In un'intercettazione telefonica la consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti, parlando con la sua assistente Clotilde, così come scriveva ieri La Repubblica, parlando di una presunta nuova fiamma del nostro presidente del consiglio, ad un certo punto dice: "Lui è presissimo da quella, è una montenegrina. Si vabbè, ma è una scappata di casa, io l'ho vista è una zingara, cioè hai presente una zingara?". La frase rivela quel solito razzismo spicciolo purtroppo assai diffuso e dal quale nessuno di noi è del tutto immune. Leggendo quelle parole mi è venuto di fare un collegamento con la "giornata della memoria" celebrata giovedì per ricordare la Shoah e lo sterminio di tutti coloro che finirono nei lager nazisti: ebrei, ma anche rom, slavi, testimoni di Geova, omosessuali, malati mentali, disabili, oppositori politici, appartenenti a minoranze etniche. Direte: cosa c'entra questo con la giornata della memoria della Shoah? Non molto, forse. O forse c'entrano più di quanto sembrerebbe in apparenza. Cerco di spiegarmi.
Primo Levi, in una vecchia intervista della Rai rintracciabile su You Tube, ad un certo punto dice: "Pochissimi oggi riescono a ricostruire, a ricollegare quel filo conduttore che lega le squadre di azione fasciste degli anni Venti in Italia [...] con i campi di concentramento in Germania - e in Italia, perché non sono mancati nemmeno in Italia, questo non molti lo sanno - e il fascismo di oggi, altrettanto violento, a cui manca soltanto il potere per ridiventare quello che era, cioè, la consacrazione del privilegio e della disuguaglianza [...] Il lager, Auschwitz, era la realizzazione del fascismo, era il fascismo integrato, completato, aveva quello che in Italia mancava, cioè il suo coronamento [...] Io, purtroppo, devo dirlo, lo so questo, non è che lo pensi, lo so: so che si possono fare dapperttutto [...] Dove un fascismo - non è detto che sia identico a quello - cioè un nuovo verbo, come quello che amano i nuovi fascisti in Italia, cioè non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no. Dove questo verbo attecchisce alla fine c'è il lager: questo io lo so con precisione".
Il professor Paolo Mantegazza, giovedì su Liberazione, ha scritto che "la Shoà parla di noi: di noi come esseri umani, di noi che alberghiamo nella nostra coscienza il mostro che è pronto a rinascere quando qualche manipolatore politico riesce a legittimarne gli impulsi, di noi che vediamo continuamente disegnarsi attorno a noi la zona grigia dei collaboratori del dominio, degli ottusi funzionari pronti ad obbedire ad ogni ordine, dei cortigiani proni a qualunque desiderio del Principe di turno e ciechi e sordi nei confronti di ogni pensiero critico. Ma la Shoà parla di noi anche e soprattutto perché le procedure e le strategie dello sterminio non sono state annientate dalla straordinaria forza di resistenza che spazzò via il nazifascismo. Posti a sedere differenziati per lombardi doc sulle metropolitane; maiali portati a urinare sul terreno sul quale deve sorgere una moschea; asili nido vietati ai figli degli immigrati clandestini; medici e dirigenti scolastici ridotti a spie per denunciare il clandestino che si fa curare o frequenta la scuola. Chi non vede in queste proposte, per ora semplicemente buttate lì "per vedere l'effetto che fa", disegnarsi un piano che ovviamente non porterà allo stesso risultato ottenuto dall'hitlerismo ma certamente va a pescare nella stessa zona torbida di emozioni, rabbie, irrazionalità?".
Ecco, qui sta il punto. La giornata della memoria è stata voluta per non dimenticare quel che è successo allora. Scrive Mantegazza che quello che accade oggi non porterà allo stesso risultato ottenuto dall'hitlerismo, ma crimini analoghi sono avvenuti anche dopo il 1945. Da Auschwitz ai gulag stalinisti, dai laogai cinesi al Ruanda, dalla Cambogia dei Khmer rossi a Srebrenica: quello che è successo allora, seppure in forme diverse è riaccaduto dopo e può ancora accadere in futuro e trova il suo humus nelle stesse zone torbide dell'animo umano fatte emergere e sfruttate dall'opportunismo politico che non si ferma davanti a nulla pur di prendere e mantenere il potere. Goldhagen ha ben descritto i "volonterosi carnefici di Hitler". In Italia, molto più modestamente, abbiamo Cetto Laqualunque, la cui vicenda, tuttavia, col tono della farsa racconta di noi molto più di certi poderosi saggi di sociologia o di certi indignati editoriali. Per questo ricordare è fondamentale ma non è abbastanza. Dice ancora Mantegazza: "E' un dovere civico e morale, nonché politico, ma non può essere la conclusione o la finalità di un percorso educativo, bensì ne deve essere l'inizio. Partiamo dalla memoria per farne uno strumento di cambiamento e di denuncia nei confronti di una dimensione del Male che è ancora tra noi: non solo nelle proposte di movimenti razzisti o di politici antidemocratici ma nelle nostre vite quotidiane, al bar come in stazione, a scuola come in piazza".