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La Libia e i giochi di prestigio dell’Onu

Creato il 26 dicembre 2015 da Maria Carla Canta @mcc43_

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Dalle contestate elezioni di giugno 2014 in Libia legiferavano due Parlamenti: il nuovo, eletto in giugno, migrato a Tobruk “per ragioni di sicurezza” e dichiarato illegale dalla Corte Costituzionale, quello vecchio riconvocato a Tripoli. Più di un anno è trascorso, in varie occasioni i media hanno esultato per un accordo “quasi” raggiunto fra i due centri del potere politico. Questo blog era rimasto scettico e silenzioso. Ora  l’Onu, con il nuovo mediatore Martin Kobler, asserisce essere avvenuta una “svolta”.  Sostanziale o formale?

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Kerry, Gentiloni, Kobler

Il 17 dicembre a Skhirat in Marocco i rappresentanti dei due parlamenti – Saleh Aguila Issa per Tobruk e  Nuri Abusahmin per Tripoli – hanno apposto la loro firma sul piano dell’Onu per la formazione di un governo di unione nazionale.
Il 23 dicembre,  la risoluzione 2259 del Consiglio di Sicurezza, recepisce tale firma sul (proprio) piano.
Questo pronunciamento delle Nazioni Unite, però, avviene prima che le Assemblee di Tripoli e di  Tobruk abbiano  discusso e votato l’accordo!

Per valutare la tenuta dell’accordo
occorre fare un passo indietro 

Due giorni prima di apporre la firma i rappresentanti di Tripoli e di Tobruk si erano incontrati Malta. Il Ministro degli Esteri George Vella dichiara a ">">">" target="_blank">Malta Today che, pur sostenendo gli sforzi Onu, il governo maltese intende offrire uno spazio per le perplessità sul piano stilato da Kobler. Vella racconta di aver proposto al mediatore Onu di assistere in video-conferenza al meeting, come richiesto dagli stessi Saleh e Abusahmin, ma di aver ricevuto un rifiuto. “Quando l’incontro si è concluso, ho chiamato Kobler per informarlo che i due presidenti convenivano di non accettare il piano, ma erano disponibili a ulteriori discussioni con l’Onu” 

Quali punti critici secondo i due rappresentanti libici?
Dal governo di Tripoli, il rifiuto del corridoio per il passaggio delle truppe del generale Haftar (alleato col governo di Tobruk e militarmente rifornito dall’Egitto) verso la parte occidentale del paese per combattere l’Isis. La clausola del ritorno nella capitale del Parlamento di Tobruk (HoR), l’unico internazionalmente riconosciuto, è l’altra eventualità avversata dal parlamento di Tripoli (GNC), e non facile da concretizzare in mancanza di un cessate il fuoco fra le milizie.
Comune ad entrambe le parti il timore che la costituzione del terzo governo con la benedizione dell’Onu dia automaticamente avvio a un intervento militare della Nato; la memoria delle distruzioni non necessarie per abbattere il regime di Gheddafi è ancora troppo viva nella popolazione.

La firma apposta il giorno 17 appare, pertanto, una formalità sotto pressione Onu, che vive un momentaneo trionfo nell’attrarre le autorità di Tripoli sulle posizioni internazionali. Tuttavia il giorno stesso i firmatari libici si sono rivolti a Ban Ki-moon chiedendo di ritardare il riconoscimento del nuovo governo di Accordo Nazionale, essendo i due parlamenti in fibrillazione. Nelle assemblee non esiste unanimità e chi si era espresso a favore dell’accettazione l’aveva fatto a titolo personale. 

Che cosa prevede l’accordo siglato?
Deve formarsi al più presto un Consiglio presidenziale di nove membri cui toccherà il compito di formare entro 30 giorni (Dalla firma? Dalla risoluzione Onu?) il nuovo governo, con relativa lista dei ministri.
Al parlamento di Tobruk va il potere di legiferare, mentre  quello di Tripoli permane come organo consultivo; una clausola sulla quale al momento nessuna parte si è espressa pubblicamente e sulla quale il mainstream tace. Si auspica inoltre che le elezioni vengano realizzate entro sei mesi.  

Già designato Primo Ministro Faiez Al Serraj del parlamento di Tobruk, che non l’aveva indicato nella lista dei nomi suggeriti e che era stato imposto con un colpo di mano dal precedente mediatore Onu Bernardino Leon. Il nostro Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, indifferente alle remore dei firmatari libici, si felicita con Serraj.
Alla carica di vice-premier 
Kobler ha suggerito  il generale Haftar; in tal modo il governo di Accordo Nazionale sarebbe completamente nelle mani di personalità del parlamento di Tobruk, almeno fino alle elezioni.

Fuori dai palazzi libici, cosa si prepara?

L’idea di una forza di peace keeping NATO assume dignità internazionale con la motivazione suggerita da Matteo Renzi: combattere gli estremisti jihadisti e i trafficanti di esseri umani, dichiarando la disponibilità italiana ad assumerne la leadeship. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha lasciato intendere l’invio di 5.000 soldati, tanti quanti inviati in Afghanistan; Cameron è disposto ad aggiungerne altri nell’intento di creare una forza complessiva di 6000 soldati; anche la Francia si sta facendo avanti sostenendo che i tempi stringono per fermare il “cancro Isis”. Da ricordare che la missione di peace keeping, quando approvata dall’ Onu, dovrà prevedere anche l’attribuzione delle operazioni nelle acque territoriali libiche.
C
onsigliere militare di Kobler è il generale italiano Paolo Serra, che intende affidare il compito di tutela e difesa dell’ordine pubblico a forze locali. Per questo scopo è già impegnato nell’individuazione delle milizie “affidabili”, da integrare con altre forze inviate dalle tribù.

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Il comunicato Onu emesso al termine della riunione del Consiglio di Sicurezza  del 23 dicembre esprime l’invito a tutti gli stati membri affinchè collaborino con l’inviato speciale Kobler, con il costituendo governo e con la missione UNSMIL. 

Lo stesso giorno, tuttavia, l’ambasciatore libico all’Onu Ibrahim Dabbashi ha riportato l’orologio politico a prima del 17 dicembre ribadendo che non esiste alcuna intenzione di richiedere attacchi aerei dei paesi occidentali contro i militanti dell’ISIS. Ciò che la Libia chiede è la fine dell’embargo delle armi per poter essere essa stessa in grado di combattere contro le milizie jihadiste: “Ho sempre detto che dobbiamo rafforzare le nostre capacità per combattere ISIS sul territorio“. Non bombardamenti Nato, quindi, ma scontri sul terreno.
Martin Kobler, intervistato per La Stampa da paolo Mastrolilli,  si premura di rassicurare che la risoluzione Onu rispetterà la sovranità del paese.“Prima di parlare di intervento straniero bisogna discutere di come i libici si uniranno contro Daesh. Poi, in un secondo momento, il nuovo governo potrà considerare di chiedere aiuto.”, ma sottolinea anche l’urgenza perchè Isis mira al petrolio. Non a caso la risoluzione 2259, al punto 9, invita il governo di Accordo Nazionale a tutelare l’integrità e l’unità della National Oil Company, nonchè  della Banca Centrale della Libia e del Libyan Investment Authority.

Il solito vecchio e l’inquietante nuovo

Appare evidente, componendo il puzzle delle notizie, che tutte le ostilità e le difficoltà per normalizzare il paese restano sul tavolo della politica.
Le più importanti componenti salutano con favore l’idea della riunificazione, ma forti sono le resistenze contro il piano firmato. Anche il Gran Mufti di Tripoli Sadiq Al Ghariani nella pagina Facebook della sua istituzione religiosa parla di “piano imposto” e allude a HoR di Tobruk come a una assemblea illegale.
Ha una certa importanza notare che il generale Haftar, capo dell’esercito che supporta HoR, ha dichiarato
d’essere pronto ad accettare l’aiuto contro il terrorismo da parte di qualsiasi nazione, citando la Russia. Curiosamente, il rappresentante del GNC tripolino, Khalifa Ghwei, in questi giorni si è recato a Mosca per discutere con il ministro degli esteri Lavrov la situazione politica e militare del paese. L’elemento inedito, non evidenziato dai media, è la diplomazia dietro le quinte della Russia.
Come potrebbe concretizzarsi l’aiuto russo? Permanendo il rifiuto dell’intervento aereo, potrebbe solo consistere in forniture di armamenti, sottobanco fino a quando sarà in vigore l’embargo,  e nella presenza di addestratori militari. Questi andrebbero ad aggiungersi a quelli di altre nazioni già  presenti, ed eventualmente al contingente della coalizione internazionale in via di costituzione, creando una zona critica di possibili divergenze sui target da colpire e non intenzionali incidenti nel corso di azioni nelle stesse zone.

Sul piano internazionale si può notare che, avendo Qatar e Turchia sostenuto il GNC mentre Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno sostenuto HoR e Haftar, il messaggio che Onu invia con il piano di un terzo governo è quello di non proseguire nel supporto alle rivalità. Si adegueranno? 

Hafed Al-Ghwell, del think tank Atlantic Council, ritiene improbabile che i rapporti di forza in Libia possano volgersi definitivamente verso la politica ed è durissimo nella dichiarazione. “L’accordo è costruito su fondamenta instabili. “Era viziato il processo. Ci sono molte parti non incluse nell’accordo politico e le persone che hanno firmato rappresentano gli stessi che hanno lacerato il paese e si sono combattuti per il bottino negli ultimi quattro anni. Non c’è onore tra i ladri “.

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nota:
In Lawless Libya: Can peace be achieved? la BBC dà un sommario degli eventi che hanno condotto alla situazione e i profili delle fazioni che ora si stanno combattendo.

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