Leggere il libro col segnalibro personalizzato della casa editrice [creato da Rêves à Porter] non ha prezzo.
Quando ero piccola, come probabilmente molti bambini, avevo paura del buio. In realtà, non era il buio a farmi paura, non era la mancanza di luce a spaventarmi, ma quello che io immaginavo potesse esserci là dove i miei occhi non mettevano a fuoco. Una volta poi accompagnata per mano nel punto in cui non c'era luce, spariva tutto e non me ne importava più niente che fosse buio.
La paura è qualcosa che sta nella nostra testa, perché non c'è niente di più potente - e spaventoso -dell'immaginazione.
Fin dalle prime pagine di "La luce nera della paura" di Massimo Rossi [Scrittura & Scritture], ho avuto paura. Non saprei dirvi di che cosa, ma ho sentito la tensione crescere di attimo in attimo, man mano che le pagine scorrevano sotto i miei occhi (e vi posso assicurare che scorrevano velocemente!).
A Bolzano, Leonardo Ferrari vive una vita tranquilla, con la moglie Christine e il figlio Pietro: è ingegnere, ama il suo lavoro e cerca di essere giusto coi suoi impiegati (magari evitandone il licenziamento). Per una banalità, un fraintendimento, una sera litiga furiosamente con Christine e la rottura lo porta a cercare nell'adrenalina una scossa per far ripartire la realtà. Va a trovare il padre Angelo a Venezia e ha un incidente in mare.
A Bolzano, due anni dopo, Christine, vedova, perde il nuovo compagno, il direttore del centro di ricerca biomolecolare dove lavora, in uno strano incidente d'auto.Contemporaneamente, suo padre, Hans Pichler, funzionario Nato, sparisce per una missione segreta e nessuno ha sue notizie da un mese.Christine si sente seguita, osservata, minacciata da un auto che compare e scompare da sotto casa sua e sa, sente, che è lì per lei. La paura di impossessa di lei e l'unica cosa che conta è mettere in salvo suo figlio.Pietro, a causa della morte del padre, è in terapia dalla psicologa, Helena Ziegler - già protagonista del primo romanzo di Rossi "L'ombra del bosco scarno" - e quando, dopo una seduta, resta in attesa della madre più del dovuto, Helena capisce che è successo qualcosa a Christine.
Inizia così una rocambolesca serie di eventi troppo strani per non essere collegati tra loro e il commissario Rollo Weber non crede alle coincidenze. Rollo e Helena si trovano a dover fronteggiare qualcosa che non capiscono del tutto ma, nelle loro azioni, hanno ben presente solo un obiettivo: proteggere gli innocenti e allontanare la paura.
Massimo Rossi, con la sua immaginazione, gioca con la nostra, instillandoci qualcosa che non sappiamo definire ma che ci fa correre un brivido freddo lungo la schiena. La storia parte in maniera così normale da fare ancora più paura, perché la normalità del male è paralizzante. Rossi, però, ci fa dubitare di ogni personaggio che incontriamo nella storia, dall'inizio alla fine. Ho avuto paura di Leonardo, di Christine, perfino di Pietro. Ho visto negli sguardi degli abitanti di Burano l'invidia, l'interesse, il desiderio di fare del male. Ho pensato male del sostituto procuratore Gabriel Roth colpevole, ai miei occhi, di avere la stessa calvizie di uno dei personaggi malvagi di cui non si sa il nome (quindi poteva benissimo essere lui, dal particolare della testa lucida, no?).
Alla fine mi sono chiesta se, per caso, il problema non fossi io, ma la risposta è solo una: la paura alimenta l'immaginazione e, se parliamo di un'immaginazione fertile come la mia, si finisce per aver paura anche della propria ombra, mentre si sta leggendo un libro come "La luce nera della paura".
L'autore, con le sue parole studiate, mira a fare proprio questo, a farci immaginare la paura e ci riesce perfettamente.
Il ritmo della narrazione completa l'opera, creando una tensione che si scioglie solo nelle parti affettuose tra nonno e nipote e negli sguardi inteneriti che Helena inizia a rivolgere a Rollo.
A proposito, anche la paura dei rapporti umani ne esce un po' sconfitta, alla fine di questo libro, con la speranza che la luce nera della paura possa diventare più chiara con un raggio di speranza.
Alla fine di questo libro, trovate alcune frasi delle recensioni de "L'ombra del bosco scarno", tra cui anche la mia