Ultimamente si osserva in giro un certo ottimismo sulla situazione dell'economia mondiale e della zona euro. Cautamente, responsabili politici e commentatori iniziano ad interrogarsi sulla futura ripresa dell'economia (e sulla sua fragilità). Martin Wolf sul Financial Times si chiede quando e come si potrà tornare ad una situazione di normalità nella conduzione della politica economica. Wolf è preoccupato che i decisori economici si facciano prendere dalla tentazione di considerare la crisi in via di risoluzione. La preoccupazione sembra giustificata: è un errore che facemmo già all'inizio del 2010, quando soprattutto in Europa le politiche espansive furono abbandonate in favore di politiche di austerità che hanno soffocato una ripresa all'epoca molto fragile.
La scelta dei tempi nella definizione della politica economica è tema importante e troppo spesso trascurato. Come regola generale, si può affermare che lo stato dovrebbe ridurre la propria presenza nell'economia quando il settore privato è pronto a prendere il testimone. In altre parole, le politiche fiscali espansive e la politica monetaria accomodante dovrebbero cessare solo quando si sia ragionevolmente certi che il settore privato ha ripreso a spendere (o è pronto a farlo) e quando il credito, benzina della spesa privata, fluisce verso consumatori e imprese senza problemi.
Ci si deve allora chiedere se il comportamento di imprese e consumatori sia coerente con l'atmosfera di sia pure cauto ottimismo che si respira in questi giorni. La risposta, temo, non è molto positiva. La Bce ha pubblicato i risultati della sua inchiesta trimestrale sul credito bancario, e le cose non sembrano purtroppo migliorare. Eccone alcuni stralci:
L'inasprimento netto dei criteri per i prestiti alle imprese da parte delle banche della zona euro è sostanzialmente stabile nel quarto trimestre del 2012 (...). L'inasprimento netto nel quarto trimestre del 2012 è aumentato per i prestiti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni (...) e per il credito al consumo (...). L'incidenza dei costi per le banche di fondi e vincoli di bilancio sull'inasprimento netto dei criteri è rimasto sostanzialmente invariato, sia nel caso dei prestiti alle imprese che dei prestiti alle famiglie. Allo stesso tempo, la percezione del rischio ha contribuito alla crescita del irrigidimento netto dei criteri di concessione dei prestiti alle famiglie nel quarto trimestre del 2012, mentre nel caso di prestiti alle imprese l'impatto delle prospettive economiche generali e dei rischi di settori specifici è rimasto ad un livello elevato. (...) Guardando avanti al primo trimestre del 2013, le banche dell'area dell'euro si aspettano un grado simile di inasprimento netto degli standard di credito per i prestiti alle imprese, mentre si aspettano un calo dei prestiti alle famiglie.
In una frase, il credito è rimasto limitato, sia per le famiglie che per le imprese, e le banche sondate non prevedono cambiamenti significativi nei primi mesi del 2013. Per quanto riguarda la domanda di credito:
Passando agli andamenti della domanda di prestiti, le banche dell'area dell'euro hanno continuato a segnalare una pronunciata riduzione netta della domanda di prestiti alle imprese nel quarto trimestre del 2012 (-26% rispetto al -28% nel terzo trimestre del 2012). Come nel trimestre precedente, secondo le banche dichiaranti, la riduzione netta nel quarto trimestre del 2012 è stata guidata principalmente da un notevole impatto negativo degli investimenti fissi sulle esigenze di finanziamento delle imprese (-31% rispetto al -33% nel terzo trimestre del 2012) (...) Guardando avanti al primo trimestre del 2013, le banche si aspettano una riduzione netta della domanda di prestiti alle imprese meno pronunciata (-11%), mentre si aspettano una riduzione netta della domanda di prestiti per l'acquisto di abitazioni più pronunciata (-25%).
Anche dal lato della domanda di credito, dunque, le cose non vanno molto bene. La crisi continua a frenare i progetti di spesa del settore privato (in particolare gli investimenti).
Concluderei con due osservazioni:
1. l'indagine evidenzia che le banche attribuiscono il credit crunch, tra le altre cose, alla necessità di adattarsi alla nuova regolamentazione che si sta disegnando, che impone comportamenti più prudenti. È chiaro che in questo caso si potrebbe avere la tentazione di invocare un ritorno a regole meno restrittive. Nulla sarebbe più sbagliato. La risposta appropriata è quella di accompagnare la transizione al nuovo regime regolamentare compensando l'inasprimento del credito bancario privato con condizioni monetarie accomodanti.
2. Nelle condizioni attuali domanda privata e domanda pubblica non sembrano essere sostituibili, ma complementari. L'austerità sta provocando il deterioramento delle condizioni economiche, cosicché la diminuzione della spesa pubblica si accompagna, in un circolo vizioso, con una riduzione della fiducia e quindi della spesa privata. Specularmente, delle politiche keynesiane di sostegno della domanda potrebbero oggi rivelarsi una strategia vincente perché contribuirebbero a ripristinare la fiducia e quindi ad incentivare una ripresa della domanda del settore privato.
La luce alla fine del tunnel è ancora molto fioca. E alla luce dell'esperienza recente vi sono innumerevoli cose che potrebbero allontanarla ulteriormente. È rassicurante che finora l'ottimismo sia rimasto cauto e che la fragilità della ripresa sia evidenziata nel dibattito. L'ideale sarebbe che questa consapevolezza evolvesse verso una messa in discussione delle politiche di austerità in Europa. Sfortunatamente non viviamo nel mondo delle fiabe.
(*) Senior Economist, OFCE, Parigi http://fsaraceno.wordpress.com/