L’istituto “Francesco Faà di Bruno” è un liceo scientifico paritario cattolico di Torino ed all’interno di un ciclo di incontri dedicati ai genitori aveva organizzato una conferenza dal titolo “Omosessualità: domande e risposte”. Il depliant sui convegni era molto chiaro: «La famiglia tradizionale è in difficoltà ma, invece di aiutarla, oggi vengono proposti modelli alternativi di famiglia» e gli incontri trovano «spunto dall’acceso dibattito parlamentare sull’omofobia e sul riconoscimento delle unioni omosessuali per proporre una riflessione complessiva sulla bellezza della famiglia naturale minacciata dall’ideologia del gender».
All’incontro era stata invitata l’infettivologa Chiara Atzori, considerata “la Nicolosi italiana”, dal nome dello psicologo americano Joseph Nicolosi che teorizza di poter “riparare” con la psicologia l’omosessualità: tali teorie sono sconfessate dalla comunità scientifica e vietate dall’Ordine degli psicologi. La stessa Atzori invece considera “illuminante” il lavoro dello psicologo americano avendo scritto anche la prefazione all’edizione italiana di un suo libro ed a RadioMaria ha sostenuto che «nei Paesi dove è avvenuta la normalizzazione dell’omosessualità, e quindi in qualche modo la depatologizzazione intesa come, così, equiparazione un modo di essere come un altro i risultati sanitari sono stati devastanti».
Tale ciclo di incontri ha provocato molte polemiche e l’abbinamento omosessualità/malattia ha fatto saltare sulla sedia i consiglieri comunali di Torino Michele Curto di Sel (da ragazzino allievo proprio del Faà), il suo compagno di partito Marco Grimaldi e i democratici Marla Levi e Luca Cassiani, i quali hanno chiesto al sindaco Fassino di considerare la sospensione della convenzione con l’istituto cattolico: infatti all’interno dell’istituto esiste una scuola materna che riceve sovvenzioni da parte del Comune di Torino.
Alla fine la scuola ha deciso – di sua iniziativa – di cancellare l’incontro ma in un comunicato ha scritto che alcune persone hanno manifestato «il loro disprezzo per la libertà di espressione, confermando come certi movimenti tollerino su questi temi soltanto opinioni conformi alle loro, mentre a ogni altra posizione si vuole impedire di esprimersi».
Ovviamente l’episodio ha provocato le reazioni della stampa cattolica per denunciare quelli che potrebbero essere gli effetti della legge contro l’omofobia.
Interviene il sociologo cattolico Massimo Introvigne sulla Nuova Bussola Quotidiana: «Ci avevano raccontato che non bisogna preoccuparsi della legge sull’omofobia: nelle chiese e nelle scuole i cattolici saranno liberi di continuare a presentare la loro dottrina. Le bugie, però, hanno le gambe corte. A Torino, un clamoroso episodio approdato sulle prime pagine di tutti i giornali locali mostra come la tolleranza sia intesa dagli attivisti omosessuali a senso unico». Continua lo studioso: «Le organizzazioni LGBT hanno iniziato con gli insulti e le minacce via Facebook (…). Poi gli attivisti gay hanno scritto anche all’Arcivescovo di Torino con un tono fra il suadente e il minaccioso». Sarebbe interessante sapere quali siano stati gli “insulti e le minacce” delle organizzazioni lgbt e cosa sia stato scritto di tanto “suadente e minaccioso” all’arcivescovo di Torino ma purtroppo bisognerà rimanere con il dubbio perché Introvigne non riporta nulla di tutto questo.
Sempre per Introvigne, che scrive di un «crescendo di minacce», alla fine «si sono mobilitati i giornali “amici” – “La Repubblica” in testa – invocando dalla prima pagina delle edizioni torinesi immediati provvedimenti contro la scuola “omofoba”». Strano che, se vi è stato questo “crescendo di minacce”, non sia stata fatta denuncia alla magistratura mentre risulta paradossale che chi tanto si fa paladino della libertà d’opinione poi vada ad indignarsi il semplice fatto che alcuni giornali abbiano espresso un proprio punto di vista.
Molto più “acceso” l’intervento di Riccardo Cascioli sempre sulla Nuova Bussola Quotidiana con un articolo dal titolo “Sopraffazione gay, si è superato qualsiasi limite”. Cascioli, che su quanto avvenuto al Faà di Torino c’è stata una «pesante intimidazione dei gruppi gay», scrive: «Ora però sta arrivando l’ondata di piena, con tanto di aggressione e minacce a chi vuole continuare a sostenere che in natura esistono solo maschio e femmina e che l’unica famiglia possibile è quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna». Addirittura «si sta instaurando un clima di intolleranza e sopraffazione da parte dei movimenti gay contro chi rifiuta l’indottrinamento, che non può lasciare indifferenti le autorità» scivolando «verso una dittatura gay che in realtà è già iniziata».
Di solito le aggressioni le minacce sono denunciate alla Polizia e sono riportate dai giornali come nel recente caso di lancio di bottiglie di urina lanciate contro un locale gay a Milano mentre non pare che i media riportino di casi di eterosessuali picchiati in quanto sostenitori della “famiglia tradizionale”. Inoltre le dittature (gay o meno) per prima cosa zittiscono la stampa d’opposizione mentre pare che l’universo della stampa cattolica in Italia sia forte ed ampio.
Non poteva mancare la presa di posizione di Tempi che si domanda: «C’è ancora libertà di parola sull’omofobia? O siamo già alla censura fascista?». Secondo Marco Margrita il caso del Faà evidenzia «come sia facile restringere gli spazi della libera espressione, operando la criminalizzazione delle posizioni non allineate».
Sulla vicenda interviene anche Nicoletta Martinelli sul giornale dei vescovi italiani Avvenire: «Si pretende di zittire relatori e platea ancora prima che abbiano espresso qualsiasi pensiero. Chi discrimina chi?».
L’istituto Faà è un liceo scientifico paritario e come tale finanziato da tutti i contribuenti (anche da quei tre italiani su quattro che considerano normale l’omosessualità). In base a quanto prevede l’articolo 3 la legge 62/2000 sulla parità scolastica «alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico. Tenuto conto del progetto educativo della scuola, l’insegnamento è improntato ai princípi di libertà stabiliti dalla Costituzione». Lo stesso articolo prescrive che «non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa». Resta il dubbio se sia lecito in una scuola che, essendo paritaria, svolge un servizio pubblico ed è finanziata dallo Stato si possa tenere – anche non per gli studenti – un ciclo di incontri che non è improntato ai princìpi di “non discriminazione” della nostra Costituzione e che propugna una ideologia ben precisa.
Risulta quasi paradossale la reazione della stampa cattolica che, con il solito motivo di attaccare la legge contro l’omofobia in discussione in Parlamento, non perda occasione di parlare di fantomatiche discriminazioni, minacce ed intimidazioni da parte della “dittatura gay” puntando il dito contro chi – politici, giornali o associazioni – semplicemente “osi” criticare certe iniziative. Si pretende quasi che la libertà d’opinione e di parola per quanto riguarda l’omosessualità includa anche il diritto a non essere criticati: insomma difendo la libertà d’opinione ma solo se è la mia opinione, per il resto zitti tutti. Amen.
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