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La leadership e la sindrome del Titanic

Creato il 21 marzo 2013 da Tabulerase

La leadership e la sindrome del Titanic tabule rase

leadership
To lead è il verbo da cui deriva etimologicamente la parola Leadership, cosa si intende e come si definisce il concetto di Leadership? Senza risalire agli antichi greci Solone e Licurgo cui possiamo affibbiarne la paternità, passando per le variegate forme descritte con altrettanti diversi punti di visione da Weber, Durkheim ed ovviamente Machiavelli, possiamo sicuramente caratterizzarne i tratti con la capacità di parlare ed ascoltare, di attrarre e riuscire a mediare tra i bisogni individuali e le esigenze del gruppo, con la riconosciuta capacità di attenuare e risolvere i conflitti.

Nella sua accezione negativa evidenziata da Max Weber assume anche caratteri dittatoriali e quindi dovrebbe avere un tratto temporale di straordinarietà, certo che in una società sana ed evoluta democraticamente la figura “forte” di un leader è avvertita molto meno che in tempi di crisi come gli attuali, dove si cerca un punto di riferimento che non si trova più nel totale scollamento tra cittadini ed istituzioni. Proprio per questo il leader non è tale se viene imposto, la sua capacità è di farsi riconoscere e seguire spontaneamente dai sostenitori, di farsi interprete indiscusso delle loro esigenze, deve sicuramente possedere innate doti di public speaking che possono essere peraltro migliorate ed affinate con il tempo e l’esercizio.

Sicuramente possiamo vedere gli effetti della Leadership nei recenti risultati elettorali, gli errori di valutazione di Bersani e della direzione del PD evidentemente schiacciata da un’errata convinzione di ineluttabile vittoria si sono incatenati uno all’altro. Al momento della caduta del governo Berlusconi, la decisione di non andare subito alle elezioni per un presunto “senso di responsabilità” si è rivelata la madre di tutte le sconfitte, con un vantaggio di quasi 20 punti percentuali avrebbe dominato entrambi i rami del Parlamento, al contrario la scelta di sostenere un governo tecnico a guida Mario Monti ha permesso al Movimento 5 Stelle di Grillo di fare un vero e proprio “tsunami” di piazze piene e messe di voti, a Berlusconi di rimettere insieme le fila dei suoi riallacciando perfino i rapporti con una Lega ridotta ai minimi termini e come ciliegina sulla torta, a Mario Monti che dopo avere assicurato sia a sinistra che a destra mai e poi mai si sarebbe ricandidato, di formare una coalizione che comunque ha raggranellato quasi un 10% di voti rosicchiandoli ai partiti storici.

La mancanza di Leadership del segretario PD si è rivelato il punto debole e negativamente determinante della campagna elettorale, di fronte ad un Caimano che è risorto dalle ceneri e con promesse tanto mirabolanti quanto assurde e contraddittorie, quel bravo uomo di Bersani si è limitato a confusi bofonchiamenti e battute scontate più adatte al bar Centrale che ad un vero competitor, Renzi che, al di là di idee più o meno condivisibili, aveva già fatto vedere le stimmate del Leader dimostrando come riuscisse a parlare e a farsi ascoltare dalla gente, è stato accantonato con delle primarie teleguidate dagli apparatchik del partito a favore del segretario incarica e della sua nomenklatura. Nei rari casi in cui gli si è data possibilità di ribattere alle follie oratorie di Berlusconi, ha dimostrato di essere l’unico oltre a Grillo di avere la capacità dialettica di tenergli testa.

Qui si inserisce anche quella che potremmo chiamare la “Sindrome del Titanic”, l’innata capacità di un Leader di prevedere lo svolgersi degli eventi, il sesto senso che avverte il condottiero sulla strategia da seguire per arrivare alla vittoria. Nel caso del PD di Bersani purtroppo qui si è evinta tutta l’incapacità politica della sua leadership, sordo anche agli avvertimenti di Civati rispetto alla marea montante del M5S, cieco di fronte alle manovre di resurrezione del PDL, con gli occhi e orecchie chiuse davanti ai segnali dal centro del crearsi di una coalizione Monti, è andato avanti preoccupandosi più del giochino delle primarie interne che delle elezioni nazionali. E quando sono apparse le prime crepe nella ferrea certezza di vittoria della sinistra, le risposte sono state perfino peggiorative rispetto l’iceberg cui stavano andando incontro, le improvvide aperture a Monti hanno indispettito la parte della coalizione che fa riferimento a SEL e gli elettori di sinistra in generale, altre caute aperture ad un eventuale governissimo da parte dalemiana hanno fatto il resto, in generale mentre l’elettorato si aspettava una guida sicura, si è data l’impressione di una Leadership incerta e ondivaga in preda a paura e confusione, tutto il contrario di quello che ci si aspetta da un capo.

Mentre il triste spettacolo di sale e spazi semivuoti alle convention del PD con il contraltare di folle festose nelle piazze del M5S con lo zenith degli 800.000 presenti alla chiusura romana dello “Tsunami tour” facevano il giro del mondo, l’unica frase che usciva dal segretario PD era “smacchieremo il giaguaro”. Accecati dalla certezza di una vittoria che si allontanava sempre di più sull’onda di eventi facilmente individuabili ad un attento osservatore, avvinti da un cieco anti-berlusconismo che li ha distratti dagli altri movimenti del panorama politico, i risultati sono quelli con cui ci troviamo a fare i conti adesso e se non fosse stato per quel 0,4% in più alla Camera sarebbero stati una vera e propria Caporetto.

In sintesi si è visto come, giusto o sbagliato che sia, una forte e credibile Leadership con il potere di coagulare masse e consenso, sia superiore a qualunque idea o proposta per valida che essa sia, come la capacità di evitare la “Sindrome del Titanic” avvertendo l’arrivo dell’iceberg e variando in conseguenza la rotta del proprio vascello  in funzione del pericolo percepito sia fondamentale per l’arrivo in un porto sicuro, e per finire come un cieco anti-berlusconismo si riveli ben più foriero di disastri dell’anti-politica.

Chiedere ed aspettarsi che anche a sinistra si decidano a mettere in campo una figura in grado di porsi alla guida di un movimento che nella bilancia politica del paese faccia da contraltare al Caimano ed alle ribellioni elettorali di tanti cittadini ora identificatisi nel Movimento 5 Stelle è forse chiedere troppo?

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