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La Memoria di Lavoro: cos’è e quali sono i limiti. 2 parte

Da Psychomer
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Matteo Radavelli
novembre 3, 2010Posted in: psicologiaLa Memoria di Lavoro: cos’è e quali sono i limiti. 2 parte

Norma e Shallice (1986) proposero un modello chiamato Sistema Attentivo Supervisore (SAS), coincidente con le funzioni svolte dall’esecutivo centrale, deputato ad intervenire quando il controllo dei comportamenti routinari non è più sufficiente ed in grado di interrompere volontariamente una o più attività, in modo da consentire una risposta flessibile a situazioni nuove.

Baddeley riconobbe una serie di problemi al suo modello iniziale, tra cui la considerazione dell’esecutivo centrale come un sistema meramente attentivo, non in grado di permettere l’integrazione tra la memoria di lavoro e la memoria a lungo termine; l’assenza di una componente integrativa tra phonological loop e visuo-spatial sketch pad e l’assenza di un sistema volto a rappresentare una forma di consapevolezza.

A tal proposito propose l’esistenza di un buffer episodico come interfaccia temporanea tra i sottosistemi specifici per modalità, in grado di immagazzinare e organizzare in rappresentazioni integrate le informazioni episodiche contestualizzate nel tempo e nello spazio provenienti dai due servosistemi.

Parallelamente e successivamente al modello di Baddeley si svilupparono teorie alternative, come quella di Engle basata sul ruolo delle risorse attentive e sul concetto di “ attivazione” o quella di Cowan (1995) che descrive la memoria di lavoro come un sistema della memoria a lungo termine e non come un modello separato da essa (embedded processes theory) o ancora, nel panorama italiano, il modello dei “continua” di Cornoldi e Vecchi (2003) che, partendo da una serie di critiche al modello di Baddeley, sostiene una continuità tra codici di elaborazione e livello d’attività richiesta nello svolgimento di compiti cognitivi: la natura dei vari compiti determina l’attivazione di specifiche strutture della memoria di lavoro lungo un continuum centrale-periferico che rispecchia la quantità di integrazione/coordinamento necessaria allo svolgimento del compito.

Per questi motivi, ma anche per i suoi successivi sviluppi, il modello di Baddeley e Hitch (1974) costituisce uno dei modelli di memoria più accreditati e rigorosi.

La Memoria di Lavoro: cos’è e quali sono i limiti. 2 parte

Limiti:

-   componenti indipendenti della mdl, svolgimento secondo principio tutto o niente

-   difficoltà a ricondurre certi compiti a uno specifico sottosistema cosi rigidamente suddiviso ….e da qui deriva la critica successiva….

-   difficoltà di spiegare in modo ottimale le prestazioni dei soggetti con disabilità in compiti di memoria di lavoro (perché ad esempio i down hanno difficoltà in memoria di lavoro visuo-spaziale solo di un certo tipo cioè come dicono cornoldi e vecchi in quelli di tipo attivo)…o la compromissione non omogenea delle abilità visuo-spaziale dei bambini con sindrome di williams…che in compiti puramente spaziali hanno deficit mentre nel riconoscimento dei volti (di tipo percettivo-visivo) riescono bene quindi c’è una sorta di dissociazione tra capacità di memoria spaziale e visiva che in baddeley non sono previste

-   Le immagini mentali e visuo-spaziali sembrano presentare una grande diversificazione al loro interno e al tempo stesso valersi d’informazioni originariamente provenienti da diverse modalità (Cornoldi, 1995).

-   La difficoltà di ricondurre  specifici compiti e situazioni a uno specifico sottosistema determina una rigida separazione tra i sottosistemi di memoria di lavoro stessi. Questo si palesa nella difficoltà di Baddeley nell’attribuire determinati compiti ai servosistemi.

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Matteo: ciao, sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia. Attualmente vivo e lavoro a Milano. Puoi vedere il mio profilo completo nella pagina "chi siamo" o contattarmi personalmente: Email: [email protected] Sito personale: www.psicologomonzaebrianza.it

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