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La mia cucina naturale: Jamie, la Ciccina e un paio di stivali di gomma.

Da Birdin
Al massimo due o tre settimane fa mi frullava per la testa un pensierino che, strano davvero, mi son tenuto tutto per me. Solo che poi, l'altro giorno, è successo. Uscita dal lavoro entro nella solita libreria vicino alla metro, esco con un libro desiderato da tanto, entro nel tunnel della metro e nel viaggio di ritorno verso casa comincio lo sfoglio e la lettura, circondata da compagni di viaggio che, li ho beccati, non staccavano gli occhi dal libro."La mia cucina naturale" è la storia di Jamie Oliver e del suo orto giardino, del suo ritorno con moglie e figlie (una si chiama Poppy, anche io...anche io ne chiamerei una così, papavero...) nell'Essex e di ricette fatte di cose che profumano ancora di terra e di sole. Jamie racconta che, a un certo punto, ha cominciato a gettare qualche seme in vasi, sacchi, cassette, persino vecchi stivali di gomma e da questi sono cominciati a spuntare i primi piccoli tesori. Comprava i semi su internet, da fornitori italiani, senza capire un'acca delle istruzioni sui sacchetti. Eppure tutto spuntava e cresceva e finiva nel piatto, così che alla fine un pezzo di terra incolto da trent'anni è stato trasformato, grazie anche all'aiuto del suo amico Gennaro, in un orto giardino. Ma non è qui che la sua storia si vuole fermare, in un semplice "beato lui...". Il suo entusiasmo davvero si fa contagioso quando scrive: "Anche se vivete al ventesimo piano di un condominio, potete sempre usare un davanzale. Oppure trasformare il tetto piatto del garage in un giardino pensile, o magari mettere qualche vaso in cortile...insomma, ovunque viviate, vale la pena provarci".La mia cucina naturale: Jamie, la Ciccina e un paio di stivali di gomma.Il libro è scandito per stagioni e per ogni stagione ci sono verdure, ortaggi, frutta di cui Jamie dà notizie sulla coltivazione, sul perchè ha deciso di prendersene cura e poi come finiscono nel piatto. In questa lettura appassionante, davvero,  a un certo punto arrivo al capitolo uova. Alle differenze di codici sulle etichette che ci raccontano da dove viene quell'uovo e come vive la gallina che l'ha generato: galline in batteria, allevamenti intensivi, mangimi  che contengono antibiotici e ogm oppure possibilità di razzolare, socializzare, mangimi sani. Poi sfoglio le pagine delle ricette. Focaccine in pastella fritte, Tagliatelle fresche con broccoletti e crema di formaggio, Delicati nastri all'uovo con bresaola, finocchio croccante e insalatina primavera...finchè arrivo alla paginetta conclusiva che Jamie dedica ad ogni 'protagonista' del libro ed è qui che mi commuovo e mi confesso. Dunque, vi dicevo prima, non più di due o tre settimane fa mi frullava in testa un pensiero, sul fatto che sarebbe bello poter avere una gallinella fuori al giardinetto di casa, che sì, la Kina magari per un po' le avrebbe abbaiato, ma poi sarebbe nata un'amicizia, di quelle storie che si raccontano di amore tra animali che diventano inseparabili. La Ciccina, le avevo dato pure il nome e già le volevo bene, con le sue piumette morbide che svolazzavano sui panno stesi e l'ovetto caldo che ogni tanto ci avrebbe fatto trovare... Ma non l'ho mai detto a nessuno, no, me ne sono guardata bene dal rivelare queste fantasie. Me le sono coltivate in segreto, ricordandomi pure delle galline di quando ero piccola e stavo in campagna, di quando le guardavo beccare a terra i chicchi di grano, grassotte e pesanti e mi chiedevo com'è che non volavano. E così cercavo di coglierle di sorpresa e arrivavo all'improvviso correndo per rompere il gruppo e metterle in fuga spaventate e dicevo "'mo volano!", ma al massimo saltavano goffe e alla fine mi facevano ridere e mi piacevano.Così arrivo alla paginetta conclusiva del capitolo uova, dove Jamie racconta di come vivono le galline in batteria: "Io non avevo mai visto delle galline allevate in batteria e sono rimasto letteralmente scioccato dalle condizioni in cui erano ridotte: avevano la cresta rosa pallido, quasi bianca, e floscia quando invece dovrebbe essere rossa e bella dritta; le zampe erano conciate da far paura perché non avevano potuto poggiare su una superficie adatta...provate a immaginare cosa dev'essere restare per un anno con i piedi poggiati su sbarre di metallo. Gli artigli erano cresciuti moltissimo perché non avevano mai potuto razzolare; il piumaggio era secchissimo e in condizioni pessime; infine, come se non bastasse, avevano il becco mozzato. I primi giorni dopo essere arrivate a casa mia sono rimaste in uno stato semicomatoso." Jamie, infatti, come altri inglesi, hanno deciso di usufruire dell'opportunità offerta da una istituzione inglese che permette a chiunque possa mantenerle, di adottare le galline prelevandole da questi posti dell'orrore. Allora ho pensato alla Ciccina, alla coincidenza di questa mia un po' buffa fantasia con la lettura di questa storia e, ancora in metro, ancora in viaggio, mi sono commossa. Perchè chi sta in cucina non può non sviluppare un senso di gratitudine e rispetto per ogni forma di vita e prendersene cura. Ecco, questo libro per me, che in questo giorni non vedevo l'ora di aprire appena potevo, è come una risata argentina e improvvisa, naturale come un germoglio che spunta con la pioggia e col sole, croccante come le verdure fresche. Pieno di gioia, fatica e riconoscenza, pieno di foto belle e naturali, anche loro, scritto con lo spirito di chi ama davvero la madre terra e sa che è generosa e bella. E sarà forse per questi pensieri che sono tanto affezionata a un paio di ormai vecchi stivali di gomma, che mi fanno sentire umile e forte e immaginare che l'asfalto di questa grande città sotto, infondo, nasconde la terra.

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