Wired Italia – Il cambio di vertice al New York Times, con Dean Baquest che ha preso il posto di Jill Abramson, avrà delle conseguenze pesanti per il media americano. La prima è già saltata fuori: dagli uffici del quotidiano, infatti, sarebbe fuoriuscito un rapporto interno, da parte del “Innovation Team”. Si tratta, in soldoni, della squadra che pianifica la strategia digitale al 620 della 8th Avenue. Un malloppo grosso così, pieno di dati e riflessioni che lo fanno diventare una delle bibbie nel settore dei media attuali e che verranno. Il motivo? È diretto, crudo, a tratti cinico, mentre parla di scelte giuste e sbagliate adottate dal media americano di riferimento, anche se predomina il tono negativo, e un generale senso di frustrazione, che potrebbero essere il motivo del benservito alla Abramson.
Ma vediamo un po’ i tratti salienti di questo corposo rapporto, con una premessa: è di certo un lavoro di squadra, ma a questa squadra fa capo niente poco di meno che Arthur Gregg Sulzberger. Ossia, il figlio del boss supremo, e probabile erede al trono. Anche in quest’ottica, le considerazioni che si trovano nel rapporto acquistano una credibilità sostanziale.
La homepage è morta, o quasi
Stando al rapporto, solo un terzo dei lettori la visita. E chi lo fa, ci sta poco. Proprio per questo, si consiglia di condividere maggiormente i contenuti diretti, senza la pretesa che si passi per la homepage per raggiungerli.
Riutilizzare i contenuti
Il New York Times può contare su un archivio di circa 14,7 milioni di articoli, a partire dal 1851. Ecco perché il rapporto consiglia di trovare un modo per ripescarne alcuni e sfruttarli a dovere. Magari puntando su newsletter o un archivio di facile consultazione.
Redazione e business
La redazione deve lavorare fianco a fianco dei professionisti deputati al business, in modo da far crescere il pubblico sulla base delle indicazioni che possono offrire i secondi.
Sperimentazione
Il New York Times deve sperimentare di più, nel modo in cui presentare i suoi contenuti. “Dobbiamo remare contro i nostri impulsi di perfezionismo. Anche se il nostro giornalismo deve essere sempre raffinato, gli altri nostri sforzi possono avere degli spigoli, nella ricerca di nuovi modi per arrivare ai nostri lettori”.
Tesoro in casa
Andrew Phelps ha creato un magazine su Flipboard coi migliori pezzi del 2013 del Times, che è diventato il più letto sulla piattaforma. Il rapporto si chiede come mai il Times stesso non abbia pensato a creare qualcosa di simile, con la propria struttura.
Collezioni
L’Innovation Team sostiene che la squadra dedita al design del sito deve sforzarsi di più nell’offrire a redattori e lettori strumenti per creare “collezioni” di contenuti pescati dal sito. Al momento è stato realizzato un widget che permette ai giornalisti di “trascinare” storie e foto in un unico contenitore, per poi pubblicarlo, e questo strumento dovrebbe essere messo a disposizione anche dei lettori.
Ancora collezioni
A suffragio del punto precedente, racconta sempre il rapporto, c’è il caso di due “collection”. Una relativa a filmati romantici, nel giorno di San Valentino, e una di storie di Nick Kristof sul traffico di sesso. Il risultato è stato pazzesco: la collezione di storie di Kristof ha ottenuto la bellezza di 6 milioni e 468.106 clic in un appena sei giorni.
Replicabilità
Per stessa ammissione dell’Innovation Team, al New York Time hanno la tendenza a investire tutte le proprie risorse per un progetto in una volta sola, trascurando, per esempio, aggiustamenti e migliorie successivi. Si lavora poco sulla creazione di template e strumenti per sistemare velocemente i contenuti, in una fase successiva. “Sottostimiamo molto la replicabilità”.
Successo
Il Dialect Quiz è, in assoluto, il contenuto con maggior successo d tutta la storia del New York Times, con 21 milioni di pagine viste.
Personalizzazione
Il Times sta lavorando su una nuova sezione della homepage che tenga conto dei gusti di ogni lettore. Se le prime notizie saranno uguali per tutti, le altre saranno tarate sulla base di parametri personali.
Tagging
Il Times è molto indietro nei sistemi di tagging. Si era suggerito di investirvi di più nel 2010, ma poi il progetto è decaduto. “Senza migliorie al tagging, siamo ostacolati nel permettere ai lettori di seguire lo sviluppo di storia, scoprire ristoranti che abbiamo recensito nelle vicinanze, o addirittura nel mostrare le nostre storie sui motori di ricerca”.
Ancora tagging
Le ricette non sono mai state taggate per ingredienti e tempi di cottura. A causa di questo, “abbiamo annaspato per 15 anni provando a trovare un modo per creare un archivio di ricette utile”.Una volta capito, “abbiamo speso una quantità enorme di tempo per ristrutturare attivamente i dati”.
Ancora ancora tagging
Il rapporto critica aspramente il fatto che il Times abbia impiegato sette anni per taggare le storie con “11 Settembre”. Kristi Reilly, del team dedicato a metadata e ricerca, nel rapporto afferma: “Non abbiamo mai creato un tag per Benghazi, e credo avremmo dovuto farlo perché è una storia che non finirà”. Il rapporto, a tal proposito, cita delle fonti da emulare: The Washington Post, The Wall Street Journal e Circa.
Distribuzione
Quando si parla di promozione dei contenuti, il rapporto prende in esame dei casi eccellenti da cui trarre spunto. Per esempio, si cita ProPublica, dove ogni giornalista, insieme alla storia, deve fornire almeno cinque tweet, tra i quali poi viene scelto quello di promozione da un apposito team. A Reuters, invece, ci sono due persone addette a riprendere i contenuti che hanno poche visualizzazioni per cercare un modo per migliorarne le performance.
Media Team
Mentre la redazione ha l’impressione che il lavoro del Media Team sia quello di promuovere il loro lavoro, quel team, in origine, doveva essere una sorgente primaria di informazioni.
Promozione
Il rapporto sottolinea che l’auto-promozione dei servizi, da parte di alcuni reporter, ha avuto ottimi riscontri.
Eventi
Il rapporto suggerisce di estendere il brand NYT anche a eventi. “Non c’è ragione per cui lo spazio occupato dai TED Talks, co biglietti che costano 7500 dollari, non sia stato creato dal Times”.
Fallimenti
Al Times non piacciono i fallimenti. Non piace parlarne e non piace analizzarli. Il rapporto cita il caso del blog Booming, che è stato chiuso mentre la sua newsletter veniva portata avanti. Operazioni fantasma come queste, sottolinea l’Innovation Team, tolgono tempo e risorse per nuovi progetti. E allo stesso tempo, mancano analisi dei flop. Non si impara nulla dagli errori.
CMS
Il CMS del Times, cioè il sistema di pubblicazione delle notizie, è uno dei problemi principali della testata, con i redattori e tecnici sempre lì a sistemare piccole magne, piuttosto che trovare soluzioni definitive.
Sincronia
La programmazione dell’edizione cartacea non è sincronizzata con quella digitale. “Per esempio, buona parte dei contenuti è pubblicata in tarda serata, ma il nostro traffico digitale è più impegnato al mattino”. Il rapporto consiglia di puntare a storie ambiziose la Domenica, nell’edizione cartacea, perché possono essere lette con calma dal pubblico di riferimento, mentre il traffico online, nei weekend, è minore.
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