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A Parigi una giovane donna d'alta borghesia sta vivendo un periodo difficile, delusione d'amore. Il fidanzato ufficiale non le garba molto e alla famiglia di lui, blasonata, garba poco lei. Ad un ricevimento conosce un medico col quale si sposa, pur senza grande entusiasmo. Nella loro vita coniugale, benestante e apparentemente felice, irromperà un cantante pop-rock, che s'innamorerà della giovane donna iniziando un'insistente corteggiamento al quale lei si concederebbe facilmente se non fosse sposata. Pur non essendo mai stato tradito, sapere che la moglie ha infatuazione per un altro farà ammalare fatalmente il medico e madame Clèves, rimasta vedova, dovrà decidere cosa fare.
Film da festival direbbe qualcuno, molto simile ad un audio-libro direi io. Ricorda moltissimo per la pacatezza, le voci sempre sobrie, l'uso moderato della musica (a parte i brani di concerto del cantante), i Racconti Morali di Rohmer. Tratto da un romanzo di fine '600, "La principessa di Clèves" di Marie-Madeleine Pioche de La Vergne, è considerato il primo romanzo psicologico moderno ed ha inspirato più di un film. Questo è ambientato in chiave moderna, fine secolo scorso.
Come per i film di Rohmer, qua i dialoghi ed i monologhi, uniti a recitazioni e riprese molto sobrie, creano un'atmosfera che ispira molto l'ascolto attento e rilassato. Nonostante ciò veramente notevole è il tormento a cui è sottoposta madame Clèves, percepito nella visione. I suoi dialoghi con l'amica e confidente, una suora molto illuminata dalla ragione, sono estremamente pregni, uno splendido confronto tra una vita laica ed una religiosa, tra una vocazione che risponde alle domande del cuore ed una sofferenza che, consapevole che non può controllare i sentimenti spontanei, si forza alla fedeltà coniugale con abnegazione.
Madame Clèves alla fine scriverà una lunga e meditata lettera, non sto a dire perché e in che contesto, che leggeremo con lo stato d'animo dell'amica suora, un intero e lungo finale interamente da godere. Tra le tante cose scritte mi permetto di anticiparne una che mi ha premiato la visione, una riflessione sulle suore missionarie nel terzo mondo, che pur nell'intento di diffondere il proprio credo acquistano la consapevolezza che qualunque fede non può essere insegnata o proposta a chi ha problemi fondamentali da risolvere ogni giorno come mangiare, curarsi, sopravvivere in generale. Viene detto con una semplicità e linearità logica esemplari.
Bella prestazione di Chiara Mastroianni, figlia d'arte di genitori notissimi.
Un film rilassante, bello ed intelligente, anche formativo, come i bei romanzi dei secoli scorsi. Se v'è piaciuto Rohmer anche questo vi piacerà.
Curiosità: nel film il cantante citato è Pedro Abrunhosa che interpreta sé stesso. I brani di concerto ripresi sono tratti da suoi veri concerti. Mi ha infastidito a lungo che comparisse sempre e costantemente con gli occhiali da sole scuri, ma poi ho letto su wiki che nella sua vita pubblica compare sempre così. Ognuno ha il suo stile, contento lui non metto becco, diciamo che è stato coerente col personaggio anche nel film.
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