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La libertà dei palloncini ad elio.Tutti i guai dell’uomo ...

Creato il 12 novembre 2013 da Lostilelibero

Talvolta la premessa qualifica, sino ad assorbirne la portata, persino il successivo contenuto. 
Circonfusa con esso finisce per appesantirsi in un abbraccio. Una dichiarazione d’intenti non potrebbe probabilmente esordire in maniera peggiore. Sfumando nell’implicito, anziché promuovere una chiarezza tale da essere facilmente accessibile.
Porteranno pazienza, per una volta, tutti coloro che reclamano contenuti limpidi e trasparenti, quelli per cui alla comprensione non bisogna aggiungere nulla di sé, un po’ come l’inspiegabile successo di quegli action movie che definiscono per contraltare un’assenza totale di azione nello spettatore.  Anche voler capire, lo si intuisce dallo stesso termine latino, pretende un moto, bisogna anzitutto voler afferrare e ghermire, tirare a sé, “carpire”. La libertà dei palloncini ad elio.Tutti i guai dell’uomo ...Se si passeggia tra gli uomini con l’intenzione di volersi perdere negli angusti vicoli ciechi, nelle profonde crepe e negli intermittenti labirinti, accettando di buon grado pure d’inciampare tra le loro scoscese irregolarità, si potrebbero scovare negli andirivieni esistenziali un gran numero di morali, magari inattese, talvolta confuse, spesso mescolate in un’indistinta combinazione. 
Ed in tal modo si potrebbero anche rinvenire tra quei pasticci umani in cerca di una de-terminazione, tratti caratteristici, saltuariamente ricorrenti e collegati tra loro, pur nella necessità illusoria di trovare uni-versali chiavi di lettura a portata di credenza, si rivelano infine due posizioni morali opposte e quasi incompatibili tra loro. Da una parte un tipo di esseri umani che vogliono alleggerirsi dal loro essere vivi, trovando che tutto ciò che vive è un orpello insignificante, l’inutile corredo ad un’esistenza che vorrebbe esclusivamente coricarsi e giacere nell’indifferenza. Per costoro lo stesso esistere sembra una perdita di tempo buona per qualche poco pratico acchiappa nuvole, poiché vivere sembra già essere un insostenibile peso e abbisogna quindi di cercare supporto in tutti quei rimedi in grado di mitigarne la fatica volitiva per poter infine sopportare quel vivere caotico, “sciolto e sfrenato e rifluente in se stesso”. Il divertimento, lo stordimento, la narcosi, la quiete, diventano dunque, quasi automaticamente, dei valori da opporre all’esistenza; la semplicità nella prospettiva di un’assenza di problematicità; la linearità secca e sterile di chi nel far di conto vorrebbe trovare un senso da inseguire; le ubriacature verso ogni sorta di metafisica consolatoria; l’inconsistenza frivola e ogni tipo di leggerezza che non appesantisca la digestione; la libertà in quanto mancanza di responsabilità, per cui la democrazia si risolve infine solo in un “voler delegare a”; la tribolazione solo quando essa rappresenta lo sfinimento di tutti quegli “organi”, fisici e mentali, che da lucidi potrebbero invece cogliere, in un inatteso alito volitivo, quanto sia per loro stressante richiamarsi alla vita; il valutare ogni sforzo solo in vista di una futura liberazione dall’impegno; la dottrina moderna del “fare” come opportunità per rintronarsi e non sapere perché lo si è fatto, cosicché ogni conclusione agita non riesce ad attendere il pensiero che già deve reimpiegarsi in un nuovo lavorio; il senso di ogni pensiero che si riduce a passatempo, come l’aver già pensato richiama solo al sollievo di un’incombenza superata; la problematicità, per quel tipo di esseri umani, è buona solo se paga in denaro; non conoscono morali superiori al loro istinto di scarico. La libertà di quest’“uomo ad elio” è, per usare un’espressione stirneriana, una libertà che vi insegna solo a sbarazzarvi, a disfarvi di tutto ciò che vi pesa. “La situazione è grave, pesante, insostenibile”, direbbe di nuovo quest’uomo leggero, da beauty farm, quel fatalismo dei deboli professanti la religion de la souffrance humaine. Perché ciò dovrebbe rappresentare una condizione negativa? Spezzando anche questa tavola di valori, potremmo sostenere finalmente che se vi è gravità, se si sente che c’è un pondus, significa che si andrà in profondità. Sub-fero: si prospetta un godimento patico. Il contrario di gravità non è pertanto leggerezza, bensì metafisica! Dalla parte opposta rispetto a questa morale del disimpegno esistenziale e della riduzione dimora invece una moralità che pertiene ad una specie di uomini gravi. Un uomo fiero, un uomo che trova nella gratitudine verso l’esistenza la cifra della propria bontà e la sua stessa giustificazione. Una morale che conduce la propria vita in modo da ricevere da essa qualcosa su cui valga la pena pensare, sulla quale ci si possa appesantire e consumare, un’estetica morale. La vita come palestra morale di conoscenza. La vita come luogo di dominio su sé stessi. Una libertà che aggrava la vita e che carica il vivente di ogni rasserenante responsabilità. Una libertà voluta e non ricevuta - come segnala ancora Stirner: “se tu fossi libero da ogni cosa, non avresti per l’appunto più niente”


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