho 22 anni, spero proprio che non sia la mia ultima Olimpiade…”. A sentirla parlare, Timon e Pumba del Re Leone esclamerebbero un bel “hakuna matata”. La Gwen risponde con tutta tranquillità e con il sorriso sulla labbra anche quando le viene chiesto se è mai incappata in episodi di razzismo nell’ambiente sportivo come accade purtroppo, ad esempio, nel calcio. “Nel judo c’è meno riscontro mediatico rispetto al mondo del pallone e quindi è difficile fare un parallelo”, spiega, “però per quanto riguarda la mia esperienza personale per fortuna non sono stata vittima di discriminazioni”.
Lo sport, se sfruttato a dovere, ha il grande pregio di essere uno strumento di aggregazione sociale e di favorire l’integrazione. A malincuore bisogna però ammettere che tale potenziale potrebbe essere sfruttato maggiormente. Edwige Gwend ci dà ragione e dichiara che “effettivamente si potrebbe fare di più, ma il judo gode, come detto, di poco risalto e quindi è difficile comunicare su larga scala”. In merito aggiunge: “in ogni caso, nel nostro piccolo, nella palestra in cui mi alleno c’è molta attenzione da parte di tutti a certe tematiche ed essendo frequentata anche da molti bambini si riesce a trasmettere loro dei messaggi positivi in un momento cruciale della loro vita”. Parole sante. L’appuntamento è quindi per Londra 2012: forza Edwige!
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