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La manovra 2010 di Tremonti tassa il trading e fa danni a cascata

Creato il 30 giugno 2011 da Piccolosocrate @piccolosocrate

Et voilà ! Dal cilindro di Tremonti esce la (bozza di) manovra con tagli e tasse. Tra le vittime (più o meno meritevoli come i SUV e il gioco d’azzardo) c’è anche la speculazione del trading online.

La manovra 2010 di Tremonti tassa il trading e fa danni a cascata

Ma i mercati finanziari, si sà, son collegati. Tassare l’ultimo elemento (lo scambio azionario nel mercato secondario) crea problemi anche alle aziende che si vogliono quotare in borsa (il mercato primario).

NO AL FISSATO BOLLATO SUL TRADING

Buona parte dei margini su cui vive il mondo del trading on line (quello “buono”, fatto dai piccoli risparmiatori) è minacciato dal ritorno del “fissato bollato”. Rispetto alle simulazioni iniziali, l’importo del bollo sale a 1,5 per mille (0,15%) da applicare al valore delle transazioni concluse nel territorio nazionale. Devono versare l’imposta (per conto dei loro clienti o direttamente) banche e imprese di investimento abilitate che concludono le transazioni. Secondo il titolo V della bozza della manovra, dal fissato bollato sono esclusi i titoli di Stato.

BANCHE: TRADING AZIONARIO TASSATO AL 35%

Arriva la tassa sulle banche (che presto riverseranno sui correntisti): si tratterà di una tassazione separata al 35% sull’attività di trading (ossia l’acquisto/vendita di strumenti finanziari con sole finalità speculative). L’aliquota del 35% si applicherà al risultato complessivo netto derivante dalla gestione delle attivita detenute per la negoziazione. Il balzello non colpirà i titoli di debito (obbligazioni) e le quote negli Organismi d’investimento collettivo di risparmio (fondi e azioni Sicav).

ESPLODE IL FRONTE DEL “NO”

Michele Calzolari, presidente dell’Assosim. «In un mercato globale come quello finanziario qualsiasi aggravio di costi derivante da una norma che abbia efficacia limitata al territorio nazionale avrebbe l’effetto di indurre gli investitori locali a operare sui mercati esteri o attraverso intermediari esteri. Altra cosa, invece, sarebbe l’introduzione di una simile tassazione omogenea a livello internazionale ».

PIÙ TASSE = PIÙ FUGA DEI CAPITALI

« È una questione di principio: le tasse e le disposizioni normative non devono intervenire sulla competitività del mercato – aggiunge il presidente Assosim – altrimenti il legislatore rischia che anche l’obiettivo di aumentare il gettito sia vanificato dalla fuga all’estero degli operatori e degli investitori che dovrebbero pagare questo nuovo bollo. Analogamente, la scelta di esentare dall’imposta i titoli di stato introduce un’indebita discriminazione a scapito dei titoli obbligazionari, quali le obbligazioni cui fanno ricorso le banche per soddisfare le necessità di finanziamento di imprese e famiglie ».

FATTA LA LEGGE TROVATO L’INGANNO

Continua Michele Calzolari:

Il bollo esiste in altre piazze finanziarie, come Londra, dove si è visto che la tassa penalizza l’operatività sul mercato regolamentato, che perde volumi a favore di mercati alternativi. Per non pagare quel bollo gli intermediari hanno inventato una forma di contratto derivato, il Conctract for difference, che consente di operare su un titolo londinese senza essere tassati». Vanificando la prospettiva di aumentare il gettito.

TASSA CHE FAVORISCE I DERIVATI

« Questa tassa, tra l’altro, non andrà a drenare risorse dalla speculazione e indurrà gli algo-trader e gli high frequency trader ad operare su mercati esteri per il tramite di intermediari stabiliti all’estero » spiega Gianluigi Gugliotta, segretario generale di Assosim. « Siamo convinti che il gettito derivante dall’introduzione dell’imposta sulle transazioni al netto del business che si perderà si rivelerà esiguo – continua Gugliotta – e riteniamo che questa scelta sia stata più che altro dettata da motivazioni demagogiche »

IMPATTO SUGLI EMITTENTI: STOP ALLE IPO

Gli impatti sulle nuove IPO Secondo il segretario generale non va sottovalutato l’impatto che avrà anche sugli emettenti. «Questo provvedimento – spiega – contrasta con altri provvedimenti allo studio per sostenere la quotazione di nuove imprese. L’impatto che la tassa avrebbe sul mercato secondario, in termini di minore liquidità, renderebbe più complesso e quindi meno vantaggioso un successivo smobilizzo dell’investimento».
Secondo Assosim, «lungi dal colpire la speculazione, l’impatto che la nuova tassa avrebbe sulla liquidità e sulla trasparenza di mercati domestici rischia di favorire l’insider trading e la manipolazione, rendendoli meno visibili alle autorità di vigilanza».

LA RIVOLTA IN RETE

Sui blog degli operatori on line é esploso subito il malcontento: la tassa rende molto oneroso il trading, che si basa su margini anche piccoli e costi minimi. Il nuovo fissato bollato dello 0,15% é infatti un multiplo dei costi di transazione che anche per i piccoli investitori si aggirano sullo 0,02 per cento. L’imposta di bollo sulle transazioni era stata abolita il primo gennaio 1998, quando era dello 0,14% ma le commissioni erano intorno allo 0,35 per cento. Un balzello simile distrugge il mercato italiano, già ampiamente demoralizzato dalle condizioni macro delle economia reale


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