Molta gente pensa che il Santo Patrono della città sia proprio sant'Antonio, mentre invece non è affatto vero. Padova ha infatti due Patroni: san Prosdocimo, primo vescovo di Padova, e santa Giustina, prima martire di Padova. Le tombe di entrambi i Santi sono situate nella basilica di Santa Giustina, che si trova proprio nelle immediate vicinanze di Prato della Valle. Ma torniamo a sant'Antonio. Tutta Padova si ferma il 13 giugno, quando per le vie della città si svolge la processione con la più nota fra le reliquie di Antonio: il mento. Non la lingua, poichè è troppo delicata. Ed è proprio della lingua che voglio parlarvi oggi, perchè, proprio oggi, ricorre il 750° anniversario del ritrovamento della lingua incorrotta del Santo.
La reliquia della Lingua
Era l’8 aprile 1263 e i frati - alla testa dei quali c’era San Bonaventura da Bagnoregio, Generale dell’Ordine francescano - riportarono alla luce la cassa contenente le spoglie mortali di frate Antonio, morto 32 anni prima, il 13 giugno 1231.L’intenzione era di spostare le spoglie del Santo dalla chiesetta di Santa Mater Domini, dov’era stato sepolto quattro giorni dopo la morte, alla vicina Basilica giunta al termine della seconda fase di costruzione.
Quando la cassa che conteneva le spoglie di Antonio venne aperta, lo stupore: tra i resti del corpo i frati trovarono, ancora intatta, rosea e compatta come quella di un uomo vivo, la lingua di colui che aveva bene predicato il Vangelo e parlato di Dio al suo popolo. Si gridò al miracolo, anche perchè la lingua, la parte del corpo che si decompone prima delle altre, era perfettamente conservata e integra, assieme al mento (altra reliquia tra le più venerate), tra polvere e cenere, ciò che restava del corpo di Antonio. Fra Bonaventura, di fronte a quel miracolo, così si espresse:
«O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e l’hai fatto benedire dagli altri, ora si manifestano a tutti i grandi meriti che hai acquistato presso Dio»
Fu l’inizio di un culto che dura da sette secoli e mezzo, quello della "Lingua del Santo", come la chiamano i padovani e tutti i veneti, venerata come uno dei segni più cari della parola eloquente e miracolosa di frate Antonio, custodita nella Basilica simbolo della città di Padova.
Le reliquie del Santo. Dall'alto: il mento, la lingua, l'apparato vocale
Da allora milioni e milioni di pellegrini da ogni parte del mondo hanno sfilato nella cappella del Tesoro per ammirare, tra i preziosi reliquiari, la lingua contenuta nella teca gotica d'argento dorato, capolavoro quattrocentesco di Giuliano da Firenze. Ma la storia della Lingua di Antonio non fu sempre tranquilla.
LA GUERRA. Nel XX secolo anche la storia della lingua passa, in maniera obbligata, attraverso le traversie delle due guerre mondiali. Per proteggere gli oggetti sacri dai bombardamenti che nel frattempo erano iniziati, venne deciso di custodirli in un luogo segreto, in basilica. In sacrestia sorge il basamento di una delle due torri campanarie, sostenuta, verso l’interno della Basilica stessa, da un pilastro in muratura di grande spessore. Dentro al pilone si ricavò una scaletta d’accesso all’alto della torre. Proprio in questo luogo venne scavato un vano, profondo quasi un metro. I sacri resti furono estratti dai reliquiari e messi al sicuro, insieme con altri oggetti di valore.
Il mento venne lasciato sul suo cuscinetto, la lingua nella piccola urna di vetro, sigillata al tempo della sua ultima ricognizione ufficiale. Sarebbero rimasti in questo speciale «rifugio antiaereo» fino al 1945, per l’esattezza fino al 12 giugno, vigilia della prima festa di sant’Antonio del dopoguerra.
La gente ovviamente attendeva la processione con grande ansia, poichè era la prima dopo la guerra, e l'attesa era molta. Ma all'apertura del rifugio, l'amara sorpresa: la lingua «non è più com’era stata fino al momento del deposito, cioè non è più carnosa ed eretta, bensì (...) è ripiegata sul piattino della base e si presenta coll’aspetto di un deposito di muffa». In gran segreto, dopo essere stata ripulita della muffa, la lingua fu posta tra due lastrine di vetro ben strette tra loro. Vi sarebbe rimasta un’intera notte, custodita nella stanza del Ministro provinciale. Il giorno dopo, 13 giugno, alle 11.30, tolte le lastrine, la lingua, per il sollievo di tutti, si presentò nuovamente eretta, com’era sempre stata, e poté tornare al suo posto d’onore nella Cappella del Tesoro, dove è continuamente venerata.
Purtroppo però le traversie non sono finite.
IL FURTO AD OPERA DELLA "MALA DEL BRENTA". La famigerata "mala del Brenta", capitanata da Felice "faccia d'angelo" Maniero, già protagonista del terribile attentato-rapina al treno il 13 dicembre 1990, in cui la giovane Cristina Pavesi perse la vita, si rese protagonista di atto sacrilego di inaudita gravità.
Il 10 ottobre 1991, alcuni uomini armati e mascherati fecero irruzione in Basilica, prendendo in ostaggio una guardia e alcuni pellegrini. L’obiettivo era trafugare la lingua, per usarla come merce di scambio nei confronti dello Stato, che sarebbe stato costretto in tal modo a scendere a patti con la «mala del Brenta». Ma i malviventi, sotto gli ordini di Felice Maniero, sbagliarono obiettivo e, al posto della lingua, prelevarono il mento, contenuto in un reliquiario all’apparenza più prezioso.
IL RITROVAMENTO DELLA LINGUA RUBATA La prima notizia Ansa sul ritrovamento viene battuta alle 10.50 del 20 dicembre. I dettagli sono scarni. «Roma, 20 dic. 10.50. La Reliquia di sant’Antonio è stata ritrovata nei pressi di Fiumicino dai carabinieri per la tutela del patrimonio artistico guidati dal colonnello Roberto Conforti. La Reliquia, trafugata dalla Basilica della città veneta, stava per essere trasferita all’estero». A mezzogiorno, nella capitale, i carabinieri indicono una conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione. Poi la Reliquia vola direttamente a Padova scortata dai militi dell’Arma, in testa il comandante generale Antonio Viesti. Sarà egli stesso a consegnarla ai frati nel corso della celebrazione solenne di domenica 22 dicembre. La città è in festa per il Mento ritrovato pochi giorni prima di Natale. Le campane risuonano per l’intera città. Quella domenica una folla immensa giunge in Basilica per pregare davanti al Mento del Santo. Una festa a metà per i carabinieri. Il pomeriggio del giorno prima, infatti, il brigadiere Germano Craighero, 30 anni, sposato con due figli, era morto nelle campagne di Piazzola sul Brenta (Padova), ucciso dal cosiddetto «fuoco amico».
Ma le cose, come appurò la successiva indagine, non andarono esattamente così
IL MISTERO DEL RITROVAMENTO DELLA LINGUA La Reliquia infatti, nonostante quello che si era fatto credere per tutto quel tempo, non era mai uscita dal Veneto. «Nel contesto di questa attività investigativa, quando ancora le indagini erano in alto mare, si inserirono i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico, allora comandati dal colonnello Roberto Conforti – spiega il giudice Pavone –. Tramite Alfredo Vissoli, personaggio che, all’epoca, aveva rapporti con Giuliano Ferrato per ricettazione di oggetti di valore rubati, riuscirono a recuperare la Reliquia, facendo apparire che la stessa fosse stata ritrovata nei pressi dell’aeroporto di Fiumicino in partenza per il Sudamerica. Al contrario, la Reliquia non era mai stata portata fuori dal Veneto in quanto sepolta, subito dopo il furto, lungo un argine nella zona del Brenta e poi fatta trovare in un cassonetto delle immondizie a Ponte di Brenta, alla periferia nordest di Padova. Per questo falso ideologico in atto pubblico furono arrestati sia i marescialli La Gravinese e Tarantino sia il colonnello Conforti, in seguito assolto in giudizio, mentre i due sottufficiali furono condannati». La vicenda ispirò un film di Carlo Mazzacurati, "La Lingua del Santo", con protagonisti Fabrizio Bentivoglio e Antonio Albanese.
Dopo il furto, si parlò molto del fatto che la reliquia non avesse mai abbandonato il territorio di Padova. Si dice che gli stessi banditi non fossero materialmente riusciti a portare il prezioso reliquiario fuori dal territorio di Padova (Ponte di Brenta infatti appartiene amministrativamente al Comune di Padova). Era come se una misteriosa "forza" impedisse loro di superare il ponte che unisce i paesi di Ponte di Brenta e Vigonza. Fu per questo, si disse, che i banditi seppellirono la reliquia lungo l'argine dle fiume Brenta, in territorio padovano, in attesa forse di essere in grado di portar lontano il reliquiario.
Si disse anche che, mentre superavano il ponte stradale, la macchina fosse entrata in avaria e non si riuscisse a farle riprendere la marcia.
Altre dicerie ancora parlano di una misteriosa "voce" che intimava ai quattro, Andrea Zammattio, Andrea Batacchi, Stefano Galletto, e Giulio Maniero, di non compiere quest'atto scellerato e di riportare alla città di Padova il suo tesoro più prezioso.
La verità non si saprà mai e queste sono più leggende che verità, ma come sempre leggenda e verità si fondono assieme...
Questo è un post sicuramente diverso dalla solita tematica, ma come padovana, e come devota di questo fantastico Santo, non potevo certo fare a meno di ricordarlo, in questo giorno così speciale...
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Se volete approfondire, sul ritrovamento della Reliquia: http://www.santantonio.org/messaggero/upload/pdf/1011_30.pdf, sulla festa per il 750° anniversario della "Lingua incorrotta": http://www.santantonio.org/messaggero/upload/pdf/0213_36.pdf
Vedi anche il mio post sul miracolo dei ceri di Sant'Antonio: http://www.pensierospensierato.com/2011/04/il-miracolo-dei-ceri-di-santantonio.html