La mano di Geezer Butler po’ esse fero e po’ esse piuma

Creato il 09 marzo 2015 da Cicciorusso

“What is this that stands behind me?”

Avevamo lasciato il nostro bassista preferito fuori dalla prigione della Contea di Inyo, alle prese con i postumi della sbornia che la sera prima lo aveva portato a spaccare le finestre del Corkscrew Saloon e cambiare i connotati a qualche malcapitato evidentemente ignaro della potenza del gancio destro di Grinta Butler. La sua foto appena uscito di galera, pollice fasciato e sguardo fiero di chi ha soltanto compiuto il proprio dovere, troneggia adesso sulla parete di fronte al mio letto. Vedere quell’immagine ogni mattina mi fa cominciare la giornata in modo migliore. Anzi, di più: mi fa essere un uomo migliore, consapevole che il mondo pullula di cose storte ma esiste sempre qualcuno capace di raddrizzarle. Anche a pugni, se necessario.

Il mastino delle Midlands non è certo nuovo a memorabili risse e duelli rusticani. Quanti fra voi hanno letto l’autobiografia di Tony Iommi (e agli altri consiglio di rimediare il prima possibile) ricorderanno senza dubbio la volta in cui un Geezer diversamente sobrio affrontò con impavido sprezzo del pericolo una statua che lo guardava storto. Nonostante le ripetute minacce di Messer Butler, l’insolente ammasso di pietra continuava imperterrito a fissarlo: conoscete modi per risolvere la situazione che non prevedano furiose testate? Io no, e nemmeno Geezer. Gira voce che il Nostro uscì dalla colluttazione un po’ malconcio, ma credo sia solo una falsità messa in giro ad arte da Sharon Osbourne.

Nell’ultimo numero di Guitar World, poi, è lui stesso a raccontare alcune sue scorribande giovanili. A precisa domanda dell’intervistatore circa i motivi ispiratori di Fairies Wear Boots, Geezer riporta un episodio che trasuda epicità da ogni virgola. Dovete sapere che il vecchio Butler, oltre all’alcol e alle mazzate, ha da sempre una grande passione: il calcio (e in particolare l’Aston Villa, squadra di Birmingham). Inutile dire che da ragazzo riusciva a combinare alla perfezione questi tre interessi: se non avesse sfondato come musicista, sicuramente avrebbe intrapreso una carriera ricca di soddisfazioni fra gli hooligan locali. Sta di fatto che all’epoca i capelloni ce l’avevano a morte con gli skinhead, i quali non erano certo famosi per l’indole pacifica e i modi affabili. Succedeva spesso che tifosi della stessa squadra iniziassero a menarsi di santa ragione tra di loro senza alcun motivo apparente che non riguardasse il taglio dei capelli o la musica ascoltata.

Dopo uno dei primi concerti dei Black Sabbath, capitò che il promoter della serata decidesse di darsi alla macchia e di non pagare quanto pattuito con la band. Indovinate chi venne dunque incaricato di riscuotere il debito?

“You talkin’ to me? You talkin’ to me? Well, I’m the only one here. Who the fuck do you think you’re talking to?”

Geezer uscì fuori dal locale per telefonare al manager del gruppo e decidere il da farsi, ma si trovò improvvisamente circondato da un gruppo di teste rasate assetate di sangue metallaro. Da una situazione del genere chiunque sarebbe scappato il più velocemente possibile. Ma Geezer Butler non è chiunque. Geezer Butler è Geezer Butler. E più letale di Geezer Butler c’è solo Geezer Butler incazzato.
Il Nostro scaraventò il telefono verso i cattivoni e rientrò come un fulmine all’interno del locale. Immagino che in quel momento Ozzy fosse chiuso nel cesso a vomitarsi sulle scarpe e Bill stesse sniffando polvere bianca sulle tette di un’albionica obesa. Non mi meraviglio quindi che Geezer corse dritto da Tony, ovvero l’uomo più fico dell’Universo. Già, perché solo l’uomo più fico dell’Universo, dopo avere saputo che una banda di skinhead vuole morto lui e i suoi compagni, può rispondere “Come on, let’s go!”, prendere come arma l’asta del microfono e andare in strada ad affiancare il suo migliore amico nella battaglia contro le forze del Male.

Penso di aver finalmente colto l’implicito richiamo autobiografico presente nel titolo di Hand of Doom, e confesso di nutrire ora qualche dubbio pure su altre canzoni dei Sabs. Siete proprio sicuri, ad esempio, che N.I.B non sia l’acronimo di “Never Insult Butler”?



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