Il 27 gennaio del 1945 l’Armata Rossa entrò ad Auschwitz, in Polonia. Tanto basta per comprendere perché anche il governo italiano abbia deciso di dedicare questa data al Giorno della Memoria, in ricordo delle vittime della Shoah e dello sterminio nazista.
C’è voluto del tempo. Tempo per dimenticare, tempo per tornare a ricordare. Per anni non si è voluto, o potuto, prendere in considerazione questi avvenimenti e il carico di dolore che trasportavano; l’orrore era troppo grande, quasi si temeva di non essere creduti. L’abominio della realtà nazista aveva superato ogni più perversa fantasia. E’ il motivo per cui divento intollerante di fronte all’ignoranza di chi attua oggi operazioni di revisionismo, frutto solamente della mancanza di materia cerebrale in alcune persone. Affermazioni insensate di questo tipo provengono talvolta anche da ragazzi e da giovani; e mi sembra una ragione più che valida perché la scuola non molli la presa su queste tematiche, ma anzi prosegua la sua operazione di educazione e la sua funzione di ricordo del passato. Certo non sempre la formazione ottiene i suoi risultati, ma senza ombra di dubbio non provarci sarebbe peggio.
La letteratura per ragazzi viene ampiamente in conto agli insegnanti e a tutti coloro che docenti non sono, ma che intendono l’insegnamento una funzione educativa da attuare in ogni momento: genitori, nonni, animatori, amici, conoscenti e parenti tutti. L’offerta è fortunatamente ampia, e non vorrei in alcun modo risultare esaustivo in così poche righe, ma solo segnalare un percorso da cui ciascuno può partire per integrazioni di vario tipo.
Partire da testimonianze reali è importantissimo per i ragazzi e le ragazze, che si devono abituare all’incontro (scontro?) con la realtà e il passato. E quindi, ovviamente, “Il diario” di Anna Frank costituisce il centro di ogni percorso sulla memoria. Il centro, appunto, non il punto di partenza: il diario, com’è noto, non è stato scritto per essere pubblico, né tanto meno Anna pensava ai ragazzi quando l’ha steso. Si è sempre ritenuto, per mancanza d’altro, che la semplice vicinanza anagrafica fosse sufficiente per rendere il libro adatto all’infanzia e all’adolescenza; quando, in realtà, la profondità di introspezione di Anna lo rende in qualche modo distante, e non sempre accessibile per studenti e studentesse della scuola secondaria di I grado; e la distanza genera indifferenza, o noia. Anna Frank può essere il punto di arrivo di un occhio e di un cuore allenati, pronti a percepire determinate emozioni che si avviano alla maturità. Anche perché considerare questo prezioso testo solo un documento conoscitivo della Shoah mi pare riduttivo. Lo stesso approccio attraverso la testimonianza può arrivare in modo mediato, per esempio attraverso Un posto sicuro di Kathy Kacer: “A Edith girava la testa. Non voleva scappare di nuovo. Voleva restare in un posto con la sua famiglia. Era assurdo dover fuggire sempre solo perché erano ebrei”; oppure, per i più grandi, Il silenzio dei vivi di Elisa Springer, drammatica testimonianza di una sopravvissuta. In questi casi l’intento delle due autrici è di raccontare una storia realmente accaduta ma pensando a dei lettori, e lettori ben precisi; l’intento didascalico diventa molto chiaro ed esplicito soprattutto nel secondo dei due libri, perché nasce anche dall’esperienza diretta di incontri con le scuole che l’autrice ha fatto fino agli ultimi momenti della sua vita.
Chi lo ritenesse più idoneo può però iniziare il suo cammino anche dalla costruzione fantastica; ma in questo caso parlare di fantasia sembra poco appropriato, dato che lo sfondo storico è pur sempre conservato; il termine “realistico”, quindi, appare il più adatto. Realistico è dunque L’amico ritrovato, che narra di un’amicizia talmente pura da conservarsi nonostante l’infamia del tempo in cui si trova a vivere; il romanzo è inserito all’interno della Trilogia del ritorno, ed è una lettura più che adeguata a partire dal terzo anno della scuola secondaria di primo grado. Straordinario, e anche molto famoso perché ne è stato recentemente tratto un film, è Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne. Lo sguardo straniato del piccolo Bruno accompagna i giovani e grandi lettori attraverso le atrocità di Auschwitz senza peraltro nominarle in modo chiaro; e il carico di dolore che porta con sé permette a chiunque di avvicinarsi, in modo profondo, all’invito a ricordare del 27 gennaio.