Finita la serie di corsi di quest’anno e passato un ciclone dopo l’altro sono qui con la tinta in testa prima di rimettermi in cucina più bella che pria.
Avevo pensato di chiudere il blog, a dirla tutta volevo proprio cancellarlo ma per ora è ancora qui. Deciderò con l’anno nuovo. Un po’ psicolabile? Vi fa venire in mente la sospetta demenza senile di qualche nostro politico? Naaaaa………
Anche se fa un freddo becco, mi sento come Barbie Principessa nella Bambagia se ripenso allo scorso anno in campagna e mi stupisco ancora di come sia riuscita a sopravvivere a quella temperatura abominevole. Vi ricordate che aprivo il frigorifero per avere un po’ di caldo, si?
Stamane sono uscita per pagare l’amabile gabella dell’IMU per la mia casetta calda calda nel cuore di Roma, lontana lontana dalla fredda campagna.
E mi sono ritrovata nel pieno della follia romana. Chi vive nella mia città non riconoscerà nel mio racconto niente di particolarmente originale ma gli altri penseranno che mi sia inventata tutto. È purtroppo non è così.
E dunque: esco, rabbrividisco ed entro nella prima banca con il mio modulo per il pagamento in mano.
Ma in questa banca non si può. Non sono abilitati. Può essere? Mah, trattandosi di banca straniera (deserta, peraltro) la do per buona.
Seconda banca: Banco di Roma. Terminali fermi, che novità! Prendo il numeretto dall’eliminacode e vedo che ho sessanta persone davanti a me. Seeee……
Terza banca, quella del Fucino. Un signore è nella capsula che dovrebbe traghettarlo dall’esterno all’interno della banca. La voce antipatica della capsula non si lamenta (come succede di solito) per il troppo metallo ma chiede al signore le impronte digitali. L’indice non le va, nemmeno l’anulare e nemmeno il medio, pollice e indice la fanno indignare. Il povero internauta, esaurite le dita a disposizione, esce dalla capsula rinunciando al viaggio interstellare verso i suoi risparmi. Io non provo nemmeno e scelgo la quarta banca, sulla stessa piazza.
È un buchetto con un solo impiegato ma solo due persone in fila. Mi sembra magnifico. Chiedo se posso pagare con il bancomat ma siccome non posso esco per andare allo sportello esterno. Nel frattempo con balzo felino due vecchiette si piazzano davanti al dispositivo palesando da subito evidenti difficoltà nell’utilizzo del medesimo. E come per magia arrivano all’improvviso almeno dieci persone che cercano di conquistare la capsula magica per affollare la mini- banca. Rinuncio.
BNL. Prendo il numeretto e poi esco per ritirare i soldi al bancomat dopodiché ritengo di avere tutto il tempo di andare al mercato e fare quattro passi. C’è il sole, è una mattinata bellissima. Ed io adoro l’eliminacode!
Azzecco perfettamente i tempi e quando torno ho solo poche persone davanti. Mentre io sono piena di sole gli altri sembrano piuttosto innervositi dalla lunga attesa e c’è un tipo in evidente stato di alterazione che chiama ad alta voce i numeri in una sorta di pre-appello che ha lo scopo di potersi compiacere ogni volta che qualcuno risulta disperso o rinunciatario. Io, però, l’83, sono qui. Non mollo. Neanche se passa sul mio cadavere, gli dico. Qualcuno ride e lui si schernisce dicendo che mai arriverebbe a tanto ma io ho i miei dubbi.
Poi ecco: 83 sportello due.
Allo sportello porgo il modulo ma l’impiegata, insospettita dal mio buon umore e dal sole che mi si legge in faccia, mi intima di consegnarle il numeretto a dimostrazione che sia veramente il mio turno.
Mostro.
Lei infastidita prende il modulo che le porgo e mi chiede “E’ correntista qui?”
“No” rispondo.
“Come no?!” replica acida.
“No, no sono correntista di questa banca” e allora? Dovrai passare sul mio cadavere per smuovermi da qui.
“Ah, no! Eh, no! Se non è correntista bisogna fà il censimento dei documenti….no….!!!”
La guardo, ho ancora un po’ di sole sul sorriso e una discreta quantità di “ ‘sticcazzi” nello sguardo.
Sbotta. “Capirai, Eccerto!!!! Dai, ce famo ora de pranzo qui!!!!” Con stizza scompiglia le carte sulla scrivania, la qualcosa mi perplende un po’.
“Senta” dico irremovibile e serena “ l’IMU si può pagare in qualunque banca (tranne, forse quelle straniere, penso). Ho fatto la fila, è il mio turno. Si può fare o non si può fare? Perché se si può fare io la faccio. La procedura non mi interessa.”
“Lei non è correntista?!” urla esasperata ponendo una domanda inutile nella ancor più inutile speranza che in questi minuti di conversazione io mi sia magicamente trasformata in una correntista.
“NO, signora, non sono una correntista! Mi sta dicendo che si può fare ma LEI non lo VUOLE fare?”
“Ahò” esplode inaspettatamente “Nun lo vole fa…naaa, nun lo vole fa: nun se po’ sentì.!!!!” E ribadisce “Nun se po’ sentì!!!”
Che è quel che penso anche io ma chissà perché lo dice come se fosse lei quella dalla parte della ragione che sta subendo un sopruso.
Poi, dopo aver consultato un collega di passaggio mi urla come una minaccia “Allora le devo fare il censimento!!!” .
Scrollo le spalle e accentuo il mio sguardo “sticazzi” .
“Un documento” tuona.
Porgo.
“Visto che le devo fare il censimento occorrono due documenti. Si, capito?! Due!!!”
Porgo.
La parola Cretina la formulo solo con il pensiero ma i tratti del volto rimangono immutati. Spero.
Nel disperato tentativo di trovarmi in castagna aggiunge “Il codice fiscale!”
Porgo.
“Può pagare solo in contanti!!!” Ultima chance.
Ma io ho il contante fresco fresco di bancomat, tiè.
Sorrido di sole, io sono Barbie Bambagia. Neanche Big Gym riuscirebbe a passare sul mio cadavere.
In conclusione questo terribile censimento consisteva nell’inserire nel computer il mio numero di documento (ne bastava uno solo) e farmi firmare il solito modulo per la privacy. Dopo quattro minuti l’operazione è conclusa. Una banalissima operazione bancaria.
“Abbiamo finito?” chiedo
Lei grugnisce porgendomi il resto ed io aggiungo “Visto, siamo ben lontane dall’ora di pranzo.”
“Aho, se lo poteva risparmià questo sproloquio!!!”
“E lei poteva risparmiarsi una grandiosa figura di merda. E poi non utilizzi parole di cui non conosce il significato.”
Per poco non prendo un applauso e sulla porta alcune persone mi dicono che purtroppo la tipa è tristemente nota per la sua cafonaggine. Se volete testare la vostra pazienza di Giobbe e farvi due risate: Banca BNL di viale Eritrea, sportello due. Mora, capello lungo, la riconoscete perché qualunque cosa dica lo dice a voce altissima e preferibilmente in romanesco.
Io, Barbie Bambagia, sono tornata a casa prendendo una nuova razione di sole, allegra ma anche un po’ triste. Quando a casa ho acceso la tv sul tg che dava le ultime sconcertanti notizie politiche, sui tagliaerba acquistati con dolo e su quelli che timbrano cartellini come se il loro lavoro fosse proprio quello di timbrare cartellini e non quello che viene dopo l’entrata in ufficio ho pensato che certe volte essere italiani è proprio dura. Dura, dura.
Beh, per un po’ di dolcezza una semplice, semplice Margherita.
Leggerezza, semplicità e dolcezza. Niente di meglio.
Date retta a Barbie Bambagia!
Torta margherita
Ingredienti
200g di zucchero
100g di farina
100g di fecola di patate
125g di uova intere (circa due uova grandi)
150g di tuorlo (circa sette tuorli)
50g di burro
Aroma a scelta, limone o vaniglia.
Montate le uova con lo zucchero e quando sono spumose aggiungete i tuorli fino ad ottenere una massa ben montata. Miscelate la farina e la fecola da aggiungere a mano al composto di uova ed infine uniteil burro fuso facendo attenzione alla temperatura che deve essere tra i 40 ed i 42 gradi. Nelle torte senza lievito e con masse montate con tante uova questo è sempre il passaggio critico perché il burro troppo freddo precipita sul fondo e non si amalgama ma troppo caldo rovina le uova. Anche senza termometro 40° li potete sentire con il dito: è febbre alta!
Versate il composto in una teglia di 26cm. di diametro e cuocete a 180° per una mezz’ora.
una dritta in più: se non pensate di glassare e/o farcire la torta imburrate la teglia e spolverate i bordi con zucchero semolato.
E voi? L’avete pagata l’IMU??