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La matematica con ali di poesia

Creato il 12 luglio 2013 da Wsf

In un saggio, David Eugene Smith, matematico e professore emerito della Columbia University di New York, scrive:

David_Eugene_Smith


“La matematica è considerata generalmente agli antipodi della poesia, non c’è dubbio. Ciononostante la matematica e la poesia hanno una stretta relazione di parentela perché entrambe sono figlie dell’immaginazione. La poesia è creazione, finzione, e la matematica è stata definita da uno dei suoi ammiratori come la più sublime delle finzioni”.

Effettivamente, definire la matematica non una semplice finzione, ma la più sublime delle finzioni, corrisponde a svestirla del suo ruolo di arida matrice nonché madre di cifre difficili, significa saltare lo steccato che considera la relazione tra simboli come amore innecessario, se non oltremodo irrealizzabile.
Sof’ja Kovalevskaya, la prima donna russa matematico e fisico, a solo sei anni, scopre la curiosità per la matematica nella cameretta della sua casa di campagna, le cui pareti erano state tappezzate con fogli litografati che riproducevano il calcolo differenziale. Sof’ja spende la maggior parte del suo tempo ad osservare i fogli ed è affascinata dai segni misteriosi di quelle pagine a cui cerca di dare un significato, per quanto quelle frasi e formule siano per lei incomprensibili.
Più tardi, quando scoprirà l’amore per la scrittura, nel suo “Memorie d’infanzia” scriverà:

sofja


Passavo ore di fronte a quella parete. Non riuscivo naturalmente a trovare il significato di quelle frasi, ma esse agivano sulla mia immaginazione portandomi a una venerazione per la matematica che vedevo come una scienza misteriosa ed esaltante che apriva ai suoi adepti un nuovo mondo di meraviglie, inaccessibile ai comuni mortali.

Il padre Vasily Korvin – Krukovsky, generale d’artiglieria, poco soddisfatto della vocazione scientifica della figlia, oppone un secco rifiuto alla richiesta di Sof’ja di potersi recare in Germania, per completare la sua preparazione. Questa proibizione le fa provare il peso del suo essere donna, ma con ironica arguzia replicherà


Incomincio a capire perché gli uomini apprezzano tanto le brave, utili casalinghe. Se fossi un uomo, anch’io mi sceglierei una bella piccola mogliettina che mi potrebbe liberare da tanti lavori.

Nel 1888, vince il premio Bordin e grazie all’intervento di Mittag – Leffler occupa la cattedra di Analisi Superiore dell’Università di Stoccolma dove viene accolta con grande simpatia, ma non mancano giudizi ingenerosi, come quello del celebre poeta August Strindberg, il quale scrive:

august


Sof’ja Kovalevski dimostra, in modo lampante, come due più due fa quattro, che una donna docente di matematica è una mostruosità, e come essa sia inutile, dannosa e fuori luogo.

La visione strindberghiana dell’emancipazione femminile era assai controversa. Ai suoi tempi Strindberg fu considerato un misogino, un epiteto che respinse con molta enfasi. Disse che non era contrario alle donne, bensì contrario al movimento delle donne. Si sentiva perseguitato da quello che definiva “la lega internazionale delle donne” tanto da scrivere un saggio dal titolo: “L’inferiorità della donna rispetto all’uomo” (1890) e farsi promotore di questa visione della donna all’estero.
Ventanni prima, Sof’ja si era sposata per sfuggire ai dettami paterni, ma il suo matrimonio fu un fallimento che neanche la nascita di una figlia, riesce a salvare. Il marito, in seguito ad una serie di disavventure finanziarie, finisce per suicidarsi, un suicidio che la turba profondamente e la porta ad una profonda crisi depressiva. Trova via di fuga nell’annientamento, immergendosi completamente nei suoi studi matematici:


Nei momenti più tristi mi aggrappo alla matematica, è bello poter pensare che esista un mondo del tutto separato dal nostro “io” e sento la necessità di pensare ad argomenti indipendenti da qualsiasi implicazione individuale.

Alcuni anni dopo, le complicazioni di una banale influenza trascurata le sono fatali e Sof’ja muore, il 10 febbraio 1891, all’età di quarantun anni.
Sof’ja Kowalewskaya si è occupata principalmente di analisi e i suoi studi le valsero il diploma di dottorato summa cum laude.
In campo letterario ha scritto “Le memorie di George Eliot” , “Le memorie dell’infanzia“, “Tre giorni nell’Università di Agraria in Svezia” , “Poesia postuma“, “ Il lettore universitario ”, “Il nichilista”, “La donna nichilista”.
Nel dramma “La lotta per la felicità. Due drammi paralleli”, la matematica-scrittrice vuole rappresentare due persone da punti di vista opposti, “come era” e “come poteva essere”. Alla base di questo “multiverso”, lei opera sta una sua idea scientifica. Sof’ja Kovalevskaja, infatti, era convinta che tutti i comportamenti e tutte le azioni delle persone sono predeterminati ma, nello stesso tempo, riconosceva che nella vita di ciascuno esistono circostanze per le quali è indispensabile compiere una scelta e, a quel punto, gli eventi della vita dipendono da quella particolare scelta.
Questa sua ipotesi si basava sulla ricerca di Henri Poincaré sulle equazioni differenziali. Gli integrali delle equazioni differenziali considerati da Poincaré rappresentano, dal punto di vista geometrico, le curve continue che si diramano soltanto in alcuni punti particolari. Un fenomeno, viene così considerato mentre si propaga lungo una curva finché non arriva al punto di biforcazione: è qui che tutto diventa indeterminato e non si può prevedere in anticipo lungo quale ramo avanzerà la propagazione del fenomeno.

EquazioneA

Ma l’opera sua, più conosciuta, è Memorie d’infanzia, una serie di racconti che offrono un vivace e realistico quadro della vita in una dimora di campagna, nella Russia dell’Ottocento. Meravigliosa è la descrizione del suo amore di tredicenne per il grande Dostoevskij, amico di famiglia, e il racconto preciso dei difficili rapporti fra padroni e servitù.

memorie1

La sua morte prematura ha interrotto bruscamente il suo lavoro scientifico, come anche quello altrettanto importante di scrittrice. A una amica che si sorprendeva nel constatare quanto fosse brava sia come scrittrice che matematica, rispose:


“Chi non ha mai avuto occasione di approfondire la conoscenza della matematica, la confonde con l’aritmetica e la considera un’arida scienza. In realtà è una scienza che richiede molta immaginazione. Uno dei più grandi matematici del nostro secolo osserva giustamente che è impossibile essere matematico senza avere l’animo del poeta. E’ necessario rinunciare all’antico pregiudizio secondo il quale il poeta deve inventare qualcosa che non esiste, che immaginazione e invenzione sono la stessa cosa. A me pare che il poeta deve soltanto percepire qualcosa che gli altri non percepiscono, vedere più lontano degli altri. E il matematico deve fare la stessa cosa”.

E per andare oltre serve leggerezza o, forse, servono quelle ali che fanno dell’uomo animale volante, al di fuori della voliera espositiva.


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