Cambiare prima maglia, divisa da trasferta o tenuta da coppa a ogni nuova stagione. Una cosa così abituale nel mondo del calcio-merchandising che ormai non fa più notizia e, quando lo fa, è peggio. “Hai visto quanto è brutto l’effetto jeans del Napoli?” “Terribile il verde Stabilo Boss della terza maglia Juventus!”
Per fortuna le eccezioni ci sono anche in questo settore. La Lazio ha, infatti, deciso di usare nel girone di ritorno del campionato 2014/15 la maglia con l’aquila stilizzata, ovvero la copia fedele, sponsor a parte, di quella usata in B nelle annate calcistiche 1982/83 e 1986/87. Eccezione, perché la maglietta è bella e perché ha un valore affettivo, visto che la Lazio dell’ottantasette riuscì in modo drammatico ad evitare, nonostante una pesante penalizzazione, la retrocessione in C1, . Cosa difficile da far credere a chi negli ultimi venti anni ha visto la società biancoceleste stabilmente nei quartieri alti della Serie A e ha assistito alla vittoria di uno scudetto, di una Coppa delle Coppe, di una Supercoppa Europea e di numerose Coppe Italia. Per questo la storia di quella stagione meritata di essere ricordata, sin dall’inizio.
Estate 1986. La Lazio, retrocessa dalla serie A al termine dell’annata 1984/85, non ha disputato un campionato di B adeguato alle aspettative, ma -cosa peggiore- si trova come nel 1980 invischiata in un nuovo scandalo legato al giro delle scommesse clandestine. Non ci sono vittime illustri come Albertosi, Giordano o Paolo Rossi, né retrocessioni forzate dalla A a B[1], ma vengono inflitte sanzioni che vanno dalla non promozione in A (vedi Lanerossi Vicenza e Triestina) a punti di penalizzazione da scontare nel successivo torneo (Udinese in A, Cagliari e Triestina in B, Perugia in C1[2]). La Lazio paga la colpevolezza del suo tesserato Claudio Vinazzani e la “responsabilità oggettiva e presunta”, come recita la sentenza, per le gare fuori casa con Sambenedettese, Cremonese, Empoli e Palermo e per quella casalinga con il Pescara. La condanna alla C1, rimediata in primo grado, diventa in appello una Serie B con nove punti di penalizzazione, che non son pochi in regime di due punti a vittoria.
Fiorini esulta dopo il gol vincente al L.R.Vicenza
La panchina è affidata a Eugenio Fascetti, reduce da un terribile anno di A alla guida della matricola Lecce. In rosa un po’ di gente esperta tipo Terraneo, Fiorini e Domenico Caso, e qualche ragazzo interessante, come Gregucci, Gabriele Pin o Mandelli. Partire bene è fondamentale. Dopo otto giornate si oltrepassa la quota zero e, nonostante le insidie che un campionato super equilibrato come la B propone, la salvezza sembra alla portata. Alla giornata 28 Giuliano Fiorini dà la vittoria all’Olimpico contro il Cesena e la classifica dice: Cremonese 34, Cesena, Pescara, Parma, Pisa e Genoa 32 e più sotto Lazio tredicesima a 25 punti. Più nove fanno 34, la Lazio senza penalizzazione sarebbe, dunque, prima, ma Fascetti grida: “Non siamo ancora salvi”.
Il buon Eugenio ha proprio ragione. Due pareggi e poi l’inattesa sconfitta all’Olimpico contro l’Arezzo fanno ripiombare i biancocelesti nell’incubo C1. Tra alti e bassi la Lazio arriva a giocarsi tutto col Lanerossi Vicenza all’ultima giornata: i veneti sono avanti di uno, ma la partita è all’Olimpico. Senza vittoria è C1 assicurata, con un successo si può sperare. I veneti mettono su una sorta di catenaccio gigantesco, come lo descrive l’inviato dell’Unità. Rimasti in dieci per l’espulsione di Montani al 67′, rimangono aggrappati al portiere Dal Bianco, che normalmente siede in panchina, finché all’82’ Fiorini in scivolata da pochi passi non mette dentro. Un modo per entrare nella storia della Lazio dalla porta principale, per l’attaccante che nel 2005 un male incurabile porterà via a soli 47 anni.
La vittoria non basta. Il Catania ha perso a Cesena ed è finito in C1 insieme al L.R. Vicenza e al già condannato Cagliari, ma a 33 ci sono con la Lazio anche Taranto e Campobasso: una di queste sarà la quarta retrocessa. Tre match giocati tutti al San Paolo di Napoli decideranno il tutto.[3] Si inizia con Lazio-Taranto il 27 giugno. I rossoblù di Veneranda hanno fatto un girone di ritorno strepitoso e possono avvalersi di due giocatori cui la B va stretta: Pietro Majellaro e Totò De Vitis. Majellaro è assente
dall’incontro per squalifica e questo spinge gli ionici a essere guardinghi e agire di rimessa. La Lazio sembra svagata ed è proprio De Vitis al 65′ a punirla, segnando l’unico gol del match, su corta respinta di Terraneo. Il pareggio per 1-1 firmato da due bolidi, rispettivamente del molisano Evangelisti e del tarantino Paolinelli, significa una sola cosa: per i laziali, contro il Campobasso, serve nuovamente un solo risultato, la vittoria. 5 Luglio (San Paolo).Questa volta la sofferenza dura meno, solo un tempo e poco più. Tutto si decide in due minuti. Al 51′ il nuovo entrato Boito è solo in area di rigore, ma il suo colpo di testa debole è bloccato da Terraneo. La Lazio torna in attacco, schiaccia gli avversari e su cross di esterno sinistro di Piscedda la testa di Fabio Poli sigla il secondo gol che vale una stagione ed evita l’inferno della C1.
La stagione successiva arriverà, sempre con Fascetti, la promozione in A e si getteranno le fondamenta di quell’altra Lazio, cui gli ultimi anni ci hanno abituato e che neanche gli scandali che hanno travolto Cragnotti hanno riportato nel purgatorio della Serie B.
federico
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[1] Al termine della stagione 1979/80 il Milan (3° in classifica) e proprio Lazio (13°) retrocessero in B per delibera della C.A.F.
[2] Gli umbri, retrocessi sul campo dalla B alla C1, ricevono una penalizzazione di 15 punti da scontare nel campionato successivo, ma preferiscono ripartire dalla C2 con due soli punti di penalizzazione
[3] Quella stagione in Serie B si disputa anche un lungo spareggio per designare la terza squadra promossa in A
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