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1 - Parole.
Non invidiarmi.
Non invidiare la mia casa, accogliente e ordinata. I maligni la dicono piccola; ma piccola rispetto a cosa, o a chi?
Non certo piccola rispetto a me. Non più di quanto sia la conchiglia per il paguro o il carapace per la testuggine. Se io cresco, la mia casa cresce con me. Oppure, se mi va, posso cambiarla. A piacimento solo mio.
Posso lasciarla austera, se il mio umore vuole, o glorificarmi nel più meraviglioso dei palazzi. Posso variarne la forma come il più pazzo o incosciente degli architetti non potrà mai. Libero dalle regole della statica da cui tu ti lasci soggiogare. I miei detrattori insinuano che io non ne sia capace, sostenendo che nessuno abbia mai potuto osservarne le modifiche.
Ma, che modifiche? Questa, di casa, preferisco. Non provo alcun bisogno, né ricordo di averne mai provato, di ostentare le mie capacità.
Non invidiare neanche quelle. Anche se so bene che siano magnifiche. Ricordo quando mi accorgevo di ciò che posso. La mie azioni mi erano normali, e ne vedevo la grandezza nella meraviglia di chi le osservava. Dunque le allenavo, mi potenziavo, miglioravo. Perché, t'indovino a chiedermi, quando sostengo l'effimero di tutte le cose?
Perché ho pensato di poter compiere cose stupefacenti. Le mie imprese destarono ammirazione, e l'invidia che ora chiedo a te di non provare. Ho pensato per un istante che quello potesse essere il mio appagamento, e il mio destino. Attraverso le mie gesta e le mie opere potevo ottenere non tanto glorie e onori, frammenti spiccioli di eternità; quanto ciò che pure a lungo mi stette più a cuore.
L'approvazione. Totale, definitiva, priva di dubbi. La sensazione di sentirmi completamente approvato, più che ammirato. Lo ammetto: in altri tempi mi è stata vitale. L'ammirazione non è che una patina. Ciò che più conta è l'approvazione, e io nella mia vita certamente ne sono stato oggetto.
Ma tu non invidiare neanche questo. Non farlo mai, per quanto possa inebriarti l'approvazione altrui, se mai sei arrivato ad averne, o per quanto ti inebri la sua mera ricerca. Perché quando la trovi, e te ne senti appagato, non puoi non chiederti chi abbia conferito a chi ti approva l'autorità di approvarti.
Chi sono, questi avventori? cosa sanno della tua arte? cosa credono di comprendere, della tua vena? Da loro non voglio premi di fango e latta, non voglio consegnarmi al loro giudizio, non voglio rischiare di essere irriso, io, da un filisteo incompetente, per una mia occasionale distrazione.
Quindi mi fermo, nell'esoscheletro della mia casa, che mi sono costruito a mia misura. È questo il mio potere; non operare magie per allocchi, ma saper prevedere esattamente ciò di cui ho bisogno, e conoscere con precisione ciò che più mi piace.
E tu, solo per questo adesso scrivo, non devi invidiare in me nemmeno la facoltà magnifica di saper vedere e capire in ogni angolo di tutte le cose.
Perché c'è un punto, un punto solo, in cui non vedo. Non distinguo nemmeno se sia lontano o vicino. Se sia coperto dai miei sforzi o in evidenza, in bella mostra al pellegrino stanco che voglia riposarsi appoggiandoci i gomiti, o al villano che decida di sputarci addosso.
Per questo ora sto chiuso nella mia casa, e quando mi sposto per le intemperie del caso lo faccio con la svelta goffaggine del paguro, o con la lentezza ottusa della testuggine. Facendomi irridere, e ridendone e piangendone io stesso.
Non c'è tifone o uragano, non c'è tempesta di sabbia o tromba d'aria, che possano stanarmi. Non colpi pesanti né tocchi gentili mi faranno aprire l'uscio.
Non puoi avere invidia per un'entità onnipotente, ma vulnerabile alla carezza. Lamiere si sciolgono, corazze svaniscono, per calcolo sapiente o, forse peggio, contatto inconsapevole.
Ed eccomi al servizio della mano che per studio o fatalità ha saputo sfregare la mia lampada. Depredato dalla velocità, inerme più di un neonato, scervellato e cieco, ad eseguire ciò che credo di dovere.
Perché senza desideri io, io non vivo.
2 - Musica.
La lampada di Asterione by OID music
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