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“La maglia che amo”, guest post di Niccolò Davini

Da Scurati @amalamaglia

herbil-maglia calcio

“Messi gioca nell’Erbil. Mi è capitato di scoprire anche questo, nella capitale del Kurdistan Iracheno. Ci sono stato per i fatti miei, l’ho girata da turista (l’unico da quel dì), e me la sono goduta in tutte le sue curiosità. Comunque sia, Messi gioca per la squadra campione d’Iraq. Che lui lo sappia, poco conta: la sua maglietta è già in vendita”. Il guest post di Niccolò Davini.

Capita, quando ci si addentra nei bazar mediorientali. Non quelli per turisti, ma quelli veri, popolati da locali che lì fanno la spesa e vivono una importante fetta della loro vita come vuole la tradizione. Numero 10, manco a dirlo, per l’argentino. La si trova nel piano sotterraneo del settore ovest del bazar, una costruzione di età indefinibile che sia sopra che sotto nasconde un dedalo di cunicoli e quartieri tematici, sparsi a casaccio, disordinati e rumorosi. Fra questi, quello del calcio. Il paradiso del tarocco, coloratissimo. Ed eccola lì, a campeggiare, la maglietta numero 10 di Messi all’Erbil. E non c’è nulla di strano se è la cosa più improbabile del mondo: è assolutamente a tema. Perché a Erbil l’interista che ama l’adidas o la Umbro può avere la sua casacca nerazzurra con lo sponsor tecnico che più lo aggrada e col nome che più gli piace.

Io, da milanista, mi sono osservato le casacche rossonere made in somewhere. E al di là di una certa vena creativa dei disegnatori, devo dire che sono fatte bene. Dal logo alla pecetta delle 7 Champions, sono cose credibili. Mi piace pensare che il Bazar di Erbil sia la porta ad un universo parallelo, e che lì si depositino testimonianze di mondi in cui le cose vanno diversamente. Ho visto maglie rossonere Nike, Kappa e persino New Balance. Ho visto casacche azzurre bellissime quanto improbabili. Persino un incrocio fra la maglia della Lazio e quella del Napoli: cambiava solo lo stemma.

Il mondo degli sponsor tecnici, poi, è qualcosa di strepitoso: chissà perché vecchie glorie come GBC e Grundig sono molto ambite. Ma anche Play Station, Wii e videogiochi vari: la maglia si customizza anche così. Anzi, tanti negozi ti permettono di scegliere ogni singolo elemento all’atto dell’acquisto. Io mi sono lasciato tentare e ho ceduto. Ho comprato la maglia kurda per eccellenza. Una maglia della nazionale kurda. Copia assolutamente non conforme all’originale, prevede una bandiera sulla spalla sinistra, tre strisce sulla manica e logo Nike, più scritta maiuscola Kurdistan inesorabilmente storta e male incollata a caldo. Costo in euro: circa 5. Originale (si spera) ho invece comprato la maglia casalinga dell’Erbil, bianca della Nike. Senza sponsor. Potevo scegliere uno sponsor a caso e un giocatore a mio piacimento. Ma ho preferito prenderla così com’era. Spero di non aver rotto la magia con il mio purismo. Costo in euro: circa 10.

Una nota per chi, per qualsiasi ragione, si addentrasse in quel posto incredibile. Si porti anche la signora. Perché, adeguatamente vestita e poco vistosa, sarà ben accetta nella teerìa degli intellettuali, una sorta di istituzione culturale dove si riunisce l’intelligentia di Erbil. E lì le donne sono ben accette. Fatto, vi assicuro, più unico che raro in tutte le altre teerìe.

“La maglia che amo”, guest post di Diego Digas 6

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