La meccanica quantistica e il Logos
3 novembre 2014 di Dino Licci
Mettere d’accordo opinioni così discordanti come la religione e la scienza può sembrare veramente impossibile, ma le capacità dialettiche dell’uomo sono infinite tanto che, alla luce delle moderne conquiste della meccanica quantistica, alcune frasi evangeliche possono assumere significati predittivi e finalmente razionali. Scrive il filosofo Jean Guitton:
“Sotto la faccia visibile del reale vi è quello che i Greci chiamavano Lògos, un elemento intelligente, razionale, che regola, dirige ed anima il cosmo e fa sì che il cosmo non sia caos ma ordine”.
Il termine “logos” solitamente si traduce “parola” passando attraverso il “verbum” latino, ma una lingua complessa come il greco ci consente di tradurla come pensiero, informazione, espressione, numero.
Ed ecco allora che il famosissimo passo che introduce al vangelo di San Giovanni comincia a manifestarsi in tutta la sua forza:
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui. (Giov. 1:1-3).”
Per capire quanto sto per esporvi e che traggo, cercando di renderlo più semplice ed accessibile a tutti, da profondi studi di filosofi e fisici antichi e contemporanei, quale Bruno Valentini, che ha sviscerato sapientemente questo argomento, bisognerebbe addentrarsi almeno un poco nella meccanica quantistica. Ma senza tediarvi con formule complesse e di difficile interpretazione per chi non sia un matematico, vi basti sapere che nell’infinitamente piccolo, tutta la meccanica newtoniana crolla per dar spazio alle leggi probabilistiche ed alla sconcertante scoperta che l’osservazione può addirittura mutare lo stato della materia.
Ma andiamo per gradi. Newton pensava che la luce fosse composta da particelle, ma Maxwell dimostrò che era un fenomeno di elettromagnetismo e che quindi si comportava come un’onda. Ad avallare questa ipotesi il comportamento della luce che, passando attraverso un forellino dà luogo a un’immagine di diffrazione o d’interferenza quando passi attraverso due fenditure, appunto come un’onda. Ma, dopo che Plank introdusse il concetto che l’ emissione di onde elettromagnetiche, invece che in modo continuo, avveniva come quantità discrete di energia che chiamò “quanti”, Einstein estese il concetto di “quanto” a quello di “fotone” dimostrando come anche la luce viaggi secondo pacchetti indivisibili di energia che chiamò fotoni appunto, primo passo verso la dimostrazione dell’effetto fotoelettrico, che dimostrerebbe come la luce sia formata da particelle.
I fotoni infatti si rivelarono sperimentalmente essere entità reali e quindi misurabili e dotati di una doppia natura ondulatoria e corpuscolare: essi si comportavano, infatti, in alcuni casi come onde ed in altri come particelle, a seconda degli esperimenti cui venivano sottoposti. La Meccanica quantistica descrive il comportamento, corpuscolare e ondulatorio insieme, delle particelle elementari dotate di massa sia a livello molecolare che atomico, nucleare e sub-nucleare, laddove gli eventi naturali non avvengono secondo le leggi della meccanica classica, ma si trasformano in fenomeni probabilistici espressi matematicamente attraverso una funzione d’onda come quella formulata da Schrödinger.
Soltanto nel momento della misurazione fisica da parte di un soggetto sperimentatore, lo “stato”, precedentemente astratto e indefinito, collassa come suol dirsi, fornendo un valore reale, mentre invece, finché la misura non viene effettuata, l’oggetto quantistico rimane in uno stato probabilistico, una rosa di valori possibili ricavabili dalle funzioni d’onda espresse matematicamente. C’è ancora da aggiungere e qui scomodiamo Il principio di indeterminazione di Heisemberg, che l’osservazione disturba lo scorrimento del fenomeno perché, se volessimo “vedere” la posizione di una particella, la dovremmo illuminare con una luce così forte che ne varierebbe la velocità e, se il fascio di luce risultasse troppo debole, non disturberemmo la velocità ma non riusciremmo a coglierne la posizione. Insomma il “Principio di indeterminazione” ci suggerisce come l’osservatore intervenga realmente nello svolgimento dei fenomeni, il che significa che la realtà è creata in parte dall’osservatore cosciente!!! E questo è davvero sconcertante.
Concetti così fortemente contro-intuitivi indussero in perplessità lo stesso Einstein tanto che furono effettuati molti esperimenti sempre più sofisticati fino a quello condotto da Aspect nel 1982, che sancì definitivamente la validità della meccanica quantistica.
La verità evidenziata anche dagli esperimenti successivi conduce inevitabilmente verso la sorprendente concezione di un “universo mentale” sempre più somigliante a un enorme computer governato da una grande mente che gestisce una complicatissima struttura tipo software.
Traggo da uno studio di “Bruno Valentini queste considerazioni:
“1) La Teoria dei Quanti afferma che l’energia, che costituisce la trama dell’universo fisico e che è all’origine di tutti i fenomeni che in esso si verificano, non è continua ma si distribuisce in quantità discrete.
Analogamente la matrice informatica della Realtà Virtuale, così come ogni altro programma informatico, è costruita matematicamente secondo un reticolo di punti, in numero finito, denominati pixels.
2) In base alla Meccanica Quantistica gli oggetti submicroscopici del mondo fisico, che costituiscono i componenti dei corpi macroscopici a noi più familiari, si trovano in stati indefiniti di natura probabilistica che sfuggono ad ogni comprensione e possono essere solo descritti da equazioni matematiche.
Analogamente gli oggetti della Realtà Virtuale, così come l’intero programma informatico a essa sotteso, non sono altro che algoritmi matematici.
3) La Fisica Quantistica, che descrive questi livelli fondamentali della realtà, presenta incredibili paradossi che coinvolgono l’osservatore cosciente: l’universo non si trova in uno stato puramente “oggettivo”, ed un sistema fisico può comportarsi in modi diversi ma finiti (cioè computabili), tanti quanti sono le soluzioni ai sistemi d’equazioni, a seconda di ciò che fa l’osservatore.
Così pure nella Realtà Virtuale il programma si sviluppa secondo le scelte comportamentali, anche queste limitate nel numero (quindi computabili), dell’utente agente.”
Queste incredibili analogie sposano la tesi di un progetto intelligente e rivalutano il pensiero di antichi filosofi come Berkeley, i cui convincimenti possono essere condensati nella frase «Esse est percipi», che significa “l’essere è un essere-percepito“, ossia: tutto l’essere di un oggetto consiste nel suo venir percepito e nient’altro, oppure nel concetto di “armonia prestabilita” di Leibniz o, procedendo ancora a ritroso fino a Pitagora per il quale il mondo era governato da leggi matematiche tali da elevare il numero ad un’entità astratta e meramente spirituale. Il numero diventa Logos, il Logos come “Entità prima” e tutto è stato fatto a mezzo di Lui.
Le considerazioni di Bruno Valentini sulla comparazione Universo-Computer non mi convincono certo appieno nelle conclusioni finali che se ne possono trarre, ma neanche si possono escludere a priori. Un agnostico come me, da sempre impegnato nella ricerca di una Verità razionale che soddisfi il mio grande bisogno di spiritualità senza offendere la mia intelligenza e la meraviglia del creato, trova in questo nesso una delle tante soluzioni possibili che vanno ricercate liberandosi la mente dall’imprinting che ha irretito le nostre intelligenze con verità aprioristiche, dogmatiche e del tutto fuori dai tempi che stiamo vivendo. Dino Licci
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