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La Legge è OVALE per tutti: Quirinale docet - Il Fatto della Settimana

Creato il 21 giugno 2012 da Matteviola90
La Legge è OVALE per tutti: Quirinale docet - Il Fatto della Settimana La diciottesima puntata del Fatto della Settimana. Ecco la descrizione, sotto trovate il video e l'articolo. Se volete iscrivervi al canale youtube del Fatto: http://www.youtube.com/user/IlFattoSettimana
"Sapevamo che il processo sulla Trattativa Stato-Mafia avrebbe disturbato il sonno di politici ed ex-rappresentanti delle Istituzioni; sapevamo che in molti avrebbero fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote alla Magistratura e che il compito dei pm di Palermo sarebbe stato tutt'altro che facile; sapevamo che sarebbe partita la corsa al 'tana libera tutti', per mettere i potenti al riparo dal processo sulla Trattativa. Speravamo però che questi sporchi giochi non fossero assecondati dalla più alta carica dello Stato, il presidente Napolitano."

La Legge è OVALE per tutti: Quirinale docet - Il Fatto della SettimanaSapevamo che il processo sulla Trattativa Stato-Mafia avrebbe disturbato il sonno di politici ed ex-rappresentanti delle Istituzioni; sapevamo che in molti avrebbero fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote alla Magistratura e che il compito dei pm di Palermo sarebbe stato tutt'altro che facile; sapevamo che sarebbe partita la corsa al “tana libera tutti”, per mettere i potenti al riparo dal processo sulla Trattativa. Speravamo però che questi sporchi giochi non fossero assecondati dalla più alta carica dello Stato, il presidente Napolitano. Il capo dello Stato dovrà spiegare al più presto, personalmente, questa vicenda: perché o è stato scavalcato da D'Ambrosio (il suo consigliere giuridico, che in passato ha ricoperto le cariche di Alto Commissario dell'Antimafia, con Mori e Di Maggio, e vice-capogabinetto dell'ex ministro della Giustizia Conso), oppure si è arrogato poteri non suoi. Tertium non datur Leggendo le intercettazioni telefoniche iscritte agli atti della Procura di Palermo, capiamo che il Quirinale si è speso personalmente per tutelare Mancino (ex presidente della Regione Campania, ex presidente del Senato, ex vicepresidente del Csm e ministro degli Interni nel periodo della Trattativa) dall'inchiesta sulla Trattativa, e per convincere le tre Procure che indagano sui rapporti tra Stato e Mafia(Palermo, Caltanissetta e Firenze) a raggiungere una visione giuridicamente univoca. Cosa significa questa seconda parte? Semplicissimo: la procura di Palermo sostiene una tesi, quelle di Caltanissetta e Firenze un'altra. I pubblici ministeri palermitani (Sava, Di Matteo, Del Bene e il procuratore aggiunto, nonché titolare dell'indagine, Ingroia) considerano i personaggi delle Istituzioni coinvolti nella Trattativa soggetti penalmente perseguibili, in quanto furono loro stessi ad aprire il dialogo con la Mafia per salvarsi la pelle; secondo i pm nisseni e fiorentini invece, gli uomini dello Stato, che trattarono con la Mafia, sono vittime, quindi soggetti non penalmente perseguibili, in quanto furono costretti a trattare per evitare nuove stragi (secondo le due procure). Ovviamente il Quirinale spinge per la soluzione soft proposta dalle procure di Firenze e Caltanissetta. Una volta che i politici codardi potrebbero pagare per quello che hanno combinato, arriva il Quirinale, che con grande senso di solidarietà preme per salvarli. La soluzione soft è quella richiesta anche dall'imputato per falsa testimonianza (per adesso. Non poniamo limiti alla Provvidenza...potrebbe andargli molto peggio) Nicola Mancino, che quando si è immaginato un tintinnio di manette, ha preso il telefono ed ha contattato Loris D'Ambrosio (il 7 dicembre 2011. In precedenza c'erano già stati contatti), per chiedere “protezione” e per dire che si sente un “uomo solo”. La solitudine di un indagato può giocare brutti scherzi anche a persone a lui vicine. Quella di Mancino pare più una minaccia che una richiesta d'aiuto. I contatti tra D'Ambrosio e Mancino continuano nelle settimane seguenti: l'ex ministro degli Interni è sempre più teso.Soffre della solita patologia che da anni affligge Berlusconi: il complesso d'accerchiamento da parte dei pubblici ministeri. In una telefonata, Mancino confessa al consigliere del capo dello Stato, di aver parlato con Pietro Grasso (procuratore nazionale antimafia), il quale avrebbe affermato “Quelli lì (i pm palermitani, ndr) danno solo fastidio Ma lei lo sa che non non abbiamo poteri di avocazione? (Grasso in questi giorni ha dichiarato di non aver fatto il commento sui pm, ma ha confermato l'incontro fortuito, durante la cerimonia natalizia del Quirinale, con l'ex ministro degli Interni, ndr)”. Dalle conversazioni si capisce che l'obiettivo di Mancino e D'Ambrosio è quello di spingere Grasso ad intervenire sulle procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze, imponendo loro il coordinamento. Nei loro piani, la procura di Palermo si sarebbe dovuta adeguare alla linea dei pm nisseni. La Legge è OVALE per tutti: Quirinale docet - Il Fatto della Settimana Intanto il 24 febbraio Mancino viene sentito come testimone a Palermo, ma non convince il pubblico ministero Di Matteo, il quale si lascia scappare una considerazione: “Nelle Istituzioni qualcuno mente”. Poi il pm palermitano aggiunge che Mancino e Martelli (ministro della Giustizia nel periodo della Trattativa) saranno messi a confronto in aula, perché uno dichiara una cosa e l'altro l'opposto. A questo punto Mancino va nel panico e chiama D'Ambrosio per evitare il confronto-scontro. D'Ambrosio gli risponde dicendo che per adesso può “solo parlare con il presidente(Napolitano, ndr)”, il quale Si è preso a cuore la questione”. Nella solita telefonata del 24 febbraio, l'ex ministro degli Interni e il consigliere giuridico di Napolitano continuano a parlare di un intervento sulla Magistratura. Mancino individua Messineo (procuratore di Palermo) per far saltare il confronto, ma D'Ambrosio lo stoppa subito (Mancino parlerà lo stesso con Messineo, nonostante il parere contrario di D'Ambrosio), perché, comunque sia, “in udienza, Di Matteo è autonomo”. Poi il consigliere giuridico del capo dello Stato aggiunge: “Io direi che l'unica cosa è parlare con il procuratore nazionale Grasso”. Passano i giorni e si arriva al 12 marzo: i due spasimanti tornano nuovamente sulla questione Grasso, e Mancino, spudoratamente, chiede a D'Ambrosio: “Veda se Grasso può ascoltare anche me. In maniera riservatissima, che nessuno sappia niente”. Il consigliere di Napolitano risponde: “Lo vedo domani (secondo Pietro Grasso l'incontro non c'è stato e D'Ambrosio ha detto una bugia per tranquillizzare Mancino, ndr)”. Intanto Ingroia e Di Matteo chiedono formalmente un confronto in aula tra Mancino e Martelli, ma il presidente del Tribunale di Palermo rigetta la richiesta dei due pm, per motivazione tecnica. L'ex ministro degli Interni però sa che il confronto è solo rimandato e quindi continua a chiedere protezione al Colle. A questo punto, in data 4 aprile, il Quirinale invia una lettera al procuratore generale della Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito, il quale è ormai prossimo al pensionamento (questione di giorni: va in pensione il 13 aprile). Il momento scelto per l'invio della lettera è puramente strategico: il nuovo pg, Gianfranco Ciani, quando sostituisce Esposito, trova sulla scrivania (metaforicamente parlando) il documento contenente gli auspici del Quirinale ed inaugura il suo nuovo incarico facendo un piacere al Colle. La lettera è firmata da Donato Marra (segretario generale della Presidenza della Repubblica), ma è scritta a nome di Giorgio Napolitano: nella lettera il Colle prende le difese di Mancino affermando che è dispiaciuto “del fatto che non siano state fin qui adottate forme di coordinamento delle attività svolte da più uffici giudiziari (dalle tre procure, ndr)sulla cosiddetta trattativa”. Marra prosegue: “Il capo dello Stato auspica possano essere prontamente adottate iniziative che assicurino la conformità di indirizzo delle procedure ai sensi degli strumenti che il nostro ordinamento prevede, e quindi anche ai sensi delle attribuzioni del procuratore generale della Cassazione”; poi conclude dicendo che l'intervento del presidente della Repubblica è finalizzato a sciogliere i dubbi “che derivano dalla percezione di gestioni non unitarie delle indagini collegate, i cui esisti possono anche incidere sulla coerenza dei successivi percorsi processuali”.
Il 5 aprile, D'Ambrosio legge all'ex ministro degli Interni la lettera inviata dal Colle al pg della Corte di Cassazione, dopodiché aggiunge di aver parlato sia con Ciccolo (sostituto pg della Corte di Cassazione), sia con Ciani (di lì a poco, nuovo pg della Corte di Cassazione). Quest'ultimo, seguendo a menadito il diktat del Quirinale, decide di convocare Pietro Grasso (ecco il favore di cui parlavamo poco fa). Le pressioni del Colle hanno prodotto i suoi frutti. L'incontro avviene il 19 aprile 2012, ma l'esito non è quello sperato dal Quirinale e dall'ex ministro degli Interni. Ciani chiede a Grasso una relazione sul coordinamento tra le 3 procure e gli suggerisce l'avocazione dell'indagine, per scipparla alla procura di Palermo. Ma il procuratore nazionale antimafia risponde per iscritto il 22 maggio, dicendo che la Pna (Procura nazionale antimafia), in questo caso, non ha nessun potere di coordinamento. Non avrei mai pensato di lodare Grasso, ma in questo caso la sua condotta è stata impeccabile: è stato l'unico che non ha sconfinato oltre i suoi poteri.
La Legge è OVALE per tutti: Quirinale docet - Il Fatto della Settimana Tra pochi giorni usciranno tutti gli atti di indagine sulla Trattativa: chissà che non salti fuori qualcos'altro sul rapporto privilegiato tra Mancino e D'Ambrosio. Per adesso, le intercettazioni in nostro possesso ci fanno capire che certi signori, i quali rappresentano o hanno rappresentato lo Stato in Italia e nel mondo, sanno molto più di quello che hanno raccontato ai pm sulla Trattativa. Questa vicenda ha generato tantissimi interrogativi, che per adesso rimangono tali: perché il Colle si è preso tanto a cuore la questione? Perché il Quirinale si è arrogato poteri non suoi? Perché Mancino minaccia D'Ambrosio dicendo di sentirsi un uomo solo? Perché non si vogliono processare i personaggi che trattarono con la Mafia? Se non si processano gli esponenti delle Istituzioni che hanno trattato con la Mafia, che indagine sulla Trattativa è? Le trattative si hanno quando due o più parti trattano: se l'oggetto della trattativa è qualcosa di illegale, devono pagare entrambi le parti (ognuno in proporzione all'illecito commesso). E ancora, perché Napolitano, anziché presentarsi in sala stampa per rispondere a tutte le domande, si è rifugiato dietro l'immunità presidenziale ed ha parlato di “irresponsabili illazioni”? Il presidente della Repubblica deve spiegare al più presto questa vicenda: se D'Ambrosio ha speso il suo nome, senza prima informarlo di ciò che stava accadendo, deve avere il buon senso di dimettersi; se invece Napolitano ha preso veramente a cuore la questione, facendo di tutto per rendere la vita facile a Mancino (e ai futuri Mancino che sicuramente salteranno fuori) e difficile ai pm palermitani, bhè la situazione è gravissima. L'Articolo 3 della Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”: se la Carta Costituzionale non viene rispettata neanche da colui che ne è garante, la Repubblica delle Banane diventa la Repubblica delle Banane al cubo. Se siete indagati per qualcosa, provate (o meglio, non provate) a contattare il Colle per chiedere una mano, o addirittura un intervento del capo dello Stato, e sentite cosa vi rispondono: se va bene, vi beccate un bel vaffanculo. A meno che non abbiate il Numero Verde Quirinale: per adesso però ne sono in possesso solo i pezzi grossi delle Istituzioni (Mancino in primis). Citando Giorgio Panariello nelle vesti di Pio Bove, nei Tribunali italiani dovrebbero sostituire la scritta “La legge è uguale per tutti”, con “La legge è OVALE per tutti”: l'espressione avrebbe meno senso, ma non illuderebbe nessuno. di Simone Ferrali

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