A volta mi faccio tirare per i capelli in letture che la mia pancia cerca in tutti i modi di impedire. E ogni volta che ci casco la mia pancia, devo riconoscerlo, rivela una sensibilità e una conoscenza straordinarie, ricordandomi di darle più retta.
Questo libro, nonostante il successo, le lusinghe di critici e lettori, gli apprezzamenti dei molti, è una accozzaglia di inutili e francamente noiosi ritratti di personaggi inverosimili, che si rincorrono su e giù per le scale di questo insipido condominio, entrando e uscendo dagli appartamenti.
Il tutto è talmente paradossale, inverosimile e palesemente costruito, che le pagine diventano degli scogli insormontabili, delle sfide impossibili per ritrovare logica e serenità nella lettura.
Ma la conclusione di questa immane opera dell'inutilità è stato un parto con allarme e complicazioni diffuse.
La bambina, poi donna, prima felice, poi orfana, poi carcerata, alla ricerca del padre, ma poi anche della madre, si aggira tra passato, presente, passato prossimo, l'altro ieri e cinque anni fa.
Il lettore deve quasi prendere appunti per riuscire a seguire il filo logico (logico?), e non riesce ad affezionarsi a nessuno.
Se l'intento era sfidare il lettore in una gara ad ostacoli tra pagine e caratteri tipografici, bene l'autrice ci è riuscita.
Se invece si voleva scrivere un libro, bene, l'obbiettivo non è stato raggiunto.
Poi il libro, con tutto il rispetto per l'autrice, ha avuto e sta avendo un grande successo e quindi, probabilmente, sono io che sono sempre meno in linea con quanto sta accadendo nel mondo, e quindi anche nel panorama letterario.
Di dimettermi anche da lettore per ora non ne ho voglia, e quindi chiudo l'ultima pagina con infinita liberazione e comincio a passeggiare con i polpastrelli le coste dei libri non ancora apertri e conosciuti.
Perché ogni libro nuovo è un nuovo sogno.