Le ginocchia non sanno scegliere tra il rimbalzo su e giú della pratica e il “riposo” doloroso. Serve anche quello, diciamo spesso “se avessi l’occasione farei” ecco questa é l’occasione, ora , qui. Adesso le immagini vanno veloci, il corpo sta loro dietro, segue il ritmo, il respiro talvolta é scottato dall’afa, ma il respiro ci serve, il Maestro ha mostrato con chiarezza il Kokyu, il misterioso kokyu, il grande assente di molte tecniche che muoiono essicate dal sole perché non hanno un cuore, sono involucri esteticamente curati.
“Maestro cos’é il Kokyu? Con quali parole posso spiegare questo concetto per evitare di interpretarlo troppo personalmente?” sorride, poi si fa serio “il kokyu é qualcosa che non si vede m se ne vedono gli effetti, é il movimento energetico del respiro che si esprime durante la pratica nell’interazione tra i due partner, uke e shite e utilizzare il kokyu nella pratica dell’aikido significa armonizzare (ndr: parola usata Awase) il proprio kokyu con quello del parnter”. Mostra omote kokyu, la prima parte di ikkyo per dirla con un’immagine concreta “quando inspiriamo i muscoli entrano naturalmente in tensione, si bloccano, ed é questo il momento giusto per entrare con il proprio centro in quello del partner, quando si espira ci si rilassa ma si esprime anche piú energia e di conseguenza piú forza, senza contrarsi. “Maestro quindi si puó dire che per esercitare il kokyu occorra tenersi in movimento e lavorare alla giusta scelta di tempo?” “Si é un modo importante.” “Ma allora come mai quando nelle lezioni di Aikido si fa kokyu ho si usa una presa statica in suwariwaza?” “i puó utilizzare il kokyu anche con una presa forte e statica ma é un passo ulteriore, per imparare l’uso del kokyu é preferibile ripetere le tecniche e imparare la giusta scelta di tempo per entrare nel momento di debolezza del partner e di massima energia propria. Mi guardo intorno, due passerotti stanno facendo la gara a chi prende piú briciole dai tavoli , intorno la tranquillità secolare degli alberi, il suono del parco. La voglia di chiedere di piú… “Maestro mi consiglia una buona impostazione didattica per i miei corsi? Dovrei fare prima kihon poi fare le tecniche in movimento? Dividere principianti e avanzati in due classi?” Sorride di nuovo. “Non pensare troppo, il tuo Aikido va bene, e stai facendo un buon lavoro. Tendenzialmente meglio che chi inizia sia seguito da qualcuno di piú avanzato, poi puó essere utile dividere le tecniche in movimenti schematici qualche volta per capirne le componenti, ma per capire i concetti chiave dell’Aikido, Awase e Kokyu, poi questi movimenti devono fluire ininterrottamente, certo qualche volta capiterà di soffermarsi sui particolari.” Non sono ancora pago… “Maestro cosa ne pensa della resistenza fisica? Io trovo che sia un elemento distruttivo nella pratica, l’ho sperimentata quasi sempre nei seminari dei vari stili, come modo , da parte degli esperti, di mostrare che il loro stile é migliore” …Beve un sorso d’acqua… “Non dovrebbe essere usata troppo spesso perché disturba la pratica e rende difficile l’apprendimento attraverso la ripetizione, ma é utile per svegliare quando si scade in movimenti automatici senza presenza, senza kimochi, quando di proietta e si guarda in giro invece di usare zanshin, inoltre andando avanti col tempo dovresti essere in grado di eseguire una variante , quando il partner tiene forte, che rende quella forza una debolezza, perché piú il parnter tiene duro piú la leva applicata lo fa cedere. Le tecniche dell’aikido, sono efficaci con gli attacchi studiati, anche se il partner resiste.”
Mi torna in mente l’immagine della mattina, sul tatami, lui dimostra alcuni movimenti di bokken su attacco di bokken, “lo studio del Ma-ai , non cerco di evitare il colpo, faccio in modo di armonizzare il movimento e trovare la giusta distanza per farmi tagliare la pelle e per tagliare fino alle ossa”… La nostra scherma é diversa, noi occidentali pariamo, ci proteggiamo, forse anche l’atteggiamento mentale nel taijutsu ne risente, é, come dire, diverso.. “Maestro cosa c’é di vero e di leggendario nell’amicizia tra Jigoro Kano e O sensei?” “Kano Jigoro wa…” la sua voce é assertiva ma musica, mi sembra di capire il senso di ció che dice dal suono piú che dalle parole “loro, piú che essere propriamente amici , si rispettavano molto a vicenda, tanto che Jigoro Kano mandó alcuni dei suoi studenti migliori da Osensei, pagando fior di quattrini per questo. Kisshomaru Sensei custodiva la copia di una lettera nel cassetto della sua scrivania, una lettera che Osensei scrisse a Kano Sensei, vi era scritto che Kano sensei diceva sempre che l’arte insegnata da Osensei era il suo Budo ideale, ma Uesiba sensei rispose che lui era solo una lucciola, mentre Kano sensei era il Sole“…
Forse noi aikidoka e insegnanti dovremmo prendere in seria considerazione le parole di questa lettera e trarne spunto. La sua mano si alza e punta verso di me, guardo la punta delle sue dita, poi alzo lo sguardo e vedo i suoi occhi, mi stanno sorridendo, intorno a lui l’aeroporto di Malpensa, tendo la mia mano, le osservo, cosí distanti nel tempo, poi si stringono e apro il mio cuore al saluto, non voglio rompere la forma ma ho davanti un uomo di piú di settant’anni venuto qui a milano su mio invito per insegnarci quello che la sua esperienza gli ha insegnato, voglio riconsegnargli un sincero senso di gratitudine sincera e il calore della nostra terra, che credo gli piaccia altrettanto sinceramente. Arrivederci Maestro.
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