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La mente aumentata, Marc Prensky

Creato il 10 gennaio 2014 da Serenagobbo @SerenaGobbo

Come vi ponete di fronte alla tecnologia?
La maggioranza dei miei amici e conoscenti esordisce così: “Sì, certo, utile, veloce, ma…”
E a questo “ma” segue un elenco così tenebroso di eccezioni e di esempi disastrosi da chiedersi perché la frase sia iniziata in modo positivo.
Io stessa facevo così, ad esempio se mi chiedevano un’opinione su Facebook, Twitter, Linkedin e i vari social in cui sono presente.

E’ per tale ragione che un libro come questo mi manda in crisi: Prensky parte dal presupposto che la tecnologia non sia solo utile, ma NECESSARIA per l’uomo e la sua… saggezza (parola che usiamo ormai senza più pensare al suo vero significato). Ci sono degli effetti secondari non voluti o negativi, certo, ma sono causati da un certo uso che si fa della tecnologia, non dalla tecnologia in sé, che è uno strumento.

Non si può dare retta agli allarmisti e tornare indietro: non sarebbe (digitalmente) saggio:

Gli umani amano preoccuparsi – e oggigiorno, se lo si fa pubblicamente, si guadagnano dei bei soldi

E notate che questi allarmisti starnazzano tanto, ma più di consigliare lo “spegnimento” di certe tecnologie non sanno fare: guai ad offrire soluzioni alternative o compromessi!
Prensky ci sottopone invece una miriade di esempi in cui la tecnologia costituisce un miglioramento, e leggendolo mi son trovata a pensare: “Ah, però! Guarda che risultati si possono ottenere!”
In particolare, il capitolo sui malintesi che gravano attorno alla tecnologia mi ha costretta a rivedere certe mie posizioni: e parlo di posizioni, non decisioni. avevo in testa tutta una serie di preconcetti e neanche me ne ero accorta. Ad esempio: diciamo che gli incontri di persona sono meglio di quelli online, e questo lo riteniamo valido in assoluto. Ma meglio in che senso, se la stragrande maggioranza degli incontri a quattr’occhi si risolve in discorsi sul tempo atmosferico o battutine insignificanti? Mettiamo a confronto conversazioni sulla temperatura giornaliera con gli scambi via mail con un professore di storia antica che senza computer non avremmo mai incontrato, e poi riparliamone!
E questo è solo un esempio.

L’ottimista Prensky ha eroso un po’ del mio pessimismo digitale. Non tutto, perché nei miei (e altrui) pregiudizi c’è sempre una componente emotiva che un saggio, per quanto razionale ed argomentato, fatica a cancellare, ma intanto… sono andata a comprarmi una scheda per l’Ipad che ho vinto un anno fa e che giaceva inutilizzato nel sottoscala.
Prensky mi ha fatto profondamente vergognare di questa mia pigrizia digitale: e bravo Prensky!



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