I raggi della luna piena in una lunga notte di gennaio, in riva al mare o in un bosco. L’immagine lontana al crepuscolo serale di una falce lunare che sale, sale nel cielo freddo di una limpida sera invernale. E, infine, il tramonto di una luna splendida e siderale all’orizzonte che indica il misterioso Occidente, nel bianco irreale di una distesa di neve.
Queste frasi, quasi dei versi, per me poeta, sono scaturiti all’improvviso imprimendosi sulla carta e acquisendo forma nella scrittura dopo aver preso visione dell’album LUNA D’INVERNO di Alessia D’Andrea e soprattutto delle sue parole nel descrivere il misterioso paesaggio della luna, in una notte d’inverno, in simbiosi con la sua anima.
Poesia romantica e ossianica, che amplifica il rigurgito di inusitate emozioni servendosi della musica per poter creare o individuare e donare il fascino incommensurabile di un’evocazione senza tempo. La luna d’inverno è forse glaciale, splende di una luce pallida, forse bianca o forse d’argento. L’ho osservata in notti dolorose e agitate, le ho parlato fra i sibili del vento e i fiocchi di neve cercando una risposta o non cercandola affatto, perchè la luna è, fin dai tempi più remoti, l’amica più sincera dei poeti e dei musicisti.
Incipit tutto al piano nel pezzo, che da il titolo all’album, LUNA D’INVERNO, il quale si esplica, via via che le note procedono, in un approccio decisamente rock. Pieno di un senso di libertà tutto interiore il testo. Sostenuto e quasi ballabile il ritmo della canzone OCCHI BLU, capace di stupire e di coinvolgere con molte venature ironiche e per niente scontate. Da quasi la vaga idea di un blues invece il brano BEYOND THE CLOUDS interamente cantato in inglese. Riuscita l’antitesi fra drums e piano. Intimo, intenso, quasi sensuale ANIME BRUCIATE, che si condensa in un attimo dalle forti sensazioni. Sono alcuni fra i dieci pezzi che compongono il primo album in italiano di Alessia D’Andrea uscito il 27 marzo scorso e prodotto tra Italia, Svezia, Germania e USA dall’etichetta indipendente RENLIN. Notevole la voce dell’artista, che sa passare da toni soft a toni più aggressivi, comunicando a tutti la propria passione del suo fare musica.
Alcune domande ad Alessia D’Andrea
D. – Ciao Alessia,
cosa rappresenta per te la luna d’inverno.
R. – Sarà “colpa” del mio ascendente Cancro ma sono sempre stata molto affascinata dalla luna. D’altronde questo piccolo satellite riesce ad attirare il mare e l’attenzione di molti artisti che da sempre si sono ispirati alla sua figura nella pittura, nella letteratura, nella musica: da Van Gogh a Leopardi ai Pink Floyd e mille altri. Ma in LUNA D’INVERNO ho voluto non pensare alla luna come a quell’entità misteriosa che ci nasconde la sua faccia oscura, bensì ad un punto fermo, una luce che nel buio della notte ci rassicura. Perchè, a differenza delle nuvole che si muovono e cambiano forma, lei resta lì con quel suo volto sempre uguale che nei millenni abbiamo imparato a conoscere.
D. – Vi è molta poesia nei testi come nella musica delle tue canzoni. Come percepisci o vivi il connubio fra musica e poesia?
R. – Ti ringrazio molto per quello che pensi. Credo che provare ad unire la Poesia alla musica sia quanto di più nobile possa esistere nella forma della canzone. Per me Poesia non è solo una forma di scrittura… è piuttosto un modo particolare con il quale si osserva e si interpreta il mondo, una sensibilità attraverso la quale persone speciali riescono a comunicarci sensazioni speciali. Detto ciò non trovo così arduo il tentativo di mescolare queste due forme d’arte insieme, in quanto la Poesia ha in sè caratteristiche musicali, come la metrica, che la rendono particolarmente affine al linguaggio delle note.
D. – Bene. Quali influenze musicali e poetiche hai avuto nella tua formazione di artista?
R. – Ricordo di essermi avvicinata alla Poesia ai tempi del liceo, quando mi sono letteralmente innamorata dei poeti maledetti e ho iniziato a leggere Baudelaire e Rimbaud. Di pari passo, da musicista, ho iniziato a scoprire un mondo musicale diverso da quello che ero solita ascoltare, non più fatto di grandi voci e virtuosismi perfetti ma di timbri meno belli ed incredibilmente più comunicativi. Ho iniziato a tradurre i testi di diversi autori, mi sono imbattuta in Leonard Cohen, Jackson Browe, Jim Morrison, Bob Dylan, Patti Smith per poi “rientrare a casa” con Fossati, Dalla, De Gregori. Spero che musica e poesia possano continuare ad intrecciarsi insieme, nonostante il periodo decadente che stiamo vivendo, e regalarci ancora nuove emozioni.
Grazie mille
Francesca Rita Rombolà