a cura di Dale Zaccaria
L’audio qui postato è quello che abbiamo utilizzato nella riduzione teatrale di Malacarne, portata in scena da me e Consuelo Cagnati a Cinisi all’interno del Forum Sociale Antimafia lo scorso Maggio, e in seguito a Palermo e a Roma. Questa parte sonora è stata la chiusura, il finale dello studio teatrale, mentre in scena sia io che Consuelo costruivamo attraverso libri (oggetti di scena principale) il binario ferroviario in cui fu fatto saltare in aria Peppino Impastato.
Come detto dal vivo e quasi sempre all’interno degli spettacoli per ora in forma di riduzione, uno dei motivi fondamentali, almeno per me personalmente, di interpretare un ruolo come Peppino Impastato, è ed è stato sapere e vedere con occhi che la mafia pervade ogni cosa, pervade anche il mondo della Poesia, dell’Arte, della Letterattura, che poi è quello per il quale io da molti anni lavoro e sacrifico molto mio tempo, certo i lavori per mangiare sono altri svariati e infiniti. Penso che Peppino al mio posto avrebbe satiricamente fatto nomi, lanciati segnali, preso in giro, come faceva con “Il gran capo Tano Seduto” il mondo marcio, fasullo, grigio che si etichetta con il nome di Poesia e che io definisco l’Anti- Poesia, perché ebbene si, di Tani Seduti ce ne sono anche lì, di faccendieri e leccaculo pure, uomini o donne, di speranzose cortigiane, di di-versificati poeti e poetesse boriose, invidiose, che metteno in atto, pur di ucciderti la speranza e il futuro anche sistemi illegali,legalmente non consoni. Per non parlare di quante chiacchiere, come serpentari pronti ad avvelenarti e a strozzarti. Uh, potrei raccontare, partendo da me, e qualora il messaggio non fosse stato chiaro, lo renderò ancora più chiaro, alla Peppino Impastato insomma,, in maniera sovversiva: perché noi, i giovani, la mafia non la vogliamo, noi vogliamo un mondo migliore dove costruirci un nido di sogni e di speranza, e non vogliamo gli imbroglioni e gli impostori che con qualsiasi mezzo arrivano, noi vogliamo la Poesia quella vera, quella di Alda Merini che gli è costata il suo inferno e purgatorio. Noi la vogliamo la verità, perché senza verità non c’è futuro e non c’è scrittura.