Abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione nel vicino oriente a Luca Tentori, redattore presso il periodico on-line Stato e Potenza e membro del movimento politico omonimo, che ha a vuto modo di visitare alcuni paesi dell’area.
1) Hai avuto modo di viaggiare nel vicino oriente, puoi segnalarci cosa hai potuto vedere con i tuoi occhi?
1.Da ciò che un osservatore straniero può vedere del Libano, ci si può rendere conto che questo paese mediorientale è stato per decenni vittima di ogni genere di violenze sia causate dalla guerra civile che ha iniziato a dilaniarlo a partire dagli anni ’70, sia a causa delle ripetute aggressioni da parte delle forze sioniste. La prima cosa che è necessario dire, per quanto possa sembrare scontato, è mettere a tacere tutti coloro che si avvicinano a questa complicata realtà con un pensiero infarcito di islamofobia becera e di occidentalismo fine a sè stesso. La stragrande maggioranza del popolo libanese non è affatto composto da fanatici violenti per i quali l’odio e l’intolleranza sarebbero il “pane quotidiano”. Conversando, anche in modo informale, con alcuni amici libanesi, sia con alcuni membri del Partito Nazionalista Sociale Siriano, ma anche semplicemente osservando i libanesi nella loro quotidianità, ci si rende conto che queste persone non desiderano altro che vivere in una realtà politica e sociale stabile con le dovute garanzie e sicurezze in materia di lavoro, sanità, studio, tempo libero e così via, esattamente come la quasi totalità delle persone nel mondo. Beirut è una città enorme,molto vitale,ma divisa in diversi quartieri, ognuno dei quali è feudo di un particolare movimento politico o confessione religiosa:li si possono chiaramente distinguere dalle bandiere esposte lungo le strade o dai vari manifesti di propaganda.Quanto detto per la capitale vale per il resto del paese:viaggiando verso la zona sud del Libano ad esempio abbiamo attraversato la città di Sidone, che ci ha stupito per il suo generale stato di degrado, nelle cui vie campeggiano ovunque immensi ritratti di Rafiq Hariri,mentre proseguendo ulteriormente verso sud di raggiunge una zona del paese controllata quasi esclusivamente da Hezbollah e culla della Resistenza anti-sionista. Attraversando questa zona lo scenario cambia molto,a cominciare dalle bandiere lungo le strade,quasi tutte gialle o verdi e celebranti la Resistenza, alle gigantografie dei leader e dei martirti di Hezbollah e di Amal o di figure storiche dello sciismo come l’ayatollah Khomeini,così come i messaggi di propaganda. Questa zona, appare decisamente più curata ed organizzata. Da notare che al termine della guerra,conclusasi nel 2000 con la ritirata israeliana più l’effimera reinvasione del 2006,tutta questa zona del Libano era soltanto un cumulo di macerie e terreni devastati dalle esplosioni. Ora ben poco traspare di quei pur recenti anni. Ovunque la ricostruzione è stata molto rapida e le attività economiche sono riprese fiorenti specie grazie all’impegno di ogni cittadino libanese, alle attività gestite da Hezbollah e ai finanziamenti ricevuti dall’Iran. Da queste parti la gente ha un legame molto forte con Hezbollah e gli altri gruppi di Resistenza, poiché essi, da movimenti prettamente militari, hanno portato avanti un forte impegno socio-economico a favore della popolazione duramente colpita dalla guerra. Del resto chi ha visto con i propri occhi la ferocia e la tracotanza sionista dilaniare la propria terra non può che parteggiare per la causa del patriottismo e della Resistenza. La popolazione locale ha tra l’altro un grande pregio da cui molti dei nostri politici ed attivisti dovrebbe trarre insegnamento: l’aver compreso che il concetto di Resistenza va al di là del semplice territorio nazionale o del nemico sionista. Infatti il loro sostegno va anche all’esercito siriano oggi duramente impegnato contro il terrorismo (spesso lungo le strade e nei negozi abbiamo visto ritratti dedicati al presidente siriano Bashar Al-Assad ed al suo predecessore Hafez Al-Assad) e all’Iran,quindi un concetto di Resistenza allargato ad ogni forma di anti-imperialismo. E questo sostegno, per chi avesse ancora dei dubbi non è affatto forzato (mi riferisco alle accuse ridicole di chi diceva che i partecipanti alle manifestazioni filo-governative siriane fossero tutte comparse pagate, minacciate o ricattate), ma spontaneo, libero e del tutto genuino. Del resto questa non è la Siria e il governo siriano qui non esercita nessun potere,e se queste persone lo sostegono significa che nessuno le ha costrette:lo fanno soltanto perchè credono che sia giusto. Alla festa di Hezbollah, che ogni 25 Maggio celebra la vittoria della Resistenza contro il sionismo e la liberazione nazionale, e a cui abbiamo partecipato, erano presenti migliaia di persone di tutte le età e di entrambi i sessi con un grande spirito di entusiasmo e coesione. Durante il discorso di Hassan Nasrallah, avvenuto per via telematica per ovvie ragioni di sicurezza, all’annuncio ufficiale della partecipazione di Hezbollah alle operazioni di bonifica e ripristino della sicurezza e della sovranità in Siria, una gigantesca ovazione si è levata dalla folla lì riunita, a testimonianza di come queste persone provino un grande sentimento di solidarietà per i loro fratelli siriani oggi vittime di una brutale aggressione da parte di forze esterne che agiscono con la complicità di elementi collaborazionisti siriani corrotti. Tra i luoghi da noi visitati ci sono anche il Museo della Resistenza dove sono ricordate le gesta dei combattenti anti-sionisti,ma soprattutto ciò che più ha impressionato sono la città di Qana,dove si possono ancora vedere i resti della missione ONU bombardata dall’esercito israeliano, compresa la chiesa,in cui sono state bruciate vive oltre 40 persone che pensavano di avervi trovato un rifugio sicuro, e il campo di prigionia di Al-Khiam.In questo campo,i falangisti libanesi hanno torturato centinaia di oppositori politici libanesi, in ossequio alle direttive dei loro padroni sionisti.Questi ultimi hanno poi raso al suolo il campo nel tentativo (non riuscito) di cancellare le prove a loro carico. Tanto a Qana quanto ad Al Khiam abbiamo potuto ascoltare la verità su quei fatti direttamente dalla voce di chi ha vissuto in prima persona quegli eventi.
Il Libano oggi ci appare come una realtà in fermento, con ottime possibilità di sviluppo,ma compromesso dall’azione nefasta di gruppi organizzati locali ed ingerenze straniere che pongono i loro egoistici interessi prima del benessere dell’intero popolo.
2)Qual’è la situazione in Siria e Libano?
2.La situazione attuale in Medio Oriente è molto tesa e complessa, molto più complessa di chi quella che poteva sembrare fino a pochi anni fa ad un osservatore che si limita ad una visione dicotomica profondamente scorretta e piena di pregiudizi: mondo islamico vs sionismo, democrazia vs dittatura, civiltà vs barbarie o così via.
In realtà il Medio Oriente è da molto tempo una delle porte che l’imperialismo atlantico cerca di sfruttare per la sua aggressione al continente eurasiatico e che si è molto intensificata dopo la caduta dell’URSS.
Bisogna capire che gli imperialisti non si fanno scrupoli di ricorrere a qualunque mezzo pur di raggiungere i propri scopi, anche sostenendo le stesse frange estremiste e terroriste che magari combattono in un’altra parte del mondo o che magari combattevano in questi stessi luoghi in precedenza.
Come è stato detto prima, il Libano è un paese popolato per lo più da persone che non vorrebbero affatto vivere nel clima di pericolo, tensione ed ostilità che purtroppo vi esistono,ma è purtroppo anche infestato di molti gruppi ed organizzazioni di matrice politica e religiosa assai pericolosa e dalla natura estremamente aggressiva ed intollerante,e sebbene i membri di queste realtà siano in minoranza, non si può negare che costituiscano una forza comunque considerevole. Tra le loro fila si possono trovare elementi che a prima vista potrebbero difficilmente sembrare in accordo tra loro. Abbiamo ad esempio i famigerati falangisti, per lo più di religione cristiano-maronita e filo-sionisti, abbiamo poi i fondamentalisti islamici di matrice salafita e waahabita, finanziati per lo più dai ricchi uomini d’affari legati a doppio filo alle petromonarchie, soprattutto l’Arabia Saudita e il Qatar e per lo più aderenti direttamente o meno alla formazione politica Future di Saad Hariri.Ognuno di questi gruppi, sebbene per scopi diversi e con sistemi diversi, mina profondamente la pace e la stabilità del Libano. Del resto lo Stato e le Forze Armate libanesi possono ben poco in quanto in termini di equipaggiamento tecnico-militare e numero difficilmente possono contrastare le forze messe in campo dalle varie organizzazioni armate presenti sul territorio libanese, sebbene nel recente scontro tra i militari e i terroristi salafiti dello sceicco al-Assir ,avvenuto a Sidone, i soldati libanesi abbiano resistito vittoriosamente all’aggressione e mantenendo l’ordine.Dall’altro lato della barricata, se si può usare questa espressione, abbiamo invece i movimenti politici e religiosi di “Resistenza”,dove con questo termine si intende la lotta armata per la sovranità nazionale contro gli aggressori sionisti e i loro fiancheggiatori indiretti. In questo campo, i nomi più noti sono quelli dei movimenti sciiti Hezbollah ed Amal ed il Partito Nazionalista Sociale Siriano. Mentre i primi due sono movimenti politici dalla forte matrice religiosa sciita, l’SSNP è laico. Tuttavia ad accomunarli,oltre al loro patriottismo, anti-sionismo ed anti-imperialismo, vi è l’idea del diritto al reciproco rispetto e pacifica coesistenza all’interno del territorio libanese di tutte le diverse confessioni religiose ed idee politiche. Una visione questa assolutamente incompatibile con quella dei salafiti, per i quali tutti gli altri sono “infedeli” da combattere e sottomettere ad ogni costo. Il Libano risulta quindi frammentato in diverse zone di influenza che si possono anche capire a colpo d’occhio osservando le numerose bandiere,ritratti o simboli politici delle realtà che controllano quella determinata zona. La stessa Beirut è divisa in numerosi quartieri,ognuno dei quali è territorio controllato dal rispettivo gruppo politico con la propria milizia. In definitiva si ha l’impressione di un Libano diviso tra una fazione resistente ed anti-imperialista, di matrice laica o in ogni caso tollerante delle diversità etnico-religiose, patriottica e sovranista ed una fazione nei fatti (anche se magari non dichiaratamente) filo-sionista e filo-imperialista, dichiaratamente settaria, reazionaria, intollerante e violenta (anche se ogni tanto ama dipingersi come “dirittumanista” e liberartaria,di quella libertà portata con le bombe e le armi americane,saudite,qatariote,turche ed israeliane) che usa la religione come una cappa di piombo da imporre ai suoi seguaci e seminando la barbarie; barbarie che l’imperialismo atlantico userà come punta di lancia nel suo tentativo di penetrazione verso l’Eurasia. Per quanto questi concetti possano essere sconosciuti a molti “cittadini medi”occidentali (e non solo), viaggiando in queste zone ci si rende contro che invece una grossa fetta della popolazione locale li ha recepiti benissimo. Il fatto è che per molti altri di loro invece non è così e si continua a sostenere realtà fortemente nocive ad un Libano (e più in generale un Medio Oriente) pacificato. Da quello che si può vedere, il Libano appare come una ricostruzione in scala del Medio Oriente diviso allo stesso modo. La situazione interna siriana ,per lo meno prima dell’esplodere del conflitto, è sotto certi aspetti simile a quella libanese: anche in Siria vi è una società religiosamente e culturalmente variegata, ma i cui membri vorrebbero anch’essi vivere in pace e serenità, con le dovute garanzie sociali,come quelli libanesi e come i siriani hanno sempre fatto da 50 anni a questa parte. Chi ha avuto modo di visitare la Siria baathista ha potuto ben vedere una società laica e armoniosa. Ma anche in Siria,come in Libano, ci sono componenti della società arretrate culturalmente e mentalmente, e movimenti politico-religiosi che fanno capo a queste componenti e che le sfruttano per i propri scopi. Per lo più si tratta di formazioni di matrice fondamentalista, violenta ed intollerante, che fin dall’inizio hanno del dramma oggi in atto in Siria, hanno gettato benzina sul fuoco, confidando nel sostegno da parte degli attori internazionali ostili al governo baathista, Stati Uniti e paesi NATO, petromonarchie, la Turchia di Erdogan ed anche Israele,con quest’ultimo che preferisce una Siria in mano a pericolosi estremisti,ma dilaniata internamente,caotica e in definitiva meno pericolosa per i suoi interessi rispetto ad una Siria forte,coesa e stabile. Va detto comunque che se la cosiddetta “rivoluzione” siriana avesse potuto contare solo sulle forze anti-governative locali sarebbe stata sconfitta in molto meno tempo e con molte meno perdite umane. Il fatto è che tra le fila dei ribelli militano terroristi di tutte le specie provenienti dai quattro angoli del globo,che costituiscono il perno dell’aggressione a questo paese e la causa principale del protrarsi nel tempo del conflitto armato.In Siria però,a differenza del Libano, l’esercito e le istituzioni governative sono forti e salde e godono di un’ampia base popolare,forse persino più coesa ora che ha potuto constatare cosa sarebbe una Siria in mano ai terroristi, di quanto non lo fosse magari all’inizio del conflitto. Questo aspetto ha fatto sì che la Siria non capitolasse di fronte al disegno imperialista di distruggerla dall’interno come con la Libia. E determinanti sono stati anche i veti e l’appoggio di Russia,Cina,Iran ed Hezbollah. Nelle prime fasi del conflitto si parlava di un governo siriano allo sfascio,con i minuti contati e di un Presidente in procinto di fuggire. Questo non è mai avvenuto,chiaramente. Oggi la realtà dei fatti è emersa chiaramente: da una parte abbiamo il popolo siriano e il suo governo legittimo,dall’altra le forze di aggressione esterne e quei siriani traditori che le appoggiano. Oggi la situazione siriana sta migliorando progressivamente e l’esercito sta avanzando d giorno in giorno bonificando le aree prima occupate dai terroristi, tuttavia è presto per azzardare la conclusione delle operazioni,sebbene un moderato ottimismo sia oggi possibile. Per quanto riguarda il resto del Medio Oriente e dei paesi vicini la situazione non ci fa certo brillare gli occhi dalla gioia: da quando è iniziata al cosiddetta “primavera” nulla è migliorato rispetto a prima. Del resto non ci si poteva certo aspettare un miglioramento da un’operazione di cambio-regime progettata a Washington e nelle capitali collaborazioniste europee. In Tunisia non c’è stato alcun miglioramento tangibile dagli anni di Ben Alì; della Libia non parliamone neppure: uno Stato fiorente,stabile ed avanzato è stato ridotto ad una landa devastata in preda alle scorribande di gruppi armati di ogni risma; l’Egitto è tuttora scosso da violenze e da instabilità,dove si fronteggiano da una parte i Fratelli Musulmani,”l’Islam moderato” tanto cari ai circoli benpensanti occidentali e le opposizioni laiche che costituiscono un fronte politico eterogeneo,con l’esercito a fare da ago della bilancia; l’Iraq, dalla caduta del governo di Saddam Hussein è in una situazione simile a quella libica se non peggiore,scosso periodicamente da continui attentati e profondamente diviso al suo interno; il popolo palestinese continua ad essere calpestato dal sionismo e tradito ed ingannato dai suoi rappresentanti ormai quasi tutti schierati con il fronte imperialista e takfirista; il popolo del Bahrain,che ha cercato coraggiosamente di rialzare la testa è stato brutalmente represso nel silenzio generale; in Turchia gli elementi più coscienti della popolazione stanno rialzando la testa contro la politica scellerata di Erdogan e se questo movimento trova coesione e compattezza potrebbe essere importante per migliorare gli equilibri della regione; a Sud le petromonarchie continuano la loro fossilizzata esistenza ben protette dalla loro alleanza geopolitica con l’imperialismo atlantico e continuando a sostenere il terrorismo contro gli stati sovrani come la Siria. Proprio sulla Siria oggi si gioca la partita più importante:se l’esercito lealista continuerà la sua avanzata e la sua opera di bonifica del territorio nazionale,l’Asse della Resistenza ne uscirà molto rafforzato sia sul piano regionale che internazionale e questa rappresenterebbe una grande vittoria contro l’imperialismo e i suoi fiancheggiatori.
3) Cosa dovrebbe fare l’Europa nel prossimo periodo?
3.L’Europa dovrebbe fare delle scelte che non siano dannose a sè stessa o ad altri popoli,scelte che oggi non vengono fatte per ossequiare l’imperialismo atlantico. I paesi europei dovrebbe sganciarsi innanzitutto dalla NATO e dalle istituzioni internazionali che oggi fanno solo da paravento alle azioni di aggressione imperialista. E’ assurdo che di fronte alla crisi economica che attanaglia l’Europa,i suoi governanti non trovino di meglio da fare che sostenere aggressioni imperialistiche per conto dei loro padroni americani,dilapidando enormi quantitativi di denaro che invece potrebbero essere usati per le politiche sociali. L’Europa oggi sostiene senza mezzi termini il terrorismo internazionale mascherandolo da sotegno a movimenti per il diritti umani o roba simile e si porta persino i suoi membri in casa propria con una politica criminale, ottusa e per niente lungimirante,visto che chi insanguina la Siria,il Libano,l’Iraq e il Nord Africa oggi, potrà benissimo fare altrettanto con l’Europa domani. Questo non accade solo nel Medio Oriente o in Nord Africa, ma anche in doverse parti della Cina ad esempio. Comportarsi in questo modo danneggia tutto e tutti: danneggia noi europei e danneggia i popoli aggrediti dall’imperialismo e dai suoi servi e non danneggia solo in termini di vita umane perdute o permanentemente segnate oppure in termini di distruzioni tangibili,ma anche economicamente,culturalmente,socialmente.L’Europa deve radicalmente cambiare questo atteggiamento se non vorrà finire in un baratro,in cui naturalmente finiranno solo i “comuni mortali”,mentre le varie oligarchie capitaliste ovviamente ne resteranno fuori.Tuttavia quanto esposto fino ad ora è destinato a rimanere lettera morta,fino a che i popoli europei continueranno ad essere succubi di una classe politica asservita al potere del capitale globale, senza alcun amor patrio e senza alcuna visione che si sganci dal mero interesse utilitaristico ed egoistico di poche elitè. In altre parole i popoli europei, di tutte le categorie produttive, dovrebbero essere solidali tra loro ed insorgere contro questi governi di plutocrati ed oligarchi parassitari e restituire l’Europa agli europei. Tuttavia se non si vorrà ricadere nella situazione attuale,ma con attori diversi, andrà cambiato anche il sistema economico-sociale capitalista,specie nella sua degenerata forma ultraliberista, e virare decisamente verso il socialismo reale,in modo che le risorse dei nostri paesi siano messi veramente a disposizione dei propri abitanti. In definitiva l’Europa deve attuare la sua liberazione territoriale e culturale dall’occupazione e dall’influenza atlantista.la sua liberazione sociale dal sistema capitalista ed avviare accordi di ogni natura con tutte quelle realtà e quegli stati ostili all’imperialismo e al colonialismo.
Informazione Scorretta