Prima di raccontarvi questa storia serve una premessa sugli eventi che hanno rischiato di spazzarne via la memoria. Eventi necessariamente legati agli stravolgimenti avvenuti nell’ex Germania Est dopo la riunificazione tedesca, con inevitabili ripercussioni anche nello sport. Per certi versi Lipsia è un po’ un emblema di tutto ciò: qui la fine della DDR ha provocato un enorme decremento demografico, basti pensare che circa la metà della popolazione in età lavorativa ha deciso di spostarsi a ovest tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Le conseguenze anche economiche di questo fenomeno hanno ovviamente condizionato anche il destino delle due storiche squadre di calcio della città, anche se in modi diversi: la Lokomotiv, inizialmente inserita nella nuova Bundesliga riunificata, sembrava poter sopravvivere senza particolari problemi all’onda d’urto provocata dalla caduta del Muro, ma nel 1995 è fallita ed è stata costretta a ripartire dalle categorie minori. La BSG Chemie, invece, ha subìto stravolgimenti ancora più grandi, essendo morta e risorta più volte nel giro di una ventina d’anni causa gravi e ricorrenti problemi finanziari.
Manifesto di protesta contro la RB Leipzig.
Proprio questa disastrata situazione – a fronte di un bacino di utenza potenzialmente importante visto il successivo ripopolamento della città, e della presenza di uno stadio capiente e avveniristico [1] – ha probabilmente indotto la Red Bull a puntare forte su Lipsia per irrompere nel calcio tedesco, riuscendo a fondare una squadra a proprio nome nel 2009. La multinazionale austriaca ci aveva provato già nel 2006 tentando di assorbire proprio la Chemie, ma i suoi tifosi si sono opposti strenuamente, scegliendo di ripartire dal dilettantismo pur di mantenere il nome, i tradizionali colori bianco-verdi e soprattutto la storia [2], legata in gran parte alla leggendaria stagione 1963/64 di cui stiamo per parlare.
Ancora un attimo di pazienza, però, perché le origini della Chemie risalgono addirittura al 1899, anno di fondazione della Britannia Leipzig che poi nel 1919 si fuse con l’Herta 05 Leipzig e nel 1932 si trasformò in Tura Leipzig. Durante il periodo nazista il calcio tedesco fu organizzato in sedici divisioni chiamate Gauligen, una per ogni Land, e la Tura pur annaspando nella Gauliga Sachsen (anche retrocedendo nel 1942, poco prima della storica impresa del Dresdner SC) aveva già un grande seguito di tifosi. Nel dopoguerra la squadra fu sciolta e dalle sue ceneri nacque la ZSG Industrie Leipzig (risultato della fusione della ex Tura con altri piccoli club locali), che nel 1950 si iniziò finalmente a chiamare BSG Chemie Leipzig [3]. Nella nuova DDR-Oberliga, la massima serie della Germania Est nata nel 1948, i risultati non tardarono ad arrivare: i bianco-verdi infatti nella stagione 1950/51 arrivarono primi a pari punti con la Turbine Erfurt, e in questi casi la formula prevedeva uno spareggio in campo neutro, non considerando differenza reti né altri criteri. La partita si giocò all’Ernst-Thälmann-Stadion di Chemnitz [4] di fronte a 60.000 persone (ma in 200.000 provarono ad assistervi) e la spuntò la Chemie, che così vinse il suo primo campionato. Nelle stagioni immediatamente successive i bianco-verdi sfiorarono di nuovo il titolo in un paio di occasioni, ma il partito socialista non vedeva di buon occhio il fatto che questo club fosse il migliore di Lipsia: secondo le autorità questo ruolo doveva appartenere alla Vorwärts, la compagine legata all’esercito. Iniziò così, nel 1953, una sorta di giro di vite per i migliori giocatori della Chemie, forzatamente costretti ad abbandonare la squadra. Questo intervento dall’alto, però, non ottenne i risultati sperati: semplicemente in questo modo tutte le squadre della città, vista la dispersione di calciatori, ottennero piazzamenti mediocri per tutto il decennio successivo.Alfred Kunze nel 1964
I vertici politici decisero così di intervenire ancor più drasticamente, lasciando da parte le velleità legate alla squadra dell’esercito e fondando nel 1963 la SC Leipzig, una sorta di dream team formato dai migliori giocatori di tutti i club di Lipsia in nome del prestigio sportivo della città. Gli “scarti” di questa operazione, i calciatori ritenuti meno validi, andarono a militare nella Chemie, chiamata infatti all’epoca “il resto di Lipsia” viste le circostanze in cui la nuova rosa si era formata. I tifosi in realtà accolsero tutto ciò di buon grado, evidentemente contenti di poter tornare a supportare la propria squadra senza ingerenze politiche, e per tutta la stagione 1963/64 riempirono il Georg-Schwarz-Sportpark a una media di 20.461 spettatori (il doppio rispetto alla SC). L’inizio del campionato rappresentò un presagio del miracolo sportivo che poi sarebbe accaduto: la SC perse la prima partita 3-0 a Zwickau mentre la Chemie si impose in casa per 2-0 contro la BSG Wismut Aue. Il sentitissimo derby era in programma per la sesta giornata e il suo risultato fu ancor più emblematico: il “resto di Lipsia” sconfisse il “dream team” con un rotondo 3-0. Il leggendario Alfred Kunze, allenatore della Chemie dell’epoca a cui oggi è intitolato lo stadio di casa, era convinto che questo risultato fosse frutto di motivazioni che alla SC mancavano. Gli “scarti” dovevano dimostrare che dall’alto si erano sbagliati a considerarli tali. Queste motivazioni in effetti durarono per tutto il campionato, clamorosamente vinto dalla Chemie anche grazie al valore aggiunto rappresentato da Bernd Bauchspieß, studente di medicina originario di Zeitz che chiuse la stagione da capocannoniere con 13 reti. Bauchspieß però non poté giocare l’ultima partita della stagione, in cui si decideva tutto visto che la seconda in classifica, la SC Empor Rostock, non mollava ed era ancora lì a due punti di distacco (la SC Leipzig chiuse addirittura al terzo posto). Ironia della sorte, questo match era proprio contro la Turbine Erfort, proprio quella dello spareggio del 1950-51, anche se in questo caso era già retrocessa e non aveva più nulla da chiedere se non un desiderio di rivalsa per la partita di Chemnitz. Infatti pur con qualche difficoltà e pur senza il suo attaccante più prolifico, la Chemie si impose per 2-0 e “il resto di Lipsia” entrò nella storia.
Quello che ora si chiama “lo spirito del 1964″ si respira all’Alfred Kunze Sportpark non solo grazie alle sculture dei calciatori che hanno realizzato quest’impresa (vedi foto in cima), ma anche per gli striscioni, i cori e l’atmosfera generale intorno a una squadra e a una tifoseria che hanno scelto di non accettare i soldi facili e le vittorie effimere. Perché il calcio – quello vero, quello che piace a noi – è un’altra cosa e perché, come ha poi dichiarato Bauchspieß parlando della stagione 1963/64, “undici buoni giocatori non sono necessariamente destinati a diventare una buona squadra”, dietro c’è molto altro.
daniele, ringraziando il nuovo amico benge per le fonti
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[1] Si tratta di quello che si chiamava Zentralstadion, ora Red Bull Arena, unica struttura nella ex Germania Est ad ospitare i mondiali 2006 e fiore all’occhiello della candidatura di Lipsia alle Olimpiadi 2012, poi assegnate a Londra.
[2] Una cosa del genere è avvenuta anche a Salisburgo, in cui una parte della tifoseria ha deciso di contribuire a fondare la Sportverein Austria Salzburg ripartendo da zero. La Red Bull attualmente possiede vari club in un po’ tutto il mondo, ma pensate se la vostra squadra del cuore fosse assorbita da una multinazionale acquisendone nome e stemma dozzinali e diventando una sorta di franchising: voi come reagireste?
[3] Il nome Chemie è dovuto alla riorganizzazione dello sport da parte dei vertici della DDR, che consisteva in varie Betriebssportgemeinschaft (BSG, appunto), comunità sportive a cui il nome veniva assegnato in base al tipo di industria o attività intorno a cui ruotavano. Nel caso dei club chiamati Chemie il riferimento è all’industria chimica (nello specifico della Chemie Leipzig la produzione di vernici), quelli chiamati Lokomotiv si riferivano al settore dei trasporti, Turbine all’energia, Vorwärts all’esercito e così via. Esattamente come in tutti i paesi socialisti, del resto.
[4] All’epoca la città si chiamava ancora così, poi nel 1953 cambiò nome in Karl-Marx Stadt per poi tornare a denominarsi Chemnitz nel 1990 dopo un referendum.