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La mia storia "sotto l'albero"

Creato il 28 dicembre 2010 da Junerossblog
Ricordate? Le nostre scrittrici, Giusy, Libera e Lilli, vi avevano promesso un regalo: Un raconto come voi lo desideravate(LINK). O almeno, come la maggioranza di voi desiderava. Hanno impiegato tutte le loro vacanze per questo racconto a 6 mani, e questo il risultato. Curiose di scoprire quali eroi, quale location, e quale titolo e' stato scelto per il vostro regalo? Eccovi accontentate :)
La vostra storia "sotto l'albero!"
 


"Il Dottore e Cenerentola"
Valle d'Aosta, 23 Dicembre 2008
Stretta nel suo giubbotto nuovo, Bianca guardava mesta la tabella degli orari dei bus, mentre la neve cadeva in fiocchi leggerissimi. Quel cartello sbiadito dal tempo parlava chiaro: fino all'indomani mattina non c'era modo di raggiungere Pila. Cosa avrebbe fatto? Lo sapeva che non doveva lasciare Ivrea e i nonni, ma avevano tanto insistito...
Saperti per quattro giorni contenta e senza pensieri è il più bel regalo che tu possa farci
Sorrise al ricordo delle parole di nonna Gemma, che aveva accolto il viaggio premio della nipote con maggiore entusiasmo di quanto non ne avesse lei stessa. No che non le facesse piacere rilassarsi in uno chalet tra i monti valdostani, anzi, si riteneva molto fortunata per essere stata sorteggiata quale vincitrice della vacanza che ogni anno la catena di supermercati "Spesa in" metteva in palio tra tutti i dipendenti in occasione del Natale. Doppiamente fortunata a dire il vero, se si considerava che era una semplice cassiera e che vi lavorava solo da pochi anni. Questo non toglieva però, il senso di disagio che provava al pensiero dei nonni...
Ok una cosa alla volta! Bianca si riscosse, doveva essere pratica e pensare a come arrivare a destinazione. La corriera che aveva preso alla stazione aveva esalato l'ultimo respiro, per fortuna nei pressi di quell'autogrill e la cosa migliore ora era trovare un posto dove stare fino all'indomani e, soprattutto, mangiare un boccone. Non era abituata a viaggiare e, temendo di sentirsi male, aveva saltato la colazione, ma un lieve capogiro le disse che era il momento di provvedere e così entrò nel bar dell'area di servizio, avrebbe mangiato e chiesto maggiori dettagli sugli orari. Pregando il buon Dio che quelli affissi fuori fossero vecchi e sbagliati, si accodò alla fila esigua che c'era alla cassa, augurandosi che nessuno sentisse i brontolii del suo stomaco.
Andrea spense il motore della sua jeep, aveva bisogno di un caffè. Il viaggio da Milano non era stato lunghissimo, ma era spossato e stanco dal turno in ospedale del giorno prima. Fino a quel momento non credeva di aver avuto un'idea felice a partire per quel posto sperduto, ma la quiete che lo circondava, la neve soffice e l'atmosfera quasi domestica di quel piccolo autogrill di montagna gli misero addosso nuovo vigore. Proprio non gli andava di passare il Natale in città, la famiglia e gli amici, dalla fine della sua storia con Valeria, lo trattavano quasi come un invalido, come uno che ha bisogno di sostegno e comprensione, e viveva con orrore il senso di compatimento che si sarebbe acuito certamente in quei giorni di festa. Meglio prendere e partire. All'agenzia di viaggio aveva chiesto qualcosa di tranquillo, niente mondanità, e gli avevano consigliato Pila e lo Chalet che si apprestava a raggiungere. A dispetto di quanto pensassero gli altri, non aveva bisogno di dimenticare la donna che stava quasi per diventare sua moglie. No, Valeria non c'entrava nulla, o meglio, non direttamente. Quello con cui doveva fare i conti era il senso di amarezza, sfiducia e delusione che quell'esperienza gli aveva portato. Era passato già quasi un anno, ma niente sarebbe più tornato come prima, lui stesso era cambiato, forse per sempre. Non che fosse stato mai un tipo socievole e ben disposto ai rapporti umani, era piuttosto chiuso e taciturno, ma l'ipocrisia e la falsità di cui quella donna l'avevano trasformato. Abbandonò questi pensieri cupi ed entrò nel bar.
Fortuna che la fila non era troppo lunga, per un caffè al volo, proprio non aveva voglia di stare lì più del necessario. Anche se quell'ambiente gli piaceva, dall'alto del suo metro e 96 scorgeva ogni cosa.
L'angolo con i tavolini era abbastanza deserto, solo due coppie di mezza età che facevano colazione. L'edicola sembrava ben fornita, ma c'era un solo cliente, o forse solo un curioso, a sfogliare le riviste. Buttò uno sguardo al banco dei dolci, indeciso se lasciarsi tentare da una brioche al cioccolato. Il cielo sapeva se non avesse bisogno di serotonina.
Un movimento attirò la sua attenzione, la donna davanti a lui, non faceva che agitarsi, passando da un piede all'altro. Venti secondi dopo quella piccola testa dai capelli castani gli si appoggiò allo sterno, si chiese se non fosse impazzita un attimo prima di accorgersi che quella sconosciuta gli stava svenendo tra le braccia.
Grigio.
Bianca era immersa in un mondo grigio piombo. Inquietante eppure irresistibile.
Allungò una mano come per catturare quelle nuvole plumbee che l'avvolgevano, donandole calore in quella giornata di gelido inverno.
- Signorina. Signorina come si sente? - la voce giungeva da molto lontano, ovattata, densa come cioccolata.
Spalancò gli occhi quando si accorse di essere sdraiata tra le braccia di uno sconosciuto; cercò di alzarsi di scatto, ma quel gesto inconsulto le provocò un ennesimo capogiro.
- Con calma, altrimenti sverrà di nuovo - pronunciò con distacco la voce di prima.
Lentamente si mise a sedere, sempre appoggiata al possente torace dell'uomo; si sentiva piccola e fragile tra quelle braccia muscolose e non riusciva a profferire parola, troppo imbarazzata anche solo per ringraziare l'affascinante sconosciuto che la stava sorreggendo con gentilezza, nonostante lo sguardo gelido.
- Grazie. Posso farcela - sussurrò con coraggio, cercando di alzarsi con il suo aiuto.
- Ha mangiato? E' troppo magra. Non sarà una maniaca delle diete? - domandò, fissandola con quegli occhi tempestosi che la rendevano nervosa e confusa.
- Ho...ho saltato la colazione - balbettò imbarazzata da quelle parole inquisitorie.
Andrea la osservò con sguardo clinico. Era troppo magra, avrebbe avuto un bel corpo sano con qualche chilo in più. I capelli opachi erano un sintomo dello stress che stava vivendo. Non riusciva a comprendere perché le donne dovevano rovinarsi la salute con delle diete affamatrici, che servivano solo a renderle dei manici di scopa.
- Solo la colazione? A me sembra che siano parecchi pasti – contestò, poco propenso a passar sopra a quello che considerava un crimine dal punto di vista medico.
A quelle parole Bianca arrossì per la vergogna. La sua naturale timidezza le impedì di replicare, poté solo alzarsi lentamente e cercare di congedarsi da quell'uomo che le metteva tanta soggezione. Solo allora si accorse che erano soli in una specie di ufficio.
- Dove siamo? - chiese perplessa.
- Negli uffici dell'autogrill - replicò laconico.
Lo fissò turbata non sapendo come affrontare quel gigante che torreggiava su di lei.
- Gra...gra...grazie per avermi socco...soccorso - riuscì a dire tremando.
- Dovere. Sono un medico non potevo certo lasciarla a terra - rispose Andrea con indifferenza - Deve mangiare qualcosa immediatamente, altrimenti le accadrà di nuovo - ordinò con durezza e nel frattempo le prese un polso per controllare le pulsazioni, che accelerano a quel tocco delicato.
Un medico. Bianca sospirò di sollievo. Ecco spiegato il suo atteggiamento arrogante e il motivo delle sue caustiche parole.
Sorrise per la prima volta e il suo viso s'illuminò come un albero di Natale. Andrea s'irrigidì a quella vista; non voleva trovarla carina. Era una donna. Anzi poco più di una ragazzina e pertanto portava solo guai e dolore. Ormai per lui era un'equazione matematica.
- Non sono a dieta. Ho solo saltato la colazione e visto che la corriera si è fermata qui, stavo per andare a farla - spiegò Bianca non volendo che pensasse male di lei.
- Allora andiamo, altrimenti il suo autobus partirà lasciandola qui - la invitò per poi girarsi verso la porta dando per scontato di essere seguito.
- L'autobus ha avuto un guasto. Io...sono bloccata qui...almeno fino a domattina. Stavo andando in vacanza a Pila al Rifugio Le Bear's Den - raccontò con un filo di voce.
Bianca non comprendeva perché si fosse sbottonata tanto; di solito non era così ciarliera, forse sapere che era un medico l'aveva portata istintivamente a fidarsi di lui. Era abituata a trattare con i dottori per via di suo nonno.
Andrea non riusciva a credere alle sue orecchie. La ragazza era ospite nel suo stesso chalet ed era bloccata in quell'autogrill disperso nel nulla.
Dentro di lui una lotta infernale era in corso. Il suo disprezzo per le donne combatteva strenuamente con la sua indole che lo portava sempre ad aiutare il prossimo. Pertanto non si sorprese quando le fece quell'insensata proposta.
- Io sono diretto alla sua stessa meta, se vuole posso darle un passaggio - affermò senza alcuna inflessione, né emozione, quasi fosse una delle tante lezioni che dava ai tirocinanti dell'ospedale.
La ragazza lo guardò titubante, non era nella sua natura accettare passaggi da uomini sconosciuti, ma la situazione era così penosa che non sapeva come comportarsi.
Andrea la fissò insofferente, la sua indecisione era irritante. Era solo scena, ma lui non era più l'uomo che credeva ai giochetti di una donna. Era consapevole che avrebbe accettato.
Bianca era indecisa, da una parte la possibilità di continuare il viaggio nella comodità di un’auto, dall’altra doversi mettere nelle mani di un perfetto sconosciuto.
- Allora? Vorrei partire al più presto – le mise fretta guardando l’orologio stizzito. Forse proprio la sua indifferenza la fece decidere.
- Grazie. Accetto volentieri - rispose la ragazza evitando di guardarlo per l'imbarazzo di quella situazione.
Lui non aveva avuto dubbi che sarebbe accaduto. Anche questa ragazza era disposta a tutto pur di raggiungere i suoi scopi.
- Dott. Andrea Rinaldi - si presentò stringendo la manina affusolata che scomparve nella presa. Tutto in lei era delicato.
Sarebbe stato un lungo viaggio.
- Bianca Marzagli - rispose in un sussurro, arrossendo sotto lo sguardo imperturbabile del medico.
Bianca aspettava al tavolino dove il dottore le aveva imposto di sedersi, mentre lui portava in equilibrio Cappuccino e cornetto per lei, caffè per lui ed una bottiglia d'acqua. Un medico... data l'arroganza doveva essere del tipo importante. Magari un cardiologo o un chirurgo acclamato, di quelli che salvavano molte vite e pochi borsellini.
Sarebbe comico vederlo in veste di cameriere se non mi facesse tremare ad ogni sguardo.
Andrea pensava alla tortura che sarebbe stata il viaggio in auto mentre trasportava al tavolo la colazione improvvisata. Quella ragazzina prima di tutto doveva mangiare e non avrebbe certo ascoltato le sue proteste sulle cose ipercaloriche che aveva comprato. In tasca aveva anche un paio di barrette di cioccolato per dopo. Si era accorto che lo guardava, ma proprio non riusciva a indovinare a cosa mirava. Meglio non provarci neppure, ormai aveva ben compreso che il suo intuito funzionava solo in campo medico, con le donne era un fallimento totale. Avrebbe mantenuto le distanze, senza darle confidenza alcuna. Sicuramente avrebbe scoraggiato ogni approccio.
La vide ingurgitare tutto velocemente, senza proteste e senza moine. Il suo sguardo truce però non si ammorbidì di una virgola.
Bianca si accorse di tremare ancora mentre lo seguiva verso l'auto, sicuramente per la debolezza di prima. Il calore nella jeep la riscaldò anche a livello emotivo, almeno poteva rilassarsi un po'; sperava solo di non vomitare e completare la figuraccia.
Viaggiavano in silenzio. Solo la musica dell'autoradio riempiva l'abitacolo.
Che posso mai dire per rompere il ghiaccio?
Per fortuna almeno è silenziosa.
Non gli darò l'impressione di essere una sciocca se continuo a restare in silenzio?
Il viso del dottore era una maschera di gesso, non trasmetteva nessuno dei suoi pensieri, ma doveva pur averne, no? Magari erano solo pensieri ingiuriosi per lei, una scocciatura per quell'uomo altezzoso e dall'aspetto severo.
Chissà cosa sta macchinando in quella testolina.
Andrea continuava a guidare in silenzio, concentrandosi soltanto sulla strada e sulla musica, finché questa si interruppe per dar spazio al notiziario del traffico.
- ... sono previste varie turbolenze per tutta la zona dello Charvensod, in particolare c'è il pericolo di una forte bufera sulla Strada Regionale SR 18, verso Pila... -
Quelle parole meccaniche rimbombavano nella mente di Bianca, riportando a galla il timore che la sua ingenuità rendeva più forte. Certo quell'elegante Cherokee era stabile e ben attrezzato per affrontare quelle strade e anche un po' di neve. Non aveva lei di certo motivo di dubitarne. Né era così esperta da protestare o chiedere al suo salvatore di fermarsi da qualche parte. Alla paura però difficilmente si poteva dare un freno razionale.
Dopo il notiziario si impensierì, non riusciva più a restare rilassato come prima. La sua auto era perfettamente in grado di sostenere una nevicata, anche se consistente. Non si preoccupava per le parole della giornalista alla radio. Però temeva un contrattempo di qualsiasi tipo, che lo potesse bloccare con lei per un tempo maggiore del previsto.
Andrea notò le sue labbra fremere e si irritò.
Non si starà mica preparando a qualche tipo di scenata?
La neve cadeva sempre più fitta e le funeste previsioni di poco prima, stavano via via assumendo contorni più nitidi e cupi. La visibilità era ridotta al minimo, così come l'andatura dell'auto.
Andrea, concentratissimo alla guida, scrutava pensieroso la strada, diventata ormai un manto ghiacciato e scivoloso e procedeva a passo d'uomo evitando accuratamente di usare il freno. I tergicristalli non facevano in tempo a spazzare via il ghiaccio dal parabrezza che una quantità sempre maggiore vi si deponeva, spinta da un vento che spirava da ovest sempre più forte. Il segnale radio era saltato, così come quello del navigatore.
- Bianca hai un cellulare? Puoi controllare se c'è campo? - chiese Andrea dopo aver verificato l'assenza dal suo e con ben poche speranze di ricevere una risposta affermativa.
Lei tirò fuori dalla borsa il suo telefono e gli disse mestamente – No Dottore...niente campo... -
Non si aspettava nulla di diverso, visto anche il modello vecchissimo che la ragazza teneva tra le mani.
La verità era che quella non era una semplice nevicata, erano nel mezzo di una vera e propria bufera e lo sapevano entrambi.
Bianca era rigida sul sedile, guardava davanti a se e pregava che non succedesse niente di brutto...voleva domandare qualcosa al dottore, ma non sapeva come formulare la frase senza sembrare terrorizzata. Lui se ne stava in silenzio e lei, se avesse potuto, avrebbe persino evitato di respirare per il timore di dargli fastidio in un momento così delicato.
Fu tuttavia lui il primo a parlare.
- Bianca, io sono costretto a fermarmi...andare avanti con questo tempo sarebbe da incoscienti e non me la sento di rischiare. Mi sembra di vedere una specie di spiazzo sulla destra...ecco lì proprio davanti a te – disse seguendo il suo sguardo
- Si certo...Dottore...ma...ecco vede...per quanto tempo pensa...si insomma...voglio dire...quanto dovremo restare qui? - ecco, l'aveva detto!
- Ti sembra che abbia la sfera magica? Pensi che se avessi saputo che saremmo finiti così mi sarei messo in viaggio? - sbottò lui frenando il più lentamente possibile e arrestandosi nella piazzola.
- Mi scusi...ha ragione -
Andrea lasciò andare le mani dal volante, le nocche gli erano diventate bianche per la presa salda con cui lo teneva e la guardò.
Era pallida, aveva la testa bassa e si tormentava le mani in grembo.
Forse aveva esagerato, rifletté. In fondo quella ragazza non c'entrava nulla, se fosse stato da solo sarebbe andata a finire comunque così e poi c'era da dire che non aveva proferito parola fino a quel momento, quando a un'altra, magari, già sarebbe venuta come minimo una crisi isterica.
L'asprezza di poco prima era stata davvero superflua e, per quanto non fosse incline a concedere sconti al gentil sesso, non era un maleducato e sentì la necessità di scusarsi.
- Bianca...ehm Bianca... - iniziò. - Mi dispiace, sono stato sgarbato. La situazione non è certo bella e nemmeno o ho idea di quanto tempo saremo bloccati qui. Non mi sto giustificando.. - era a corto di parole, poiché stava proprio cercando di fare quello.
Lei alzò la testa e lo guardò. Una lacrima le stava scivolando sulla guancia, ma l'accenno di un sorriso le apparve sul viso.
- Ho capito Dottore...grazie -
- Dai smettila di darmi del “lei”...mi chiamo Andrea – e così dicendo, fermò con l'indice la traiettoria di quel rivolo salato per pentirsene l'istante successivo.
Ma che mi è preso?
Si chiuse in un silenzio raggelante. Non le avrebbe rivolto la parola, se non per lo stretto necessario. Anche se avesse allagato l'auto. Inutile darle speranza di essere riuscita ad intenerirlo, non era saggio fidarsi di una donna.
Bianca non sapeva più cosa pensare. Lo preferiva arrogante e brusco, anche chiuso e silenzioso; almeno non la confondeva con assurda dolcezza. Invece quel gesto pieno di tenerezza ... aveva rimescolato ogni suo pensiero. Non c'era più nulla di coerente nella sua testa.
Il freddo la spinse a rannicchiarsi bene nel cappotto e tutte quelle idee scoordinate, unite alla stanchezza della sveglia antelucana, la fecero assopire.
Andrea se ne rese conto in ritardo e decise di riaccendere l'auto per riportare la temperatura interna a valori accettabili. Non voleva toccarla, ma era pericoloso lasciarla dormire con quel gelo intorno. La scrollò lievemente e le mise in mano una delle due tavolette di cioccolato.
Mangia - era quasi un ordine, anche se il tono era scevro di autorità.
Grazie, ma ... - la interruppe prima che potesse protestare o fare complimenti.
- Fa troppo freddo qui, abbiamo bisogno di più calorie - le spiegò con tono paternalistico.
Appena si accorse che la bufera si stava placando, il medico decise di andare in esplorazione nei dintorni nella speranza di trovare un riparo. Non era sicuro di non perdersi in quel deserto bianco, ma doveva tentare. Il carburante sarebbe finito prima o poi e non avrebbero più potuto arginare il freddo.
- Io scendo in cerca di un rifugio dove ripararci. In questa zona ce ne sono molti, pensati appunto per dare soccorso e calore a chi rischia di perdersi nella neve. Ogni 15 minuti suona 5 volte il clacson in modo che io mi possa regolare evitando di allontanarmi troppo. - le disse senza guardarla. Ma non ricevendo risposta alzò gli occhi dal volante. - Bianca mi hai sentito?
- Sì, ho capito. Suonerò ogni quarto d'ora - confermò. Era impaurita e speranzosa al tempo stesso.
Andrea aprì lo sportello della Jeep con difficoltà, per quanto nevicasse molto meno, il vento restava forte.
Scese barcollando sotto quelle raffiche violente, stringendosi nel cappotto poco adatto a quelle temperature così basse.
Poco prima di fermarsi aveva intravisto un cartello con una freccia che indicava uno di quei rifugi di montagna che usavano scalatori, cacciatori e coloro che rimanevano bloccati sulla montagna da nevicate improvvise e violente; sperava che indicasse la giusta direzione e non fosse stato spostato dal mal tempo.
S'incamminò sprofondando nella neve, attento ad ogni passo, con il timore di finire in qualche buca nascosta da quel manto innocente ma pericoloso. Si voltò per da un'ultima occhiata all'auto, e vide il viso preoccupato di Bianca fissarlo con intensità.
Riprese il cammino con la speranza che fosse la direzione giusta, anche se non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo preoccupato di Bianca.
E' preoccupata per me? Oppure solo di ritrovarsi sola nella tormenta? E comunque perché dovrebbe essere in pensiero per quello che potrebbe capitarmi? Di sicuro è in pena per se stessa, spaventata dall'eventualità di dover affrontare quella situazione senza di lui. Dopo tutto le donne è questo che fanno. Si appoggiano ad un uomo, lo sfruttano e quando non serve più lo lasciano per una nuova preda.
Perso in quei funesti pensieri non si rese conto di essere giunto a destinazione, finché non si ritrovò dinanzi alla porta di legno massiccio della baita.
Controllò l'ora, e fu contento di constatare che era a soli quindici minuti di cammino, con la macchina era impossibile raggiungerla. Entrò con facilità e verificò che ci fosse legna; la vide già nel camino, asciutta e pronta all'uso. Provvide pertanto ad accenderlo, in modo che quando fosse tornato con Bianca, la baita sarebbe già stata calda.
Finito di prepararla si fece forza e s'immerse di nuovo nella gelida neve, lasciando alle sue spalle il piacevole tepore del fuoco.
S'incammino affrettando il passo. Presto sarebbero stati entrambi al caldo.
Bianca sospirò di sollievo quando lo vide apparire in lontananza. La sua figura imponente si faceva largo tra i cumuli di neve.
Si era preoccupata per la prolungata assenza di Andrea, e non perché si trovava da sola in mezzo al nulla, ma per il terrore che gli fosse accaduto qualcosa e la sua impossibilità a prestargli soccorso.
Andrea si rifugiò nell'auto alla ricerca di un po' di calore, dopo il freddo patito in quel tragitto gelido come l'inferno.
- Stai bene? - domandò Bianca con voce tremula.
- Si. Non ti preoccupare è solo molto freddo. Ce la farai a seguirmi tra quella neve? - replicò con gravità.
- Non temere, non ti sarò d'intralcio - promise determinata guadagnandosi un sorriso divertito dell'uomo che le provocò uno strano turbinio nello stomaco, come se delle api avessero cominciato a ronzare impazzite.
- Allora in marcia -
Uscirono stringendosi con forza nei giacconi imbottiti, affondando nella neve.
- Metti i piedi nelle mie orme - urlò Andrea per sovrastare il vento.
Arrancando con difficoltà, Bianca lo seguiva timorosa di cadere e creare ulteriori problemi.
All'improvviso si sentì afferrare per un braccio e sorreggere sino alla destinazione.
Bianca entrò nel rifugio e si inginocchiò a terra per la fatica di quel breve tragitto.
Andrea le fu subito accanto.
- Tutto bene? - chiese preoccupato.
- Si. Sono solo stanca - replicò con un timido sorriso.
La aiutò ad alzarsi, e sorreggendola con delicatezza la guidò sino ad una sedia.
Al tocco di quelle mani calde Bianca rabbrividì di piacere; un imbarazzato rossore la colse per quella sua reazione così fisica, a cui non era abituata.
Andrea si allontanò immediatamente per andare a riattizzare il fuoco nel camino.
La mente in fiamme solo per quel tocco leggero.
Inaudito.
Con sospiro frustrato afferrò con rabbia l'attizzatoio e lo conficcò tra le braci ardenti, con violenza.
La osservò con la coda dell'occhio.
Bianca stava sfiorando con sguardo perso il punto in cui lui aveva toccato la sua pelle nuda.
Trattenne il fiato per la strana emozione che lo afferrò al petto.
Dopo quell'inizio non proprio promettente, le cose erano proseguite in silenzio, seppur tranquillamente. Avevano trovato un paio di scatolette e qualche galletta e, grazie a un piccolo fornellino, oggetto naturalmente tipico di posti come quello, avevano potuto consumare un pasto caldo, mentre fuori imperversava implacabile la bufera.
Ormai imbruniva e il timore di passare la notte lì stava diventando pian piano una certezza.
Il dialogo tra loro era minimo, ridotto all'indispensabile e a ciò che la buona educazione imponeva. Andrea era perso in strane elucubrazioni, ogni tanto, quando lei non lo vedeva, si trovava a osservare quella strana ragazza, così timida, timorosa, quasi anacronistica e più la osservava più si arrabbiava, se con se stesso o con lei, questo non avrebbe saputo dirlo. Bianca, dal canto suo, era intimidita e affascinata da quell'uomo così alto, così serio, ma che dava l'idea di una roccia, di qualcosa di solido e duraturo su cui contare per sempre...ma che andava a pensare? Smise di fantasticare e si avvicinò alla finestra, affiancandosi a lui e guardandolo dal basso, visto che la sovrastava di 30 cm buoni, prese il coraggio a due mani e gli chiese -Dottore...ehm...Andrea pensi che dovremmo restare qui stanotte?- Lui la guardò senza rispondere e lei comprese di aver fatto una domanda idiota e chiuse gli occhi nell'attesa di una risposta freddamente ironica che, però, non arrivò.
-Sì penso di sì... prima, quando sono venuto da solo, ho visto che in quella specie di cassapanca ci sono coperte e cuscini, ci arrangeremo preparando dei giacigli di fortuna e speriamo che domani la situazione sia tale da consentirci di ripartire, altrimenti...altrimenti non so vedremo il da farsi...
Notando che lei era un po' impallidita si corresse subito - Ma dai su, non pensiamo a domani, certamente la bufera si sarà placata e magari chissà, notando la macchina verranno a cercarci - Bianca ritrovò un po' di colore e lui fu felice di aver fatto l'ottimista, anche se con scarsa convinzione. In men che non si dica lei pulì e rigovernò le stoviglie usate per mangiare e cucinare e, insieme, preparano i "letti" per la notte che, visto che lo spazio era quello che era, erano divisi da una striscia di pavimento larga non più di una decina di centimetri. Dopo che ognuno ebbe provveduto alle sue necessità usando quello che, definire bagno, sembrava quasi comico, come per mutuo accordo, si infilarono sotto le coperte. Fuori era calata fitta la sera, era opportuno non sprecare l'olio della lampada e davvero non c'era altro da fare.
Erano passati circa venti minuti da quando si erano augurati la buonanotte che Andrea sentì come un suono soffocato, qualcosa di impercettibile, ma non stava dormendo e quindi lo udì chiaramente...dopo qualche secondo capì di cosa si trattava.
-Bianca... tutto bene? Non riesci a dormire?
-No, è che penso al fatto che non sanno che sono qui, che sto bene, avevo detto che chiamavo e invece... - il resto della frase svanì in un singhiozzo.
Andrea sospirò, erano in mezzo a una calamità naturale e lei si preoccupava degli amici che doveva raggiungere allo Chalet! Avrebbe fatto meglio a seguire il suo istinto e a non chiederle niente! Ma poi l'educazione, come sempre, prevalse - Su dai - azzardò cercandole una spalla a tentoni nel buio, anche se quando si accorse che era la testa non ritrasse né spostò la mano- I tuoi amici immagineranno di certo che hai avuto un contrattempo e forse ti stanno già cercando.
- I miei amici? - ripeté lei senza capire.
- Sì...insomma non parlavi di loro prima?
Bianca sorrise tra le lacrime e dolcemente disse - No mi riferivo ai miei nonni, che sono rimasti a Ivrea, dovevo telefonare appena arrivata, ma...adesso staranno in pensiero e io non vorrei mai si preoccupassero...loro mi hanno spinta a partire, io ecco vedi....faccio la cassiera e ho vinto questo viaggio tra tutti i dipendenti del supermercato...
I nonni? La cassiera? Un viaggio vinto? Decisamente ad Andrea era passato quel poco di sonno che aveva, in compenso gli era venuta una gran curiosità...
Un'ora dopo sapeva tutto di Bianca, della sua vita semplice, dell'amore assoluto per i nonni, del suo lavoro, di quell'indole buona e generosa che era venuta fuori da ogni parola...e di quanto lui si fosse sbagliato, di quanto, accecato dai pregiudizi e dal passato, si era condizionato al punto di figurarsi una persona opposta a quella che gli stava davanti. Qualcosa si mosse in qualche recesso sperduto di sé e senza che fosse sollecitato da nessuna domanda, ma solo perché gli andava di farlo, cominciò a parlare. Un'altra ora dopo Bianca sapeva che lui era un medico bravo e stimato, che lavorava in ospedale, che aveva dodici anni più di lei, e che, purtroppo, veniva da una storia finita malissimo, ma soprattutto seppe che, sotto una patina di freddezza, c'era un uomo serio, integro e gentile. Una roccia...
Parlare al buio era quasi come parlare a se stessi, solo le vibrazioni della voce restavano sospese nell'aria e solo quelle, senza alcun filtro, venivano ascoltate.
Era notte fonda quando si addormentarono.
Andrea con la mano ancora sulla testa di Bianca che, sotto quella mano, si riempì di sogni.
Appena il sole dell'alba filtrò dalle imposte si svegliarono. Dopo aver verificato che aveva smesso di nevicare, si prepararono in tutta fretta e decisero di ripartire. Si stavano, chissà perché, quasi evitando. Quella notte di confidenze al buio sembrava essere stata risucchiata dalla luce del mattino.
Prima di uscire, proprio sulla porta, Bianca si voltò a guardare l'interno di quella piccola stanza che non avrebbe mai dimenticato, quello che non sapeva era che Andrea, dietro di lei, stava facendo esattamente la stessa cosa.
Senza la neve a turbinare intorno a loro, il tragitto fino all'auto fu molto più agevole, ma altrettanto silenzioso. Nessuno dei due voleva ammettere l'apertura notturna. Rivelarsi all'altro, al buio, era stato quasi facile, un po' come un mezzo per soffocare pausa e disagio. Alla luce brillante del mattino sarebbe stato troppo reale.
La loro non era un'amicizia in boccio, né una storia agli albori. Erano due estranei, incontratisi per caso che cercavano di rafforzarsi della mutua presenza, per non disperarsi.
Dopo aver trovato l'auto poterono entrare e riscaldarsi presto, ma non ripartire subito. La neve era tanta e bisognava aspettare un attimo che l'impianto di riscaldamento e il motore scongiurassero gli eventuali problemi causati dal ghiaccio.
In quello spazio ristretto il silenzio diventava più pesante.
- Non ti senti un po' frenata dal vivere con due anziani? - la domanda gli era sovvenuta alle labbra senza pensarci. Ovviamente aveva continuato a lei e alla sua storia tutto il tempo, pur fingendo di non esserne colpito.
- Per nulla. Amo tanto i miei nonni, non li sento mai come un peso ma una forza.
- Beh ti fa molto onore - a quanto pare era davvero una ragazza di valori solidi, anche alla luce del giorno.
Avevano ripreso la strada quando anche Bianca trovò il coraggio di fargli una domanda, dimostrando di averlo ascoltato attentamente.
- Soffri ancora molto per la delusione? - non riuscì a guardarlo ma si accorse di aspettare trepidante la risposta.
- In realtà non soffro nei sentimenti ma nell'orgoglio. In quanto medico e professionista mi sono sempre sentito sicuro della mia capacità di giudizio, ma a quanto pare era solo illusione e vanagloria.
- L'amore cambia sempre tutto, soprattutto la percezione dell'amato.
- L'hai letto sui cioccolatini? - si pentì subito del sarcasmo immotivato. - Scusami Bianca, sembra che con te non faccia altro che trovare scuse alla mia aggressività.
- Questa volta non mi hai ferita, non ho molta esperienza, ma posso capire la tua reazione - gli sorrise timidamente, sempre senza guardarlo. - Non è una frase poeticamente vuota, ma un prezioso consiglio di nonna Gemma...
- Allora temo che sia anche saggio, anche se a quanto pare mi sono sbagliato anche su te.
L'arrivo a Pila le risparmiò il problema di trovare una risposta.
- Ecco siamo arrivati - arrestò l'auto e la guardò. E rimase leggermente sorpreso del rispecchiarsi in uno sguardo emozionato, di un viso arrossato, che non lo evitò.
Da bravo cavaliere la aiutò a scendere dall'auto ed anche con il bagaglio. Erano sulla soglia dello Chalet, mentre lui cercava il fattorino per chiedere aiuto e informazioni, la scorse guardare ammirata la hall, senza entrare.
Era sul punto di fare una battuta scherzosa sui bimbi golosi che ammirano la vetrina del pasticciere, quando scorse del vischio appeso alla cornice della porta, e, senza pensarci quasi, sfiorò il suo sorriso con il proprio.
Il fattorino, imbarazzato, aspettò la fine di quel tenero bacio, senza ben sapere come informarli della sua presenza.
Due anni dopo...
- Sembra impossibile che siano passati quasi due anni dall'ultima volta... - mormorò Bianca, stringendo tra le sue le mani del marito che da dietro le cingevano la vita, mentre ammiravano lo spettacolo del sole che spariva tra le montagne valdostane, in quell'ultimo scorcio di pomeriggio di fine dicembre.
Appoggiò la testa sul petto di Andrea e chiuse gli occhi, inspirando forte l'aria fredda e pungente e pensando a tutte le cose che erano cambiate nel frattempo...
Esattamente dopo sei mesi dal loro primo bacio si erano sposati, tra la felicità di molti e lo sgomento di qualcuno, ma a loro non importava. Andrea non avrebbe cambiato un capello di sua moglie, per lui era perfetta così com'era e lei adorava il marito che era e sarebbe sempre stato il suo principe azzurro...proprio come quello delle favole.
E, proprio come un principe, aveva provveduto alle cure per il nonno, che ora stava decisamente meglio, e al benessere delle due persone che Bianca amava di più, facendo in modo che non restassero mai sole, visto che la loro vita, per i suoi impegni professionali, necessariamente si svolgeva a Milano, anche se appena potevano andavano a trovarli. E quell'anno si sarebbero trattenuti anche dopo Natale, se Bianca non gli avesse espresso il desiderio di ritornare a Pila direttamente da Ivrea per trascorrervi il Capodanno.
- Ma dimmi un po', perché sei voluta tornare qui? Non che non mi abbia fatto piacere, lo sai che ti porterei sulla luna se me lo chiedessi, ma me l'hai detto all'ultimo momento e così all'improvviso che mi hai incuriosito - e così dicendo affondò le labbra nel collo caldo e morbido di lei.
Bianca si voltò, restando sempre nel cerchio delle sue braccia, e alzò lo sguardo e lui si perse in quegli occhi...quegli occhi dolci, immensi, pieni d'amore, quegli occhi che gli avevano ridato fiducia e felicità, che gli avevano reso qualcosa che aveva creduto perso per sempre. Quegli occhi che, in quel momento, gli sembravano più belli che mai...
- Ti devo dire una cosa. Sono voluta venire qui... perché... ehm... perché tra queste montagne è iniziata una fiaba, la nostra, ed è esattamente qui che volevo dirti che aspettiamo un bambino.
Andrea riuscì solo a dire “Amore mio” prima di abbracciarla forte, di stringere tra le braccia quella donna meravigliosa che adesso singhiozzava di felicità.
Aveva ragione Bianca, pensò portandola dentro senza staccarsi da lei, la loro era proprio una favola. Anzi, un miracolo, che, come il sole, aveva sciolto il ghiaccio che ricopriva il suo cuore e vi aveva fatto entrare gioia, fiducia e una mare d'amore per la sua piccola Cenerentola.
Giusy,
Libera,
Lilli.
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