Durante quei pochi metri di strada che facciamo assieme, all’uscita, si parla del più e del meno, a quell’ora la priorità è sedersi a tavola e rilassarsi dopo una lunga mattinata.
Quando il discorso inizia: “Posso chiederti un parere?”, capisco subito che si tratta di questione importante, delicata, che devo prestare attenzione nel rispondere, ponderare.
“Posso chiederti un parere?” “Certo, sempre che io sia in grado di esprimerlo, eh …”
Avanziamo di qualche passo, io sotto il peso dei libri sottobraccio e della borsa, lui sotto il peso dello zaino. Il pesante abbigliamento invernale non aiuta, rendendoci più goffi, mentre camminiamo contro il vento di maestrale che ci sferza.
Riprende con un linguaggio pulito, una voce pacata che sembra quasi quella di un adulto, ed è proprio questo che lo fa bello, penso, mentre ascolto quanto ha da dirmi di così importante, “Secondo te è giusto essere costretti ad andare a messa, nei giorni di vacanza? La catechista mi ha detto che non mi farà fare la comunione perché mi sono assentato…”.
Ho riflettuto i miei soliti trenta secondi, rendendomi conto di essere di fronte a un’altra cruciale domanda che riguarda la vita dei bambini: il catechismo. Ho risposto con sincerità che il discorso era un po' complicato, che gli obblighi non sono mai una cosa buona, soprattutto in quel campo, e ho aggiunto, che si tratta comunque di un impegno che si prende quando si frequenta il catechismo e che occorre fare ogni sforzo per cercare di mantenerlo, anche durante le vacanze e non solo la domenica.
Per una volta non ho detto quello penso esattamente, la cosa non mi fa stare bene. Si badi non penso affatto che i bambini non debbano frequentare il catechismo. Penso che la frequenza, scelta dalla famiglia, che solo in un tempo ancora lontano il bambino farà sua come scelta di vita o non farà sua, come a volte capita, debba comportare flessibilità, tenendo conto del fatto che si tratta di bambini. Troppo spesso essi riferiscono, come nel caso sopra, di obblighi, di accordi unilaterali e mi si lasci dire, in qualche caso, si spera molto sporadico, anche di discorsi poco adatti alla loro età.
Il catechismo, pur non essendo un fatto obbligatorio, è un po’ come la scuola, io credo, un modo per stare insieme condividendo un percorso, idee che ci accomunano e sul quale dovremmo per prima cosa dialogare con i bambini, volendo davvero dare un senso alle parole del Vangelo.
E voglio chiudere con la più classica delle citazioni “Lasciate che i bambini vengano a me” (Matteo 19,13-15), essa non significa che i bambini debbano avvicinarsi alla fede attraverso gli obblighi, le prescrizioni o le minacce (“non farai la comunione”) significa parlare al bambino con il linguaggio del cuore, significa far intravvedere loro una strada, presentargliela, lasciare che pian piano, da soli, per scelta e non per costrizione, si accostino a essa. In altre parole significa accogliere i bambini, anche con la loro impossibilità a rispettare tutto quanto è prescritto, che a volte deriva proprio da fatti esterni alla loro volontà: a volte i genitori non possono accompagnarli, altre volte sono impegni di lavoro, o di salute e perfino economici. La raccolta delle presenze domenicali a Messa, pratica piuttosto diffusa, è un fatto che lascia non poca perplessità. Gli esempi contano e per i bambini sono il modo attraverso il quale imparano e verificano la veridicità di quanto diciamo loro.
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