Che sotto le armature, le cotte di maglia e gli elmi cornuti non battessero in realtà dei cuor di leone lo si era sempre sospettato, ma la nuova fuga dalle responsabilità che la Lega Nord si appresterebbe a compiere potrebbe dimostrarlo definitivamente, come pure dimostrerebbe che il partito inventato da Umberto Bossi è molto lontano da essere una forza progressista e rivoluzionaria, combattendo invece una guerra a favore della conservazione di un sistema che non funziona, ma regala privilegi a quelli che sono evidentemente considerati i propri elettori (e a questo punto veri e propri clienti).
Fu già nel 1994, all'epoca del primo governo Berlusconi, che posto davanti alla necessità di compiere una riforma pensionistica veramente efficace, che riportasse cioè in equilibrio i conti degli enti preposti e i diritti di tutti i cittadini, sia di quelli già in pensione sia di quelli che in pensione ci andranno tra qualche decennio, la Lega mollò il governo per paura dell'impopolarità.
Il copione sembra riproporsi pari pari in questi giorni, di fronte ad una manovra finalmente definitiva sul sistema pensionistico, che anche quella del governo Dini succeduto a Berlusconi nel 1995 fu l'ennesima parziale risposta ad un problema ineludibile, e con toni addirittura più melodrammatici e grotteschi.
"Se tocchiamo le pensioni ci ammazzano" dice il povero Bossi, che deve essere evidentemente rimasto scosso dopo aver visto le cruente immagini della morte del colonnello Gheddafi.
Ma Bossi dovrebbe rassicurarsi, perché non solo l'Italia non è la Libia, ma anche più certamente lui non ha la statura da dittatore del defunto Rais libico, al quale almeno ha dimostrato in tutta la sua vita che il coraggio non gli mancava.
Nella fuga davanti alla responsabilità di compire finalmente un vero atto di governo, che dia giustizia alle nuove generazioni di precari, che rischiano di lavorare solo per pagare gli assegni agli attuali pensionati per restare con un pugno di mosche in mano nel momento di lasciare loro il lavoro, il Senatur che ce l'aveva duro trova i suoi naturali alleati nei sindacati, che ormai hanno tra i loro iscritti quasi solo pensionati ed immigrati, e le forze più reazionarie e conservatrici dell'estrema sinistra. Una alleanza di fatto che dovrebbe far pensare i molti simpatizzanti leghisti.
I simpatizzanti, perché i leader o presunti tali del movimento non sembrano in grado di affrontare nessuno dei problemi reali del paese, riuscendo soltanto ad esprimersi con rodomontate sempre meno credibili, semmai lo sono mai state, sulle proteste e le sollevazioni in armi dei popoli padani, che al massimo fanno avanzare pesanti dubbi sul tasso alcoolemico del sangue di chi le pronuncia.
Nel frattempo nessun leghista si è mai attivato per arrivare a tagliare effettivamente i costi della politica di quella Roma ladrona, così a lungo invocati ma mai realizzati: forse perché sono loro oggi a godere di quei privilegi che un tempo erano così fortemente contestate?