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La liberazione di Firenze

Creato il 11 agosto 2014 da Marvigar4


liberazione di Firenze

Al suono della Martinella, la campana della Torre di Arnolfo di Palazzo Vecchio, la mattina dell’11 agosto 1944 ebbe inizio l’insurrezione del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e Firenze si avviò verso la libertà, pur tra le macerie e i numerosi morti che, fino all’ultimo, i franchi tiratori fascisti procurarono alla città. Oggi, a settant’anni dagli avvenimenti, un brano che descrive quei momenti, tratto da La liberazione di Firenze 1° parte http://toscano27.wordpress.com/brigata-sinigaglia-sirio-ungherelli/la-liberazione-di-firenze-3/:

“Fin dalle prime luci dell’alba di quell’11 agosto, una inusitata pausa del fuoco nemico, che fino ad allora era stato vivace e continuo sia durante il giorno che la notte, richiamò la nostra attenzione e quella del nostro Comando di Divisione, che prese urgenti accordi col Comando delle truppe alleate e fece guadare l’Arno a due forti pattuglie, col compito di conoscere lo stato di occupazione nemica nell’interno della città.

Una delle due pattuglie, diretta al Piazzale delle Cascine, veniva arrestata dal fuoco nemico che le causava la perdita del suo valoroso caposquadra,

ciò non impediva alla pattuglia di persistere nell’assolvimento del compito. L’altra, attraversato il fiume presso Rovezzano, poteva raggiungere il centro della città senza altro ostacolo che il tiro dell’artiglieria nemica lungo la via Aretina. Senza indugio il Comando di Divisione, lanciò allora sull’altra sponda la Brigata Sinigaglia, per costituire una testa di ponte. Erano le dieci e quaranta, l’inizio dell’insurrezione era per le undici.

I combattimenti si accesero frattanto in vari punti della città e della periferia, contro reparti tedeschi che non avevano ancora ultimato le distruzioni progettate. I patrioti insorsero in tutti i quartieri, grazie alle SAP e a due compagnie della Lanciotto, occultamente penetrate in precedenza per rinforzare le squadre stesse. Appariva indispensabile l’intervento di tutte le unità partigiane, per assicurare il sopravvento dei nostri sul nemico. Altrettanto indispensabile e imperioso appariva a noi italiani liberare Firenze, con le sole nostre forze, male armate e peggio nutrite, ma animate dall’antico spirito e dall’irrefrenabile impeto delle legioni garibaldine!

Alle ore undici e trenta il Comando di Divisione, alla testa della Brigata Lanciotto, guadò l’Arno alla Pescaia di S. Rosa, ed avute notizie dei punti ove più accanita ferveva la lotta, lanciò una compagnia ai Macelli (Romito, p.zza S. Jacopino e Ponte all’Asse) e un’altra ai Molini Biondi (oltre il Ponte del Pino, piazza Cavour, viale Romito Vittoria, viale dei Mille).

Il Comando di Divisione fece inviare un distaccamento della Brigata Lanciotto alla Manifattura dei Tabacchi. A noi dettero l’ordine di attaccare la Fortezza da Basso, e di rendere sicura la zona che da Porta al Prato, per via della Scala e via del Moro era delimitata nel senso della larghezza dal Ponte alla Vittoria al Ponte della Carraia. In più dovemmo portare aiuto al Casone dei Ferrovieri per eliminare i franchi tiratori che, attraverso le fognature, andavano verso il centro della città.

I combattimenti si protrassero sino al tramonto della giornata. Si conclusero con la conquista della Fortezza da Basso; stabilimmo una linea di fronte denominata “Linea del Mugnone”. Gravi le perdite della giornata, specialmente fra i patrioti delle SAP e reparti di bande varie, che le accorrenti forze della nostra Divisione riuscirono quasi ovunque a liberare dall’accerchiamento dei tedeschi. La nostra divisione, a sera fatta, lamentava venti morti e una cinquantina di feriti. Tra essi numerosi comandanti militari e commissari politici di compagnia, di distaccamento e di squadra, ciò che era normale tra i partigiani, dove la partecipazione dei dipendenti alla nomina dei propri capi, mentre ne garantiva la buona scelta, impegnava questi ultimi ad essere a tutti d’esempio nell’ora del pericolo. Le perdite del nemico, benché numerose non furono del tutto accertate in quanto le autoblinde coprivano sistematicamente gli sgomberi dei corpi feriti o morti. Ad ogni modo le perdite del nemico furono gravi e non inferiori alle nostre.

Grazie all’interessamento del compagno Vittorio, per tutto il periodo che sarebbe durata la lotta per liberare Firenze, a cominciare da quella serata dell’11 agosto, ci potemmo acquartierare nel palazzo delle Scuole Tecniche Sassetti in via Garibaldi.

Intanto per coordinare le azioni delle varie forze partigiane sul posto e di quelle affluite da fuori, entrava in funzione in Firenze, il Comando Militare Toscano, nuova denominazione del già esistente Comitato Militare Toscano (emanazione del CTLN). Il Comitato suddivise il fronte in tre settori. I settori laterali alla Divisione Arno e il settore centrale, topograficamente ristretto, ad elementi vari che il Comando Militare Toscano fondeva nella circostanza in un unico corpo nella Divisione Giustizia e Libertà.”



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