“Twitter minaccia la letteratura”. Così alcuni giorni fa il «Corriere della Sera» titolava perentoriamente un suo articolo. La sentenza sarebbe frutto di un gruppo di scrittori inglesi riuniti alla World Writers’ Conference a Edimburgo. Nell’incontro, dedicato a letteratura e censura, la tesi più discussa è stata quella espressa dallo scrittore Patrick Ness che ha lanciato l’allarme del «rischio autocensura» amplificato dall’uso dei social network. Twitter incentiverebbe uno «sproloquio di massa», minando la libertà di espressione degli autori, ormai più occupati ad autopromuoversi sui social network che ad esprimere liberamente il proprio pensiero.
Da blogger e da assidua frequentatrice di salotti del libro virtuali, mi sono soffermata a valutare le mie responsabilità. Stiamo davvero rovinando la letteratura? Stiamo davvero minando la libertà intellettuale degli scrittori? E viceversa, i social network stanno imbrigliando la nostra libertà di lettori? Siamo ancora soli di fronte agli scaffali della libreria? Temo di no.
Se c’è un pensiero insistente ogni volta che scattiamo una foto: “Questa la metto su Facebook”, c’è anche un pensiero latente che comincia a insinuarsi nel “lettore social”: “Se compro questo libro posso condividerlo? Piacerà ai miei amici/ai miei followers? Comprerei quel bestseller, ma poi chi ha il coraggio di dirlo ai miei lettori? Sarà troppo classico questo classico? Questo libro sta spopolando, farò finta che sia piaciuto anche a me” (o che non mi sia piaciuto affatto se ci tengo ad essere “alternativo”).
Non posso negare gli orizzonti che il mondo dei social network ha aperto ai lettori solitari: condividere il proprio interesse, raccontare la propria passione, scambiarsi pareri, scoprire un mare di opportunità prima sconosciute, sono alcuni dei vantaggi che ho scoperto da poco. Non saprei rinunciarvi, ma potrebbe essere pericoloso lasciarsi prendere la mano?
Rischiamo davvero di perdere la nostra libertà di lettori? Che ne pensate?
Giulia Lanzolla